Honda, Yamaha, Suzuki, Kawasaki, Triumph messe a confronto
9 feb 2010
La Prova
KAWASAKI ZX-6R
Davvero strana la Kawasaki, a cominciare dalla posizione di guida. Paragonata alle altre 600, la Ninja ha un avantreno pensato per la pista... un retrotreno pensato per la strada. I semimanubri sono larghi, non troppo bassi e montati vicino al busto. La seduta non è bassa come quella della Suzuki, ma neppure alta come quelle di Triumph e Yamaha. Quando si inizia a spingere davvero la forcella ha un buon rendimento, perché garantisce un discreto comfort, pur avendo una taratura piuttosto rigida. In staccata mette in mostra una progressione eccellente: la ruota anteriore non arriva mai al saltellamento, piuttosto è il retrotreno che si solleva da terra, anche a velocità degne di nota. La ciclistica della Kawasaki, pur essendo valida, non è la più equilibrata. Durante la fase di inserimento in curva la nuova ZX-6R è più veloce della vecchia versione ma è comunque meno rapida rispetto alle sue dirette rivali. Alle basse velocità l’avantreno non “cade” dentro la curva come quello della Suzuki e su strada, dove bisogna raccordare e non spigolare le curve, questo è un bene. L’avantreno è stabile, preciso, anche nei cambi di direzione effettuati a velocità sostenute. Quando si esagera i problemi, proprio come sulla Suzuki, arrivano dal retrotreno.
In accelerazione, in prima e in seconda marcia, la taratura un filo morbida dell’ammortizzatore, unita all’indubbia forza del propulsore, causano un alleggerimento dell’avantreno, tende a galleggiare sull’asfalto. Quello che proprio la ciclistica della Ninja non digerisce sono i rapidi cambi di direzione alle basse e medie velocità, dove la CBR e soprattutto la Daytona sono inavvicinabili. La trazione non è uno dei punti di forza di questa Kawasaki, con la quale in accelerazione è sempre meglio non prendersi troppa confidenza. Per risolvere in parte il problema basta aumentare leggermente il precarico molla e il freno idraulico in compressione dell’ammortizzatore. Il motore della Kawasaki ha un’indole spiccatamente racing. In basso è docile come un agnellino... fin troppo, ma ai regimi medio alti ha una grinta incredibile, non paragonabile a quella della Yamaha, ma superiore a quella della concorrenza. Nel contagiri della ZX- 6R, in corrispondenza degli 8.000 giri, c’è una zona verde. E non è lì per caso... Infatti è proprio dopo quella soglia che si aprono le porte dell’inferno. Oltre questo limite il quadricilindrico di Akashi cambia tono, si trasforma da passeggiatore in corridore. A 10.000 giri un altro sussulto. A 12.000 un altro ancora. A 14.000 la furia si calma, ma l’ago del contagiri continua la sua corsa fino a 16.500. Inutile arrivare a tanto. Gli ultimi 2.000 giri, come su Honda, Suzuki e Triumph, servono solo per evitare il cambio marcia ma il calo di potenza è evidente. Solo con la R6 ci si può spingere nei pressi del limitatore senza avvertire un netto calo delle prestazioni. A livello di modulabilità l’impianto della ZX-6R è uno dei migliori del lotto, anche se non raggiungi i livelli di quello della GSX-R. Di mordente ce n’è in abbondanza e, grazie alla taratura rigida della forcella Showa, è facilmente sfruttabile.
I nostri rilevamenti
Velocità max257,4 Km/h
Accellerazione da fermo
Distanza in metri
0-400
0-1000
Tempo in secondi
11"05
20"53
Velocità in uscita in Km/h
207,7
242,8
Variazione velocità in Km/h
0-100 km/h
0-160 km/h
Tempo in secondi
3"28
6"60
Distanza in metri
45,5
170,1
Ripresa da 60Km/h
Distanza in metri
0-400
0-1000
Tempo in secondi
12"41
22"83
Velocità in uscita in Km/h
171,7
234,5
Variazione velocità
60-100
60-160
Tempo in secondi
4"33
10"99
Distanza in metri
95,6
336,0
Scarto al tachimetro
Velocità effettiva
a 50 km/h
a 150 km/h
Velocità indicata
47,8
142,7
Frenata
Velocitá
Da 60 Km/h
Da 100 Km/h
Metri
13,1
37,4
Peso effettivo
Totale
Asse anteriore
Asse posteriore
191,0
96,8
94,2
Il Banco
Potenza massima115,1 CV (84,7 kW) a 13.700 giri minuto (effettiva alla ruota)
Coppia massima6,4 Kgm (62,5 Nm) a 11.400 minuto (effettiva alla ruota)
La pagella
Linea3 su 5 I voti più alti vanno a Honda e Yamaha. La CBR è compatta e ha un design molto equilibrato. È sportiva ma anche elegante. La R6, invece, è ignoranza e aggressività allo stato puro. Esagerata, fin troppo. La Kawasaki si ispira alle spigolose forme della Ninja da MotoGP, però la linea del gruppo ottico anteriore non ci ha convinto. Più equilibrata, ma meno appariscente, la Suzuki. Troppo semplice la Triumph.
Finiture3 su 5 Il livello medio della CBR resta sempre alto, ma la qualità e la fattezza dei componenti meccanici delle altre giapponesi sono migliorate. La GSX-R, la R6 e soprattutto la ZX-6R hanno fatto notevoli passi avanti. Sotto la media, invece, la Daytona: molta sostanza, poca apparenza. La cura dei dettagli, come ad esempio la bulloneria o le finiture superficiali dei pezzi più in vista, sono sufficienti, su tutte le concorrenti.
Componentistica4 su 5 Il salto di qualità rispetto al passato è evidente. La tecnologia va avanti e ormai le supersport utilizzano molti componenti racing. La Honda monta addirittura l’ABS elettronico, sulla Suzuki si possono cambiare le mappature motore, la Yamaha ha i cornetti di aspirazione ad altezza variabile, la ZX-6R ha una forcella Showa di derivazione MotoGP. Più tradizionali, ma comunque validi, i componenti della Triumph
Motore3 su 5 Il tricilindrico Triumph, grazie a una risposta al gas pronta e tanta coppia ai medi regimi, è il propulsore complessivamente più sfruttabile. A livello di versatilità è ottimo anche il quattro cilindri Honda, che ha tanta “schiena”. I motori Yamaha e Kawasaki hanno molto allungo, ma ai bassi e medi regimi non sono al livello della concorrenza. Al quadricilindrico Suzuki servirebbe una risposta al gas più pronta
Trasmissione3 su 5 La CBR ha un cambio caratterizzato da innesti precisi e da una contenuta corsa della leva. Ottimo anche il rendimento della frizione. Tutte le altre, pur essendosi avvicinate moltissimo agli standard Honda, sono ancora un gradino sotto. La ZX-6R e la GSX-R sono allo stesso livello, alto, fin quando non si raggiunge il limite del veicoli. La R6 ha innesti un filo “gommosi”, la Daytona una frizione poco modulabile.
Sospensioni4 su 5 La Triumph ha tarature che consentono di sfruttare la moto su strada e in pista, perché sia la forcella che l’ammortizzatore evitano eccessivi e bruschi trasferimenti di carico. Le sospensioni della Honda sono adatte all’uso su strada perché morbide, quelle della Yamaha, rigide, perfette per l’uso in pista. Promosse le forcelle di Suzuki e soprattutto di Kawasaki, che però sono troppo rigide rispetto agli ammortizzatori.
Freni4 su 5 Gli impianti delle moto giapponesi si equivalgono. Con quello della GSX-R è facile entrare in confidenza per merito delle sue eccellenti doti di modulabilità; sopra la media. Ottimo il funzionamento dell’ABS della CBR, che consente di sfruttare tutto il potenziale dell’impianto anche su fondi umidi. Molto modulabili pure i freni della ZX-6R, potenti quelli della R6. All’impianto della Triumph manca un pizzico di mordente.
Strumentazione3 su 5 Tutti i cruscotti hanno contagiri facilmente leggibili, fatto importantissimo su moto così sportive, accoppiati a display digitali con tante funzioni. I più ricchi sono quelli della Suzuki e della Triumph. La Kawasaki, invece, ha la strumentazione con la funzione cronometro più intuitiva e comoda da usare. Solo sulla Honda, infine, c’è l’indicatore del livello del carburante; sulle altre c’è solo la spia della riserva
Comfort3 su 5 Premesso che parlare di comfort su una supersportiva è come ragionare sulle prestazioni in pista di una touring, va detto che la CBR, la ZX-6R e soprattutto la GSX-R, sono quelle più spaziose e dotate di una discreta protezione aerodinamica. La R6 e la Daytona sono piuttosto scomode, ma sono anche le uniche con cui, in circuito, si riesce a trovare da subito la corretta postura in sella.
Guida3 su 5 La moto più facile e divertente da usare è la Triumph. Il suo tre cilindri ha un’erogazione fluida, caratteristica che consente di guidare in maniera “rotonda”. Sulla Daytona, insomma, ci si diverte senza faticare troppo. Le quattro cilindri giapponesi sono molto performanti, adatte all’uso in pista, poco a quello su strada. Per divertirsi con le quattro “Jap” bisogna tenerle sempre su di giri e andare forte
Prezzi4 su 5 Tranne la Yamaha, costano tutte meno di 11.000 euro. Analizzando le moto dal punto di vista prestazionale, quella che offre il “pacchetto” migliore è la Triumph. Se invece si vuole dare la priorità al design e alla qualità delle finiture e della componentistica, sono le giapponesi a spuntarla (CBR in testa), costruite e assemblate molto meglio della tricilindrica inglese, piuttosto spartana
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