        Ah, il sorpasso, gesto sublime dello sport che, applicato alle due ruote, &egrave; addirittura da considerarsi forma d'arte. Superare l'avversario - o gli avversari - non &egrave; affatto semplice a bordo di una motocicletta, perch&eacute; bisogna sommare la volont&agrave; dell'attaccato di resistere all'attaccante, oltre al limite di moto, gomme e pista. Uscire dai confini e ritrovarsi nelle vie di fuga &egrave; atto da evitare e, nell'elenco ivi proposto, si tiene conto del puro talento citano, indipendentemente dai titoli vinti o non vinti. Esempi di fuga solitaria quali Giacomo Agostini e Freddie Spencer, tralasciati, spiegano il senso dell'articolo. Calendario MotoGP 2024 Phil Read, il "cattivo" britannico Veniva ricorcado con epiteti e soprannomi poco lusinghieri, tuttavia - dicono - calzanti al personaggio. Phil Read passava da "filo di ferro" a "figlio di buona donna", proprio perch&eacute; quando decideva di entrare, se ne infischiava di eventuali contatti e carenate. Anzi, a dispetto del pericolo, l'inglese provava addirittura compiacimento nel sentire carene e corpi altrui picchiare contro la propria moto o, perch&eacute; no, ginocchia e braccia. Con la Yamaha il nativo del Bedfordshire faceva un po' paura, ma con la MV Agusta incuteva reale timore. Ecco il motivo per cui chi lo ha conosciuto, lo ricorda previo grosso rispetto.  Loris Capirossi, tutto o niente Puro "racer", Loris Capirossi faceva del coraggio una delle sue principali qualit&agrave;. Espressosi ad alto livello immediatamente in 125, competitivo in 250, in crescita nella 500, poi tornato in dueemmezzo, ancora nella mezzo litro, infine in MotoGP. Due o quattro tempi? No problem per&nbsp; Capirex, originario a mezzo passo da Imola, circuito dove si impara davvero a superare il nemico, ops, l'avversario. Il numero 65, iconico, ha messo in pista un cuore enorme, al pari di attributi cos&igrave;. Andando anche incontro a episodi come il contatto condiviso con Tetsuya Harada in Argentina nel 1998, uscendone con alloro di classe e ragioni del caso.  Valentino Rossi, l'attimo fuggente Da dove cominciamo con Valentino Rossi?! Jerez 2005 MotoGP, tamponamento sferrato a Sete Gibernau all'ultima curva a precedere la bandiera a scacchi?! S&igrave;, episodio rimasto in cima alle visualizzazioni per anni. Vi &egrave; piaciuto l'ingresso&nbsp; - con divagazione nella via di fuga, &egrave; giusto ricordarlo - di Laguna Seca 2008 ai danni di Casey Stoner?! Fantastico. Per&ograve;, vista da qui, in quanto a pulizia e correttezza della manovra, nulla supera (gi&agrave;) Barcellona 2009. Tornata finale del Gran Premio di Catalunya, pochi metri da completare e traguardo in vista, piega destrorsa e veloce fino al "zac", fendente improvviso, che ha lasciato il maiorchino di sale e battuto. Uno dei sorpassi pi&ugrave; belli di sempre.  Marc Marquez, il "menefreghista" Malgrado critiche, insulti e quant'altro, Marc Marquez &egrave; rimasto e rimarr&agrave;, pensiamo, s&eacute; stesso. Che vuol dire? Vuol dire che non gliene cale granch&eacute; di aver "imitato" Valentino Rossi a Jerez, ancora su Jorge Lorenzo nel tornante dedicatogli, lo stesso dove Sete Gibernau pat&igrave; il colpo.&nbsp; Chissene se anche a Laguna Seca ha fatto come il numero 46, prpprio sul numero 46. MM93 piace cos&igrave; com'&egrave;, temerario e costantemente al cento per cento. Altrimenti, non sarebbe l'asso che conosciamo. A proposito di sorpassi, micidiale le imprese in Moto2 di Phillip Island 2011, dalla casella 38 al terzo gradino del podio, Giappone 2012, da ventinovesimo a primo, Valencia dello stesso anno, dalla trentatreesima posizione alla vittoria.  John Surteess, 2 o 4 ruote? No problem Questo era bravo davvero, poich&eacute; capace di farsi largo e vincere sia nel Motomondiale che in Formula 1. Sir John Surteess, Signore &amp; Signori, vero gentleman fuori dai cordoli e tremendo tra i cordoli stessi, per sorpassi compiuti con due o quatto ruote, a prescidere. Riprendere le misure tra una tipologia di veicolo e l'altra &egrave; cosa per pochi, lui ci &egrave; riuscito bene. Il pilota britannico &egrave; inserito tra i migliori di sempre, certo in virt&ugrave; dei risultati ottenuti, al pari delle capacit&agrave; di adattamento da mezzi meccanici assai differenti e comunque condotti al limite.  Kevin Schwantz, il visionario texano Potrebbe bastare l'entrata su Wayne Rainey, e il paragrafo su Kevin Schwantz sarebbe bell'e completo. Invece no, anche se quella classe 500 edizione 1991 e l'ingresso al Motodrom di Hockenheim restino - probabilmente - la quintessenza della guida esibita dal texano, che a volte immaginava di andare lungo, per poi frenare all'ultimo istante e oltre. Staccata a una mano destra, piede del medesimo asse a pestare il posteriore, avantreno infossato, retrotreno balzellante a destra e manca. Teoricamente, una dinamice del genere si conclude con un lungo, oppure, con una curva affrontata a bassa velocit&agrave;. Macch&eacute;, la Suzuki numero 34 tenne dietro la Yamaha campione del mondo, annichilendola al traguardo.  Michael Doohan, l'essenziale Preferiva inscenare la fuga ma, quando era necessario, sapeva superare deciso. Michael Doohan ha compiuto pochi sorpassi in carriera, perch&eacute; nelle stagioni valevoli di iride, costruiva praticamente sempre le vittorie partendo in pole e concludendo in testa. Ma parliamo di un australiano che sapeva sorpassare, altroch&eacute;. Per&ograve;, preferiva pensarci una volta, poi mai pi&ugrave;. Per lui duellare e scambiare posizioni reciprocamente, si trattava di tempo perso. A meno che non si trovasse in compagnia di John Kocinski, Wayne Rainey, Kevin Schwantz e Alex Criville. B&egrave;, no: lo spagnolo viene ricordato meno volentieri: ricordate Eastern Creek 1996? La Honda tir&ograve; a terra una seconda Honda, che poi era la prima. Ne giov&ograve; Loris Capirossi.  Regis Laconi, il selvaggio francese Era italo-francese, per la precisione. Regis Laconi, con origine sarde ma nato a Saint Dizi&egrave;r, sapeva sorpassare, quasi sempre con il posteriore in salto e ruota a 25 centimetri da terra. Sapete una cosa dl lui? Riusc&igrave; a vincere una gara in 500 a Valencia nel 1999 e in pi&ugrave; occasioni della differente SBK. Gli &egrave; mancato un pizzico per titolarsi, ma attenzione al dato: nel Curvone Biassono di Monza, a bordo della Ducati 999, deteneva il record di velocit&agrave; in percorrenza: qualcosa come 271 chilometri orari rilevati all'uscita, che precedeva la Variante della Roggia, affrontata comunque rapidamente.  Anthony Gobert, interno ed esterno Gli avran pur dato del "matto", ma era un manico esagerato, capace di oltrepassare limiti meccanici e della fisica. Anthony Gobert, australiano approdato in Europa e andatosene lasciando il segno, in doti di guida secondo era a nessuno. Poi, s&igrave;, esagerava, ma perch&eacute; indomito e sprovvisto di una solida strategia. Per lui il sorpasso era pi&ugrave; importante del risultato finale, che fosse compiuto all'interno o all'esterno, come se la questione fosse contro l'avversario e non in termini di classifica. E lo era. Il "Go Show" dur&ograve; poco, per&ograve; bene: se ne ricordano Aaron Slight in SBK e Darryl Beattie in 500.  Carl Fogarty, inglese in stile Tourist Trophy Dunque, lui stesso lo ha ammesso, per&ograve; anni dopi non esserci pi&ugrave; andato: il Tourist Trophy &egrave; gara bella, per&ograve; folle. Quanto &egrave; passato definitivamente ai pi&ugrave; sicuri cordoli accompagnati da vie di fuga, Carl Fogarty non si &egrave; pi&ugrave; voltato, come se alle sue spalle fosse stato creato un vuoto. E in gara gli piaceva fare cos&igrave;, bench&eacute; fosse pronto tutto pur di superare. Basterebbe chidere a Pierfrancesco Chili, oppure a Lothar Kraus, doppiato e ritrovatosi in traiettoria del Re britannico. Si trattava di Nurburgring SBK 1999, finita in successo per l'inglese, e caduta per il tedesco, buttato gi&ugrave; senza piet&agrave;, e la foto lo spiega: che cavolo ci facevi l&igrave; in mezzo?!&nbsp;  Brad Binder, l'aerodinamico I piloti giurano come sia impossibile o difficilissimo effettuare sorpassi nell'attuale MotoGP, in quanto pesantemente condizionata da elettronica, aerodinamica e gomme uguali per tutti. Sar&agrave;, ma Brad Binder interpreta la categoria "al contario", ovvero, saltando i rivali spesso e volentieri. E lo fa di traverso, azione ancor pi&ugrave; difficile, proprio perch&eacute; la volont&agrave; di telaio e alettoni sarebbe di mantene ruota anteriore e posteriore sullo stesso asse. Il sudafricano, vero talento a servizio della KTM, &egrave; uno dei protagonisti pi&ugrave; divertenti da ammirare.  Troy Bayliss, lo squarciagole Il mitico Giovanni DI Pillo lo ammise ripetutamente: "Ho urlato tanto nelle mie telecronache, ho rischiato di perdere la voce, ma Troy Bayliss mi fece esagerare, specialmente a Monza 2000. Saltar a pi&egrave; pari gente del calibro di Frankie Chili, Akira Yanagawa, Noriyuki Haga e Colin Edwards". Giusto, come &egrave; vero che l'australiano ha poi correttamente impostato le traiettorie della Prima Variante, a dimostrare la misura per mezzo della quale salt&ograve; gli avversari. Per il "carrozziere" della SBK Monza era una novit&agrave;, e un conto &egrave; sopravanzare un avversario, un conto &egrave; farne fuori quattro.         

Indipendentemente da vittorie e non, i nomi elencati detengono doti fuori dal comune nel superare i rivali

I "Sorpassatori" più feroci del Motociclismo

        Due mesi dopo la sfavillante vittoria di Yamaha YART alla 24h di Spa (prima dal 2020 e prima 24h da Le Mans 2009), il paddock del Mondiale Endurance si prepara alla &ldquo;Gara delle Gare&rdquo; ovvero la 8h di Suzuka, mai cos&igrave; importante quest&rsquo;anno per la lotta al titolo iridato. Dopo la vittoria in Belgio, la squadra austriaca guida la classifica con 118 punti, uno di vantaggio su FCC TSR Honda (che aveva vinto a Le Mans con la stessa YART seconda). Pur essendo in calendario come terzo appuntamento stagionale, la 8h di Suzuka mantiene ancora il suo fascino e la sua tradizione di essere prettamente EWC (ci sono le Stock ma sono tutte squadre giapponesi) ma non per tutte le squadre iscritte al Mondiale. Solo 8 sono i permanent team del Mondiale presenti a Suzuka: mancher&agrave; come l&rsquo;anno scorso ERC Ducati ma ci sar&agrave; Viltais #333 dopo il passaggio ad Honda. Cambi di line up, debutti ed assenze importanti  A differenza di quanto &egrave; stato comunicato nella entry list pubblicata a fine giugno, Team HRC schierer&agrave; il trio Vierge-Nagashima-Takahashi (con Nagashima al posto di Lecuona, quest&rsquo;ultimo impegnato a Silverstone con la Honda MotoGP al posto di Rins) per difendere il titolo conquistato lo scorso anno. Come detto in precedenza, sono solo 8 i permanent team del Mondiale presenti a Suzuka e tra questi &ldquo;Fantastici 8&rdquo; ce ne sono due che debuttano proprio quest&rsquo;anno: Motobox Kremer e soprattutto Viltais. La squadra che ha vinto il Bol d&rsquo;Or lo scorso anno, a Suzuka era assente (proprio come ERC Ducati) mentre quest&rsquo;anno, complice il passaggio ad Honda, sar&agrave; ai nastri di partenza della &ldquo;Gara delle Gare&rdquo;. Per quanto riguarda le assenze importanti, mancano come sappiamo da tempo Kawasaki Racing Team (per la prima volta non vedremo in griglia n&eacute; Jonathan Rea e nemmeno Alex Lowes, pluri vincitori della gara) ed anche ERC Ducati (esattamente come lo scorso anno). Sfida iridata YART Yamaha-FCC TSR Honda  Le due compagini arrivano alla 8h di Suzuka con gli stessi risultati (vittoria e secondo posto per FCC TSR Honda, secondo posto e vittoria per Yamaha YART), le separa un solo punto in classifica a favore della squadra diretta da Mandy Kainz. Se Team HRC ha il favore del pronostico essendo detentrice del trofeo conquistato lo scorso anno, gli occhi saranno tutti sulle due squadre in lotta per il titolo. Chi uscir&agrave; meglio da Suzuka avr&agrave; un vantaggio non indifferente al Bol d&rsquo;Or.&nbsp; Un po&rsquo; di Italia anche in Giappone  La colonia azzurra al via della 8h di Suzuka &egrave; abbastanza folta. Insieme a Niccol&ograve; Canepa, leader di campionato con YART, ci sono anche due deb di lusso come Christian Napoli (Motobox Kremer) e Samuele Cavalieri (Tatara Aprilia). Sebbene manchi la Panigale V4R ufficiale del team ERC, Ducati &egrave; comunque presente ai nastri di partenza della gara grazie al team de&rsquo;LIGHT, cos&igrave; come Aprilia grazie al team Tatara nella classe National Superstock.&nbsp; Vecchie conoscenze SBK e piloti attuali di Motomondiale, SBK ed SSP  Il bello della 8h di Suzuka &egrave; rivedere in griglia di partenza nomi che hanno fatto la Storia del Mondiale Superbike come l&rsquo;evergreen Akira Yanagawa o il funambolico Kiyonari (indimenticabile sul bagnato di Donington con la Honda sempre di traverso) o ancora il mitico Taro Sekiguchi (ex 250), per non parlare di Yuki Takahashi (ex campione 250 del 2009) e Tomoyoshi Koyama oltre a Takuya Tsuda (collaudatore Suzuki MotoGP). Ex Motomondiale sono anche Pawi, Kunii, Minamimoto (tre gare in Moto2 quest'anno come sostituto dell'infortunato Nozane), Izdihar, Atiratphuvapat, Kamaruzaman e Norrodin. Dal Mondiale EWC classe Superstock c&rsquo;&egrave; il giapponese Cocoro Atsumi (OG Motorsport con Rolfo), mentre dal Mondiale Superbike (inteso sia come SBK che SSP) arrivano Syahrin, Schrotter ed Okaya.&nbsp; Numeri in vista di Suzuka e dati 2022  Ecco un po&rsquo; di numeri che raccontano l&rsquo;imminente 8h di Suzuka, terzo appuntamento del Mondiale Endurance 2023 50: team iscritti alla 8h di Suzuka 8: permanent team del Mondiale Endurance 35: team EWC 15: team National Superstock 7: costruttori (Honda, Yamaha, Kawasaki, Suzuki, BMW, Aprilia, Ducati) Il record della pista in qualifica &egrave; di Team HRC con Tetsuta Nagashima in 2&rsquo;04&rdquo;934 del 2022 mentre quello in gara risale ancora al 2019 ed &egrave; di Kawasaki Team Green con Jonathan Rea in 2&rsquo;06&rdquo;805. 209 sono i giri condotti in testa da Team HRC nell&rsquo;edizione dello scorso anno vinta con un giro di vantaggio su Kawasaki Racing Team. Ultimi vincitori: 2022: Team HRC (Tetsuta Nagashima, Takumi Takahashi, Iker Lecuona) 214 laps 2019: Kawasaki Racing Team Suzuka 8H (Jonathan Rea, Leon Haslam, Toprak Razgatliog?lu) 216 giri 2018: Yamaha Factory Racing Team (Katsuyuki Nakasuga, Alex Lowes, Michael van der Mark) 199 giri 2017: Yamaha Factory Racing Team (Katsuyuki Nakasuga, Alex Lowes, Michael van der Mark) 216 giri 2016: Yamaha Factory Racing Team(Katsuyuki Nakasuga, Alex Lowes, Pol Espargaro?) 218 giri La parola all&rsquo;esperto, Niccol&ograve; Canepa  Il pilota genovese, attuale leader di campionato con Yamaha YART, ha provato a sintetizzare la magia del circuito giapponese: &ldquo;La pista &egrave; davvero impegnativa e quando guidi con questa temperatura molto alta e l'umidit&agrave;, la tuta in pelle e il sole &egrave; fuori, &egrave; dura per i piloti. &Egrave; davvero dura per le moto, le gomme e tutto il resto. Lo stint dura pi&ugrave; o meno un'ora e negli ultimi 15 minuti &egrave; come se il tempo non andasse mai avanti; &egrave; dura, soprattutto quando segui qualcuno. Quando hai il calore della moto davanti a te &egrave; anche peggio, ci alleniamo molto per questo e dobbiamo essere pronti. &Egrave; assolutamente la gara pi&ugrave; calda dell'anno. &Egrave; estrema rispetto a Le Mans e Spa.&rdquo; Il taglio del traguardo di Team HRC  Direttamente dal canale YouTube dell&rsquo;EWC gli istanti finali della gara del 2022 con la vittoria di Team HRC, primo centro Honda dopo 5 anni (2020 e 2021 la gara non si &egrave; svolta per via del Covid)  Programma del weekend  Dopo la maratona di Spa (in tutti i sensi, visto il format utilizzato a giugno per dar spazio agli eventi di contorno alla gara), per la 8h di Suzuka il programma del weekend ritorna normale, quindi con le prime qualifiche il venerd&igrave;, le seconde e la top 10 time trial di sabato e la gara la domenica alle 4.30 italiane.&nbsp; Venerd&igrave; 4 Agosto: 08h30-10h00: Sessione di test11h20-13h20: Prove libere13h35-14h25: Pit Walk14h45-15h05: Prime Qualifiche (Pilota Blu) 15h20-15h40: Prime Qualifiche (Pilota Giallo) 15h55-16h15: Prime Qualifiche (Pilota Rosso) 18h30-19h30: Prove in notturna Orari giapponesi Sabato 5 Agosto: 09h50-10h10: Seconde Qualifiche (Pilota Blu) 10h25-10h45: Seconde Qualifiche (Pilota Giallo) 11h00-11h20: Seconde Qualifiche (Pilota Rosso) 13h45-14h20: Pit Walk 14h45-15h30: Prove libere16h00-17h30: Top 10 Trial (Superpole)17h40-18h10: Intervista al poleman, conferenza stampa post qualifiche Orari giapponesi Domenica 6 Agosto: 08h30-09h15: Warm-up09h30-10h10: Pit Walk11h30: Partenza della 44th Coca-Cola Suzuka 8 Hours Endurance Race 19h30: Arrivo della 44th Coca-Cola Suzuka 8 Hours Endurance Race 20h00: Conferenza stampa post gara Orari giapponesi EWC Calendario 2023       

Vierge, Nagashima e Takahashi, dopo il miglior tempo nei test ufficiali, sono chiamati a difendere il trofeo dell'edizione 2022. Sfida iridata tra YART Yamaha ed FCC TSR Honda

EWC, 8h di Suzuka: il Team HRC bisserà il successo dell'anno scorso?

        Mancano poco meno di 40 giorni al via della 44^ Coca Cola Suzuka 8 hours ma arrivano gi&agrave; informazioni importanti riguardo agli iscritti alla terza prova del Mondiale Endurance. Come sappiamo, non sar&agrave; presente Kawasaki Racing Team e, come l&rsquo;anno scorso, mancher&agrave; anche ERC Ducati, mentre ci sar&agrave; il team Viltais #333 che quest&rsquo;anno corre con Honda.&nbsp; Dei permanent team del Mondiale Endurance di questa stagione, solo 8 sono iscritti: FCC TSR Honda, Yamaha YART, Kawasaki Webike Trickstar, Yoshimura SERT Motul, BMW World Endurance, Motobox Kremer, KM99 e, appunto, Viltais Honda #333. Ducati ed Aprilia al via, debuttano Cavalieri e Christian Napoli  In mezzo a tanto Giappone c&rsquo;&egrave; anche un po&rsquo; di Italia al via della 8h di Suzuka 2023. Oltre a Niccol&ograve; Canepa, attuale leader del Mondiale Endurance, ci sono anche Samuele Cavalieri (Aprilia) e Christian Napoli (Motobox Kremer) che fanno il loro debutto assoluto in questa classica gara del Mondiale.&nbsp; Se ERC non &egrave; presente e si rivedr&agrave; al Bol d&rsquo;Or, la V4R sar&agrave; comunque in pista grazie allo storico team de&rsquo;&rsquo; LIGHT. Anche l&rsquo;Aprilia sar&agrave; al via della 44^ edizione con il team Tatara e, appunto, Samuele Cavalieri insieme a Masahiro Shinjo e Ruka Wada.&nbsp; L&rsquo;entry list completa  Pur essendo una gara del Mondiale Endurance, la 8h di Suzuka ha un suo particolare regolamento per quanto riguarda le iscrizioni alla gara. Mentre alcuni dei permanent team del Mondiale sono iscritti di diritto, per le compagini giapponesi bisogna passare dalle fasi di try out. In seguito alle varie fasi di try out, l&rsquo;entry list consta di 50 team al via, 35 dei quali EWC e 15 National Superstock&nbsp; I permanent EWC iscritti alla 8h di Suzuka sono:&nbsp; -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; FCC TSR Honda (Hook, Techer, Di Meglio) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Yamaha YART (Canepa, Fritz, Hanika) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Kawasaki Webike Trickstar (De Puniet, Watanabe, Leblanc) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Yoshimura SERT (Guintoli, Black, Masson) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; BMW World Endurance (Guarnoni, Reiterberger, Mykhalchyk) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Motobox Kremer (Napoli, Dehaye, Rubin) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; KM99 (Mahias, Marino, Mackels) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Viltais Honda (Mercado, Odendaal, Alt) Team HRC (Lecuona, Vierge, Takahashi) non &egrave; permanent ma sono i detentori del trofeo avendo dominato la gara lo scorso anno&nbsp; I team giapponesi iscritti alla gara sono:&nbsp; -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; KRP Kawasaki (Yanagawa, Nakamura T., Nakamura S.) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Sugai Racing Honda (Sugai, Suzuki, Matsukawa) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; TTS Racing Honda (Akiyoshi, Konno, Nakamura) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Taira Promote Racing Yamaha (Shibata, Suzuki, Mikami) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Astemo Honda (Sakumoto, Mizuno, Watanabe) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Tatara Aprilia (Shinjo, Wada, Cavalieri) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Sofukai Honda Suzuka (Sugiyama, Hane, Pawi) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Motorcycles #27 (Nishinaka, Tsukahara, Tanaka) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Dr Dry Racing Suzuki (Oishi, Hirano, Kajiyama) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Tripoint Suzuki (Hidarimura, Iwatani, Osuga) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Hamamatsu Team Titan (Takeda, Murase) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; ATJ Honda (Iwata, Takahashi, Koyama) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; IRF Azurlane Yamaha (Kawana, Endo, Sawamura) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Team Nagano BMW (Sakurayama, Higashimura, Okamura) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Sanmei BMW (Sekiguchi, Okuda, Deguchi) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Kodama Yamaha (Kodama, Nagao) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Teramoto Suzuki (Teramoto, Sano, Ishizuka) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Goshi Racing Honda (Kuroki, Tajiri, Tanimoto) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Noi:Z Racing Yamaha (Adachi, Hanamura, Nakai) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; De&rsquo;&rsquo;LIGHT Ducati (Okuda, Hasegawa, Kataoka) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Kawasaki Plaza Racing (Iwato, Okaya, Sano) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Yamashina Kawasaki (Kabetani, Kawaguchi) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Ogura Yamaha (Takeda, Yokoyama, Toyoshima) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Honda Dream RT (Ito, Hiura, Arakawa) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; SDG Honda (Nagoe, Uramoto, Kunii) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Akeno Yamaha (Minamimoto, Ide, Date) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Honda Hamamatsu (Yoshida, Kojima, Nakajima) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Ube Racing Team Suzuki (Syahrin, Linfoot, Tsuda) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Honda Blue Helmets (Okada, Murakami, Kobayashi) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Team Bizenseiki Kawasaki (Yamanaka, Nakajima, Morimoto) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Tone RT BMW (Hoshino, Nakatomi, Wakanushi) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; NCXX Yamaha (Ito, Maeda, Nakayama) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Honda Asia Dream Racing (Zaidi, Izdihar, Atiratphuvapat) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Honda Dream Takasaki (Katahira, Yoshihiro, Ohnuki) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; S-Pulse Suzuki (Atsumi, Waters, Schrotter) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Frontier BMW (Webb, Kamaruzaman, Norrodin) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; TOHO Racing Honda (Kiyonari, Kunimine) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Soyukai Honda (Kato, Honda) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Matsunaga KDC Yamaha (Matsunaga, Arakawa, Kishimoto) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Gesundheit Racing Ride On Honda (Masuda, Maekawa, Tsunoda) -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; YSS Mercury Kawasaki Plaza (Yamauchi, Okinaga) EWC Calendario 2023       

Oltre a Niccol&ograve; Canepa anche Samuele Cavalieri (Aprilia) e Christian Napoli (Motobox Kremer) al via della classica del Mondiale Endurance, terzo appuntamento stagionale

8 ore di Suzuka: ecco i team iscritti alla 44esima edizione

        Con il round di Phillip Island previsto per l'imminente week-end del 24-26 febbraio scatter&agrave; la stagione 2023 delle derivate di serie. Nella passata annata ad inaugurare la stagione con la vittoria era stato Jonathan Rea in Gara 1, seguito da Alvaro Bautista, vincente nella Superpole Race ed in Gara 2. Partir&agrave; proprio dall'Australia la difesa del titolo del pilota spagnolo, che in sella alla sua Ducati vuole ripetersi e tenersi stretto lo scettro di campione. Sono molti i rivali dal quale l'ex pilota della MotoGP dovr&agrave; guardarsi le spalle, da Toprak Razgatlioglu a Jonathan Rea. Proprio il sei volte iridato &egrave; il riferimento delle derivate di serie per ci&ograve; che riguarda statistiche e "status"; dall'alto dei sei titoli mondiali vinti il pilota nordirlandese &egrave; infatti il pi&ugrave; vincente della storia. Ad una settimana dall'inizio del nuovo campionato andiamo a ripercorrere alcune tra le statistiche pi&ugrave; importanti della storia della Superbike, prendendo in esame la top five dei piloti pi&ugrave; vincenti in termini di GP vinti.  5) Tom Sykes - 34 vittorie&nbsp; Il pilota inglese occupa la quinta casella di questa speciale classifica con 34 vittorie, precedendo di una sola lunghezza Chaz Davies e di due lunghezze Toprak Razgatlioglu e Alvaro Bautista, destinati a sorpassarlo (salvo sorprese) proprio in questa stagione. La prima vittoria di Sykes risale al 2011 quando trionf&ograve; nel round di Germania battendo, in Gara 2, Slyvain Guintoli. Il punto pi&ugrave; alto della carriera dell'alfiere della Kawasaki &egrave; da circostanziare al triennio 2012-2014, quando lott&ograve; costantemente per il titolo. Nel 2012 Sykes dovette cedere per solo mezzo punto a Max Biaggi mentre l'anno successivo, con nove successi, vinse il titolo mondiale battendo la concorrenza di Eugene Laverty e Slyvain Guintoli. Nel 2014 l'inglese fu nuovamente in lotta per bissare il successo iridato ma dovette cedere lo scettro in favore dell'Aprilia di Guintoli nonostante le otto vittorie stagionali. L'ultima volta in cui il 38enne pilota inglese &egrave; riuscito a salire sul gradino pi&ugrave; alto del podio risale al 2018 e nella stagione che sta per iniziare, Sykes vuole continuare a ritoccare i suoi record. Passa alla prossima pagina per scoprire il 4 e 3 posto &nbsp; 4) Noriyuki Haga - 43 successi Al quarto posto troviamo uno dei piloti pi&ugrave; iconici della storia delle derivate di serie (sebbene non sia mai riuscito a vincere un titolo), Noriyuki Haga, autore in carriera di 43 vittorie. Il giapponese raccolse la sua prima vittoria nel 1997, vincendo nel round di casa in Gara 2 su Simon Crafar e John Kocinsky. Dal 1998 Haga corse in pianta stabile fino alla stagione 2011, correndo gli ultimi round da wild card, nel 2013. Le stagioni migliori del pilota di Nagoya furono il 2000, il 2007 ed il 2009, annate concluse da vice-campione del mondo. Nel 2000 Haga raccolse quattro successi ma dovette cedere il titolo a Colin Edwards, nel 2007 le vittorie in stagione furono sei ma anche stavolta il titolo sfum&ograve; a favore di James Toseland. Infine, nel 2009 il giapponese fece segnare il suo massimo in carriera in termini di vittorie stagionali, trionfando in ben otto round ma arrendendosi a Ben Spies, che divent&ograve; campione del mondo per soli sei punti.  3) Troy Bayliss - 52 trionfi Il gradino pi&ugrave; basso del podio &egrave; occupato da una leggenda della Superbike, Troy Bayliss, uno dei piloti pi&ugrave; amati da fan e addetti ai lavori per carisma, personalit&agrave; e stile di guida. L'australiano si laure&ograve; per tre volte campione del mondo della Superbike, per un totale di 52 vittorie. La prima vittoria di questa lunga serie arriv&ograve; nel 2000 nel round di Hockenheim ai danni Akira Yanagawa e Noriyuki Haga mentre il primo titolo arriv&ograve; l'anno successivo, quando con sei successi batt&egrave; l'americano Colin Edwards. Nonostante un incredibile filotto di ben 14 vittorie, nell'anno successivo Bayliss cedette alla rivincita di Edwards ma riconquist&ograve; il titolo nel 2006, al termine di un anno di grazia. L'australiano vinse in 12 round e conquist&ograve; il secondo titolo di carriera. Nel 2006, Bayliss vinse anche in occasione del GP di Valencia della MotoGP, gara alla quale presa parte da wild card. Il terzo e ultimo titolo dell'australiano arriv&ograve; nel 2008 quando, sempre in sella alla sua Ducati, trionf&ograve; in 11 round dominando la stagione ai danni di Troy Corser.  Passa alla prossima pagina per scoprire i due piloti pi&ugrave; vincenti &nbsp; 2) Carl Fogarty - 59 vittorie Ad occupare la piazza d'onore di questa speciale classifica troviamo Carl Fogarty, leggendario pilota britannico, per anni il volto della Superbike. Con 59 vittorie Fogarty si trova al secondo posto tra i piloti pi&ugrave; vincenti di sempre in termini di GP vinti. Sono quattro in totale i titoli del pilota Ducati che conquist&ograve; la sua prima vittoria nel 1992 a Donington precedendo sul traguardo Raymond Roche mentre il primo titolo arriv&ograve; nel 1994, anno in cui inizi&ograve; la sua era da dominatore. Fogarty vinse in dieci round ed in classifica finale beff&ograve; Scott Russell; nel 1995 l'australiano si ripet&egrave; e con 13 vittorie trionf&ograve; ai danni di Troy Corser. Dopo un biennio di diguno, nel 1998 Fogarty conquist&ograve; il terzo titolo mondiale collezionando tre successi, mentre l'anno successivo colse il quarto e ultimo successo iridato battendo la concorrenza di Colin Edwards.   Jonathan Rea - 118 vittorie L'assoluto dominatore della classifica dei piloti pi&ugrave; vincenti della storia della Superbike in termini di GP vinti &egrave; Jonathan Rea, dall'alto delle sue 118 vittorie, impreziosite da sei titoli mondiali. Il nordirlandese colse la sua prima vittoria nel 2009 in sella alla Honda ma &egrave; il passaggio alla Kawasaki che esalter&agrave; tutte le sue qualit&agrave;. Nel 2015, nel suo primo anno con la moto giapponese Rea conquist&ograve; 14 successi imponendo un dominio inarrivabile per tutti, corononando la stagione con la vittoria del titolo. Con 9 vittorie Rea biss&ograve; il successo iridato anche nel 2016 e nel 2017 conquist&ograve; il terzo iride consecutivo grazie a 16 round vinti! L'era Rea non si ferm&ograve; nemmeno gli anni avvenire; nel 2018 e nel 2019 arrivarono altri due titoli consecutivi (17 gare vinti in entrambe le annate!), a dimostrazione di un dominio tecnico senza limiti. Rea conquist&ograve; l'ultimo titolo mondiale nel 2020 e nella stagione che sta per iniziare &egrave; intenzionato a modificare ulteriormente i suoi record, che tutt'ora lo rendono il pilota pi&ugrave; vittorioso della storia della Superbike. Calendario SBK 2023: date, orari tv, dove vederla       

A poco meno di una settimana dall'inizio della nuova stagione andiamo a ripercorrere un po' di storia, con la top five dei piloti pi&ugrave; vincenti in termini di GP vinti

SBK: i piloti più vincenti della storia, due britannici in vetta

        Ve lo ricordate il mitico &ldquo;Stalker&rdquo; al secolo Chris Walker, una vita tra Mondiale Superbike e BSB e con un passato anche nel Motomondiale? Bene, alla tenera et&agrave; di 51 anni (stessa et&agrave; di un altro che non ne vuole sapere di ritirarsi, Akira Yanagawa) di appendere il casco al chiodo non ne vuole sapere e, dopo aver provato tutte le categorie del motociclismo, si cimenter&agrave; in una cosa totalmente nuova per lui, abituato da sempre alla velocit&agrave;. Il pilota di Nottingham, infatti, prender&agrave; parte al Mondiale Endurance nella categoria Superstock con la Kawasaki ZX-10RR del team tutto inglese ADSS97. I suoi compagni di squadra saranno i connazionali Levi Day, Chris Platt e Craig Currie. Battesimo del fuoco per &ldquo;Stalker&rdquo; la 24h di Le Mans del prossimo 15-16 aprile.&nbsp; Il post social  Sul proprio profilo Instagram, il team britannico ha mostrato la livrea della moto scrivendo questa didascalia: &ldquo;Stiamo alzando la posta per quest&rsquo;anno dando il benvenuto a Chris Walker, Levi Day, Chris Platt e Craig Currie per dare l&rsquo;assalto al titolo Superstock del Mondiale Endurance.&rdquo;             Visualizza questo post su Instagram  Un post condiviso da ADSS 97 (@adss_97)            

Chris Walker, leggenda del BSB e del Mondiale Superbike, disputer&agrave; la stagione 2023 in sella alla Kawasaki del team ADSS97

EWC: un rookie di 51 anni per la classe Superstock

        2&rsquo;04&rdquo;942. Mai nessuno aveva girato cos&igrave; forte a Suzuka in qualifica, basti pensare che il precedente record risale al 2018 in 2&rsquo;05&rdquo;1 firmato Jonathan Rea. A stampare questo incredibile tempo &egrave; stato Tetsuta Nagashima, Blue Rider, del team Honda HRC nella prima sessione di qualifica. Doppia sessione di qualifica che ha visto anche la pioggia protagonista: nel Q1 ha &ldquo;rovinato&rdquo; i piani dei Red Rider (tra i quali Jonathan Rea), nel Q2 ha piovuto all&rsquo;inizio per poi asciugarsi verso la fine della sessione, con miglior crono di FCC TSR Honda.&nbsp; Nel combinato delle due sessioni di qualifica, Team HRC &egrave; in pole position (2&rsquo;05&rdquo;718 di tempo medio) davanti a Yamaha YART, terzo tempo per Kawasaki Racing Team, Astemo Honda Dream, FCC TSR Honda, BMW Endurance, Honda Dream RT, SDG Honda, Honda Sofukai, EVA RT 01 Webike Kawasaki. Questi 10 team domani andranno ai top ten trial per stabilire la griglia di partenza della gara di domenica. Fuori dai &ldquo;Magnifici 10&rdquo; due team regolari dell&rsquo;EWC come SRC Kawasaki France (P12) e soprattutto Yoshimura SERT Motul (P22), che deve fare a meno di Guintoli infortunato e deve contare solamente su Watanabe e Black per la gara di domenica. Da segnalare i due vecchietti Akira Yanagawa e Nobuatsu Aoki rispettivamente in P21 e P26 cos&igrave; come il figlio di Norick Abe, Maiki, in P24. La classifica combinata  Al termine delle due sessioni di qualifica, ecco come si configura la griglia di partenza provvisoria della gara, in attesa dei top ten trial (un giro secco per ogni pilota dei 10 team qualificati) di domani che stabiliscono la vera griglia di partenza.        

Tetsuta Nagashima (pilota blu) stampa il 2&rsquo;04&rdquo;942 che vale la prima casella momentanea e la partecipazione ai Top 10 Time Trial di domani per l&rsquo;assegnazione degli spot di partenza

Ewc, 8h di Suzuka: Team HRC in pole provvisoria con record della pista

        Tra i segni zodiacali di fuoco, l&rsquo;ariete rappresenta la scintilla, ovvero l&rsquo;input che innesca la fiamma. Nascendo il 30 marzo del 1969, Troy Bayliss appartiene alla prima decade del segno, quella spontanea, vivace, aperta nei confronti del prossimo. Il pilota di Taree, infatti, amava essere lasciato libero di interpretare le corse come preferiva: istintivamente, con spontaneit&agrave;, in maniera e modalit&agrave; selvagge. Quando l&rsquo;impulso - la scintilla - gli scoccava, l&rsquo;australiano era in grado di produrre veri e propri incendi di passione. La folla di tifosi che ne segu&igrave; le imprese marcate Ducati somigliava a un magma rosso, capace di coprire tutto quanto incontrasse. Successe (quasi) a sorpresa, in quel di Valencia nell&rsquo;autunno del 2006. Al Ricardo Tormo, l&rsquo;allora trentasettenne del Team Xerox Ducati Superbike, arriv&ograve; con in tasca il secondo alloro ottenuto nelle derivate di serie. Leggendo il nome del campione del mondo Superbike nella entry list dell&rsquo;evento, gli avversari considerarono quella presenza in MotoGP giustificabile soltanto come ricompensa della Casa di Borgo Panigale per il lavoro svolto con la 999. Ducati Story, Giancarlo Falappa: talento, cuore e follia &nbsp; Bayliss: veloce, sempre   Invece, tutti si accorsero di quanto l&rsquo;australiano fosse forte anche in sella alla Desmosedici di Sete Gibernau, infortunatosi in Portogallo nel penultimo appuntamento stagionale. I critici ricordavano un Troy &ldquo;prototipale&rdquo; lunatico, incostante, dal rendimento altalenante. In effetti cos&igrave; era stato nei due anni alla corte bolognese in MotoGP, forieri di quattro podi. Nella formazione ufficiale emanata dal reparto corse italiano, &ldquo;Baylisstic&rdquo; aveva disilluso le aspettative riposte sulle sue spalle, concludendo sesto nel 2003 e quattordicesimo l&rsquo;anno successivo. Successivamente, con la squadra gialla Camel Honda, Troy non colse nulla di importante nel 2005, lasciando il gruppo con il quindicesimo posto della graduatoria generale, e lo fece in anticipo, a causa di un incidente rimediato a Brno. Ecco perch&eacute; gli addetti ai lavori non immaginavano che la scintilla si sarebbe riaccesa improvvisamente a Cheste, nel giorno del clamoroso errore che cost&ograve; a Valentino Rossi, consegnandolo nelle mani di un altro futuro ducatista come l&rsquo;indimenticabile Nicky Hayden. A Valencia, il numero 12 venne assistito nel garage Ducati dai &ldquo;suoi&rdquo; uomini, Ernesto Marinelli in primis, capotecnico con cui instaur&ograve; eccellenti rapporti professionali e umani, il manager Davide Tardozzi e il dirigente Paolo Ciabatti. I &ldquo;complici&rdquo; ne accesero l&rsquo;impulso vincente, per l&rsquo;unico successo in MotoGP collezionato dal canguro, autore del secondo crono in qualifica prima della fuga per la vittoria. Incurante della contesa valida per il titolo, Troy scapp&ograve; &ldquo;e basta&rdquo;, evitando polemiche accessorie e ricevendo complimenti che nemmeno i precedenti due allori marcati SBK gli avevano garantito. &nbsp; Troy senza fine   Loris Capirossi, a parit&agrave; di moto e gomme &ndash; Bridgestone &ndash; pur avendo vissuto la migliore annata sulla Rossa non riusc&igrave; a copiare il passo inarrestabile offerto dall&rsquo;ariete (ancora, per lo stesso segno zodiacale di Capirex) indossante il casco giallo, dedicato alla divisa della Nazionale di rugby. Proprio come un giocatore dalla palla ovale, Troy &ldquo;sfond&ograve;&rdquo; avversari, pregiudizi, critiche e malpensanti, ritoccando il curriculum personale: &ldquo;S&igrave;, Bayliss ha vinto&rdquo; qualcuno obiett&ograve;. &ldquo;Sapete perch&eacute;? Non aveva niente da perdere. Tutto qui&rdquo;. D&rsquo;accordo, la logica di classi fica non metteva pressioni ulteriori al weekend di Bayliss per&ograve;, in effetti, a parte Rossi e Hayden chi si stava giocando qualcosa di veramente grosso in quel GP Valencia 2006? Nemmeno Casey Stoner, all&rsquo;ultima sulla Honda-LCR in attesa di guidare proprio la Rossa. Mentre, l&rsquo;anno successivo, il giovane &ldquo;Aussie&rdquo; conquistava il Mondo, dominando in sella alla GP07, l&rsquo;esperto connazionale faticava un po&rsquo; nel &ldquo;suo&rdquo; campionato. L&rsquo;infortunio patito a Donington Park nel terzo round del 2007, gli sugger&igrave; di fermarsi e lui, a malincuore e con un dito a penzoloni e successivamente amputato, abbass&ograve; la testa. Atteggiamento inusuale per un ariete cos&igrave;, ma necessario: il mignolo della mano sinistra &egrave; tutt&rsquo;oggi pi&ugrave; corto di quello della mano destra, anche se a consigliargli lo stop fu la moglie Kim, accortasi come il marito soffrisse (pure) di un grosso ematoma nella zona pelvica. Procreare nuovamente era il Credo della famiglia giunta in Europa dalla parte opposta del globo, perci&ograve; il numero 1 accett&ograve; l&rsquo;intimazione dalla consorte, dedicando tempo al futuro Oliver e spianando la strada al futuro campione, James Toseland con la Honda. In quel 2007, la scintilla scoccava a volte, in altre si sopiva. Eppure, il pilota guidava al limite. Non era sufficiente. Le immancabili malelingue sostenevano che il viale del tramonto, a 38 anni, fosse ormai imbucato da colui che si era presentato in Europa in sostituzione di Carl Fogarty nel maggio del 2000, infilando in grande stile quattro avversari in staccata &ndash; e che avversari, Edwards, Chili, Yanagawa e Haga, cio&egrave; Honda, Suzuki, Kawasaki e Yamaha &ndash; portando la bicilindrica desmodromica due volte al quarto posto, meritandosi la chance di Hockenheim, pista del primo successo iridato. &nbsp; Bayliss e l'amore con la 1098   Da quel trionfo in Germania, Troy non si &egrave; pi&ugrave; fermato, rivincendo a Brands Hatch (facendo ricordare il titolo conseguito l&rsquo;anno prima nel locale British Superbike a bordo di una 996) e meritandosi la conferma per la stagione successiva nel Team Infostrada. Fiducia ben riposta, perch&eacute; il pubblico pagante e quello televisivo vennero conquistati dal carrozziere volante, rimasto umile, semplice e spontaneo anche dopo l&rsquo;alloro SBK 2001, con sei affermazioni di manche, buone per alzare il trofeo scolpito a mano da un artista di pregio e alzato al Cielo dal nuovo simbolo Ducati. Il gesto venne ripetuto a Imola nel 2006. esattamente a precedere la convocazione di Valencia per la MotoGP. L&rsquo;intermezzo 2002 e la vittoria sfuggitagli proprio sulle sponde del Santerno a favore di Colin Edwards &ndash;&nbsp;ma anche quel duello perso esalt&ograve; l&rsquo;enorme valore di Troy &ndash; venne riscattata dal secondo iride di carriera, ottenuto con la 999R. Memori di tutto questo, i detrattori di Troy, ripresosi dagli infortuni di mano e testicoli, pensarono al suo ritiro. Ma in lui era viva la scintilla. Bayliss desiderava ancora far sfiaccolare sull&rsquo;asfalto gli slider degli stivali e, a volte, carene e pedane della moto, tanto spinte dalle pieghe estreme. La nuova 1098 sembrava fatta apposta e aderiva alle sue esigenze: &ldquo;La miglior moto da corsa che abbia mai guidato&rdquo; ammise senza riserve, forte di undici manche a proprio appannaggio. Il 2008 non ne chiuse definitivamente la carriera, ma ne tir&ograve; le somme totali: 52 primi posti in SBK, tre Mondiali in bacheca, 94 podi, 26 pole position e 35 giri veloci in gara. Il tutto, sotto il segno della Rossa. Anzi, sotto il segno dell&rsquo;ariete che, qualora non lo sapeste, detiene un&rsquo;ulteriore e particolare caratteristica: sin da bambino, quel maschio bovino dotato di corna lotta con l&rsquo;incedere del tempo. Meglio fare presto tutto e subito, perch&eacute; potrebbe essere troppo tardi. E poi, non conviene affatto sentirsi vecchi, il senso di giovent&ugrave; &egrave; preferibile. Ebbene, in Portogallo gli occhi blu di Troy esprimevano la gioia del trionfo felice, alla veneranda et&agrave; di 39 anni e mezzo. Non un record di categoria, strappato da Max Biaggi con i suoi 41 anni, ma nemmeno cos&igrave; distante&hellip; Prove Amarcord: la Ducati 1098R F08 di Troy Bayliss       

L'australiano si &egrave; fatto amare non solo per i successi, ma anche per lo stile di guida estremo, l'umilt&agrave; mai smarrita, la fedelt&agrave; a Borgo Panigale

Ducati Story: Troy Bayliss, una carriera nel segno del Rosso

        Provate a fare il nome di Nori Haga in qualsiasi raduno di motociclisti di qualunque Marca e vedrete subito espressioni sognanti ed estasiati come se aveste nominato una Divinit&agrave; pagana! Il giapponese &egrave; diventato in brevissimo tempo una rockstar del paddock delle Superbike e una grande bandiera per la Yamaha. Nel mondiale SBK si erano gi&agrave; affacciati altri piloti del Sol Levante come il compianto Yasutomo Nagai proprio con la Yamaha oppure Akira Yanagawa e tutte le velocissime wild card della gara di Sugo. Esclusiva, Giacomo Agostini: "La Yamaha &egrave; stata come una famiglia per me" Fuori dagli schemi   Ma nessuno di questi aveva conquistato il cuore come questo fantastico istrione, capace di battute fulminanti e atteggiamenti da attore nato. Qualit&agrave; che si declinavano anche nel suo comportamento in pista, e che rompevano lo schema del pilota giapponese tradizionalmente compassato, educato e defilato. La miscela esplosiva era formata da questo carattere estroverso unito a uno stile di guida mai visto prima. Velocissimo, spavaldo, combattente fino al contatto fisico con gli avversari e soprattutto precursore, con pieghe da brivido con tutto il casco proiettato all&rsquo;interno delle curve e il gomito vicino all&rsquo;asfalto. La prima volta che vedemmo in azione questo fenomeno fu in occasione del round di Sugo nel 1994, dove in sella a una Ducati 888 del Team Foundation ruppe lo scarico e si present&ograve; alla squadra ufficiale per chiedere un pezzo di ricambio che, per fortuna, gli venne generosamente dato. E con la sua Ducati sponsorizzata da prodotti farmaceutici sulla carena, l&rsquo;allora diciannovenne Haga part&igrave; in seconda fila e dopo numeri da brivido fin&igrave; una volta in terra, e fu 12&deg; in Gara 2. Venne notato dalla Yamaha che lo mise in sella alle sue moto nel campionato giapponese in 250 e SBK. Il vero salto all&rsquo;interno dell&rsquo;orbita Yamaha avvenne sul finire del 1995, e fu per una tragica casualit&agrave;: avvenne quando Yasutomo Nagai, pilota titolare del Team Yamaha WSBK fu vittima di un tragico incidente ad Assen dove durante una banale scivolata, la moto impazzita gli vol&ograve; addosso. L'esplosione del fenomeno Nori   Nel 1996 alla Yamaha SBK arriv&ograve; anche Colin Edwards, e in coppia con il texano Haga domin&ograve; la micidiale 8 Ore di Suzuka, conquistando immediatamente un grande peso all&rsquo;interno del reparto corse Yamaha, perch&eacute; la gara di durata giapponese era fondamentale per le Case. E nel 1997 Haga venne iscritto come wild card alle ultime due gare del mondiale SBK, e quanto fece vedere tra Giappone e Indonesia lasci&ograve; senza fiato: il funambolico NitroNori conquist&ograve; una vittoria e tre podi e soprattutto il posto nel team ufficiale per la stagione successiva. Nel 1998 esplose il fenomeno Haga, che si present&ograve; con tre vittorie in quattro manche, guidando il Mondiale per i primi quattro round. Il rookie si trovava a combattere con la pi&ugrave; agguerrita pattuglia di fenomeni della storia della SBK: Fogarty, Slight, Edwards, Corser, Chili, Russell, ma lui mostr&ograve; subito le sue reali potenzialit&agrave;, senza timori reverenziali. Nel 1999 la Yamaha present&ograve; una moto rivoluzionaria con lo scopo di cercare di colmare il divario tra le quattro cilindri rimaste a 750 cm&sup3; e le bicilindriche ormai arrivate quasi a mille di cilindrata. La Yamaha R7 era una moto molto particolare perch&eacute; costosissima e dotata di un motore poco potente che doveva essere potenziato da un kit altrettanto costoso, ma era dotata del telaio derivato dalla 500 GP e di sospensioni racing. Insomma, una moto destinata a non avere successo commerciale ma che divent&ograve; ben presto un altro mito delle corse della Casa giapponese, poich&eacute; protagonista di fantastiche battaglie. Haga impieg&ograve; tutta la stagione per capire bene questa nuova &ldquo;arma totale&rdquo;, raccogliendo soltanto una vittoria e due podi. Ma era tutto pronto per la stagione 2000, storica per Nori Haga. Quello era un vero periodo magico per la Superbike che viveva stagioni avvincenti, con gare incerte e spettacolarissime che si risolvevano spesso all&rsquo;ultimo giro con duelli al cardiopalmo. Al contrario la bellissima classe 500 dei GP viveva un noiosissimo dominio di una sola moto, la Honda 500 NSR, che guidata da Mick Doohan addormentava tutte le gare. Nella SBK ben sei Case differenti si fronteggiavano con piloti che venivano da tutti i continenti catalizzando l&rsquo;interesse degli appassionati sia sulle piste che in TV. Il 2000 e il titolo sfiorato   La stagione 2000 della SBK fu un capolavoro di suspense e colpi di scena. Il pi&ugrave; clamoroso fu il brutto incidente alla seconda gara in Australia: il Re, Carl Fogarty, si ruppe un braccio in un tamponamento sotto il diluvio. E fu l&rsquo;infortunio che mise fine alla carriera del quattro volte campione del Mondo. La Ducati dovette cercare il sostituto, pescando Troy Bayliss, che si fece conoscere con un leggendario sorpasso a quattro avversari alla prima variante di Monza. Ma l&rsquo;australiano, nonostante le vittorie e i piazzamenti, non poteva certo lottare subito per il Mondiale, essendo entrato &ldquo;in corsa&rdquo;. Via libera quindi per due fantastici rivali come Colin Edwards in sella alla mille bicilindrica Honda e Nori Haga con la sua quattro cilindri 750 R7. Purtroppo il vero duello sportivo tra questi due talenti fu pesantemente condizionato da una serie di fatti scaturiti al termine della prima gara in Sud Africa: Haga fu squalificato per la positivit&agrave; all&rsquo;antidoping all&rsquo;efedrina. Un farmaco anoressizzante che il giapponese prendeva per dimagrire pi&ugrave; velocemente dopo il riposo invernale che lo aveva appesantito. Inizi&ograve; quindi una serie di ricorsi e appelli che ingiustamente si protrasse fino alla penultima gara, condizionando l&rsquo;esito di una stagione in cui Haga, con questa moto nettamente inferiore sul dritto, aveva tenuto testa &ndash; e a volte persino strapazzato - Edwards. Rimarr&agrave; nella storia il sorpasso esterno all&rsquo;ultima curva del Motodrom di Hockenheim, dove il giapponese si rifece, lui che sui lunghissimi rettilinei perdeva anche 15 km/h. Quel sorpasso fece impazzire il pubblico. E proprio il tributo della gente resta il vero titolo di Haga, il cui nome non compare nell&rsquo;albo d&rsquo;oro dei campioni della SBK. In quel 2000, quattro successi e 11 podi ottenuti con la spada di Damocle della sanzione (perse i 25 punti di Gara 2 in Sud Africa) non bastarono, e Haga venne sospeso per un mese, non potendo cos&igrave; vivere in pista la sfida finale di Brands Hatch. Fu una sorta di specchio della carriera di un pilota spesso vincitore di tappa (43 manche conquistate) ma mai del titolo, con tre stagioni da vice campione (due con la Yamaha, da ricordare il 2007 chiuso a soltanto due lunghezze da James Toseland) e altre quattro concluse al terzo posto. Marcellino Lucchi, il super collaudatore della 250       

Non ha mai vinto un titolo, con il rimpianto del controverso 2000, eppure il giapponese ha catturato l'attenzione del mondo SBK

Yamaha Mondiale: Nori Haga, l'uomo che lasciò il segno senza vincere

Domenica 30 settembre 2001. Per chiosare degnamente un campionato fantastico, la SBK consum&ograve; l&#39;atto finale al Santerno, nel ritorno in azione delle moto derivate di serie accolto dal grande pubblico. Nessun posto meglio di Imola avrebbe potuto sventolare l&#39;ultima bandiera a scacchi della stagione.  Cielo grigio su, foglie gialle gi&ugrave;: l&#39;atmosfera magica dell&#39;Enzo e Dino Ferrari tocc&ograve; l&#39;apice di intensit&agrave; quando dal garage Infostrada usc&igrave; la 996R numero 21, guidata dal neo iridato Troy Bayliss. Anzich&eacute; proporre i &quot;soliti&quot; colori, la Rossa dell&#39;australiano era argentea, nel voluto omaggio ad una corsa disputatasi proprio l&igrave;, nel 1972.  Quella 200 Miglia di Imola vinta da Paul Smart, deceduto ieri, vincente 49 anni fa, per una doppietta siglata da Borgo Panigale insieme a Bruno Spaggiari. L&#39;inglese e l&#39;italiano trionfarono di fronte ad una folla festante e, per ricordarne la gioia, il Marchio bolognese ebbe pi&ugrave; avanti la belissima idea di portare in carrozzeria la moto dell&#39;ex carrozziere di Taree, vestito di nero come si conveniva per la speciale occasione.  Torri Gemelle, piadina e clavicola rotta: l&#39;abbraccio tra Bayliss e Laconi     Tutti noi ricordiamo quel maledetto 11 settembre del 2001. Gli americani pi&ugrave; di tutti, comprensibilmente. Sulla griglia di partenza della SBK conclusasi a Imola avevamo Colin Edwards con il quarto crono e Ben Bostrom, quinto. Attorno al texano e al californiano, nomi quali Troy Corser, Neil Hodgson, Pierfrancesco Chili, Akira Yanagawa, Stephan Chambon. Gregorio Lavilla e Alessandro Gramigni.  Prima dello start, il minuto di silenzio. Veloce o infinito, non sapremmo definirlo. Una sirena dett&ograve; il tempo, fermatosi improvvisamente, ripresosi senza preavviso. E poi, i motori accesi dagli avviatori a ruota. Il rombo collettivo, l&#39;odore, la piadina con la salsiccia. L&igrave; c&#39;era fame di corse e di vita, Signore &amp; Signori.  La gara, fantastica, pi&ugrave; bella di Imola 2002. A battagliare per la vittoria si ritrovarono in tanti, su modelli diversi. Nel gruppo scatenato, Troy Bayliss fin&igrave; a terra malamente in uscita della Rivazza. La 996R venne centrata in pieno dalla RSV Mille di Regis Laconi, anch&#39;egli gi&ugrave;. Tra i due l&#39;abbraccio, doloroso per l&#39;australiano, che si ritrov&ograve; con una spalla spezzata. Mass&igrave;, tanto il campionato era gi&agrave; suo.  I trionfi di Xaus e Laconi, per la prima volta sulla vetta SBK     Vederlo fare pip&igrave; sul muretto che divideva il rettilineo di partenza dalla tribuna centrale, non schif&ograve; il pubblico, anzi. Ruben Xaus piaceva cos&igrave; e poi, diciamocelo, chi di non ha mai avuto il richiamo impellente della vescica? Figuriamoci a precedere Gara Uno, gi&agrave; carica per i fatti suoi.  Xaus voleva sbloccarsi, e ci riusc&igrave;: la sua 996R aveva entrambe le carene bucate, infatti, alla scritta Infostrada mancava qualche lettera, bruciata nel contatto con cordoli ed asfalto. Il catalano era tutto o niente. Quella domenica fu tutto per lui, sul podio insieme a Corser ed Edwards.  Pi&ugrave; tardi entrambi out: tra Troy e Colin uno spaventoso contatto alla Variante Villeneuve, ed il ritiro dalla seconda manche. Il pilota Aprilia rotol&ograve; nella sabbia, quello Honda torn&ograve; con la VTR ed il numero 1 moscio al box Castrol. Strada quindi aperta per Laconi: Regis era forte e la bicilindrica veneta pure. Il francese salut&ograve; tutti dall&#39;alto, in compagnia di Xaus e Tady Okada. I motori si spensero, la piadina era stata mangiata, venne l&#39;ora di tornare a casa. 

Gi&agrave; centrato il titolo, il team Infostrada e Troy gareggiarono al Santerno con una 996 dalla livrea argentea, in onore della 200 Miglia 1972 vinta dall&#39;inglese, seguito dall&#39;italiano Bruno Spaggiari

SBK, Imola 2001: l&#39;omaggio di Ducati e Bayliss a Paul Smart

Il 1998 aveva rappresentato la stagione magica di Pierfranceso &ldquo;Frankie&rdquo; Chili che finalmente sulla Ducatona ufficiale gestita da Virginio Ferrari appariva imbattibile nonostante la nutrita schiera di agguerriti avversari davvero tosti. Da Foggy e Corser con le 996 a Slight ed Edwards con le Honda senza dimenticare Haga e Russell con la Yamaha o Yanagawa con la Kawasaki. La consueta pattuglia infernale in perfetto stile Superbike pronta a darsi battaglia a colpi di carena a ogni staccata per una stagione davvero fantastica. Con Virginio che aveva creato nei paddock un&rsquo;avveniristica stazione spaziale che depositava davanti ai box con dentro tutti i ricambi perfettamente stipati e ordinatamente riposti a scomparsa, la squadra ufficiale Ducati vantava due piloti velocissimi e sempre vincenti. Inserito in questa struttura, Chili svettava su tutti e con la Rossa di Borgo Panigale strapazzava gli agguerritissimi avversari. L&rsquo;unico vero avversario di Frankie era... Chili stesso, e la sua emotivit&agrave;.  Quella passione viscerale che lo portava a vivere ogni gara con un pathos totale, che purtroppo lo port&ograve; alla scivolata di Assen, penultimo atto del Mondiale. La famosa scivolata nel duello contro Fogarty all&rsquo;ultima &ldquo;esse&rdquo; dell&rsquo;ultimo giro precluse la scalata al Mondiale di Chili, ma anche la sua permanenza in Ducati. Gi&agrave;, perch&eacute; dopo la rissa con l&rsquo;inglese in Ducati non potevano certo licenziare il campione del Mondo. Quindi il bolognese, dopo una lunga militanza in Ducati, fu obbligato a cercare una nuova cavalcatura.    SBK, Max Biaggi: &quot;Nel 2007 in Suzuki inizi&ograve; la mia nuova vita&quot;  L&#39;intuizione di Batta   Qui entra in scena un altro grande personaggio della SBK storica. Francis Batta, team manager belga passato dalla classe 500 alle neonate SBK e in quel momento capo delle Suzuki ufficiali. Sfavorite per&ograve; dal regolamento tecnico, che relegava le quattro cilindri nipponiche a soltanto 750 cm&sup3;, che risultavano penalizzati rispetto ai mille delle Ducati. Per questo, in anni di partecipazione la Suzuki aveva davvero raccolto poco con vittorie sporadiche di wild card a Sugo e poco altro. Puntare su un talento cristallino come Frankie Chili fu una mossa vincente di Batta e della Suzuki. Spinto dal senso di rivalsa e da una classe invidiabile, Chili nel 1999 riusc&igrave; in brevissimo tempo a trasformare il brutto anatroccolo in un cigno in grado di puntare per la prima volta alle parti alte delle classifiche della difficilissima SBK. Sei podi con finalmente due vittorie in Austria e Germania &ndash; seguite dal successo della wild card Akira Ryo a Sugo &ndash; per la Suzuki con la sua GSX-R 750 con i bellissimi colori della birra Corona. Una stagione per uscire dall&rsquo;anonimato diventando costante protagonista del mondiale SBK. Nel 2000 la Honda decise di schierare a sua volta un bel bicilindrico mille per correre ad armi pari contro la 998. Carl Fogarty si infortun&ograve; in Australia e Colin Edwards balz&ograve; al comando con la sua VTR mille contro un fantastico Noriyuki Haga con una Yamaha R7 nettamente inferiore alle avversarie. Ma quello era un periodo magico dove la classe e la grinta dei piloti riuscivano a colmare problemi e lacune tecniche, e Chili con la Suzuki e Haga con la Yamaha infiammavano il pubblico di tutto il Mondo.    Dieci podi e una vittoria pazzesca a Monza furono il bilancio finale di un&rsquo;altra stagione memorabile per Chili e la Suzuki. Purtroppo questa differenza di cubatura, e quindi di cavalli, creava non pochi problemi alle quattro cilindri e nella snervante attesa di equiparare tutte le SBK a mille cm&sup3; i rapporti tra il velocissimo Chili e la Suzuki iniziarono a raffreddarsi spingendo il bolognese di nuovo verso la Ducati. Un ritorno che si concretizz&ograve; a fine 2001, dopo una stagione in cui il bolognese and&ograve; sul podio soltanto a Donington, ma in grande stile: secondo in Gara 1 e vincitore in Gara 2. Nel triennio di Chili in Suzuki, la Casa nipponica vinse pi&ugrave; che in tutta la sua storia in SBK fino ad allora, uscendo dall&rsquo;anonimato tanto da convincere i suoi vertici a proseguire l&rsquo;avventura tra le derivate dalla serie. Dove all&rsquo;arrivo delle mille con la GSX-R, &egrave; diventata una delle regine della categoria.  Frankie-Francis, che coppia   Il merito &egrave; davvero dell&rsquo;accoppiata Chili-Batta, due uomini che portarono la Suzuki a livelli di visibilit&agrave; e competitivit&agrave; mai visti con una moto decisamente inferiore alle avversarie e soprattutto contro avversari terribili e agguerriti. Peraltro furono memorabili anche i confronti tra i due, iniziati da una serie di minacce da parte di Batta di andare in Argentina per ingaggiare un pilota del Motomondiale nonostante avesse gi&agrave; stipulato un preaccordo con Frankie. Batta sventolava spesso un biglietto aereo dicendo che era per l&rsquo;Argentina, ultima prova del Motomondiale. Alla fine, per&ograve;, i due firmarono il contratto e Batta confess&ograve; che in realt&agrave; si portava sempre dietro un vecchio biglietto per il Belgio, e che non aveva mai avuto intenzione di ingaggiare nessun altro, bens&igrave; soltanto mercanteggiare un po&rsquo; il compenso, alla fine stabilito molto in base ai risultati con grossi premi in caso di vittoria. Infatti si arriv&ograve; all&rsquo;A1 Ring e Chili sulla pista umida vol&ograve; al comando ma cadde, e quando rientr&ograve; ai box Batta gli chiese con un sorriso: &ldquo;Bagnino quanti soldi hai perso oggi?&rdquo;. Ma Frankie fece un capolavoro in Gara 2 portando la Suzuki alla prima vera vittoria nel mondiale SBK e sul podio url&ograve; a Batta: &ldquo;Prepara il portafoglio perch&eacute; non ci credevi nemmeno te che avremmo vinto subito!&rdquo;. Nel team l&rsquo;atmosfera era davvero amichevole e familiare soprattutto per la bravura del &ldquo;Moro&rdquo; (Alberto Colombo) ma il compagno di team Katsuaki Fujiwara sembrava remare contro e con il suo meccanico giapponese seminava zizzania perch&eacute; non credeva che la sua moto fosse identica a quella di Chili, visto il divario di risultati.  A Misano, nel 2000, Chili cadde e si ruppe una clavicola, cos&igrave; decise di fugare ogni dubbio al giapponese cedendogli la propria moto per Gara 2 ma con la raccomandazione di non toccare nulla nel set up. Con la moto preparata da Chili, Fujiwara arriva addirittura sul podio e cacci&ograve; via il suo meccanico ringraziando Frankie e dicendo a tutti i vertici della Suzuki che Chili era davvero un grandissimo tecnico. Frankie ha sicuramente segnato la storia della Suzuki ma anche del Team Batta, tanto che in tutta la sua lunghissima carriera questi tre anni rimangono un periodo che lui stesso ricorda con grande affetto e gratitudine.  Kevin Schwantz, l&#39;uomo simbolo della Suzuki 

Grazie al bolognese, la Casa giapponese entr&ograve; stabilmente nell&rsquo;elite della Superbike: vittorie, podi, scivolate e duetti irripetibili con il team manager Batta

SBK: Pierfrancesco Chili-Suzuki, la strana coppia

Oggi &egrave; un giorno speciale per Akira Yanagawa, bandiera Kawasaki da sempre e arrivato a quota 50 anni, portati benissimo, perch&eacute; ancora in sella spesso e volentieri. Nativo di Kagoshima in data 15 luglio 1971, ora residente a Itoshima-shi, il bravo pilota giapponese &egrave; stato per Akashi icona e portavoce.  Anzi, lo &egrave; tuttora: I suoi corsi di guida sono molto apprezzati in patria e le iscrizioni contano numerosi ragazzi iscritti ad ogni edizione. Ma non solo: per la Casa che ama svolge il ruolo di collaudatore, mettendo a servizio una conoscenza tecnica e filosofica del Marchio senza eguali.  Chi meglio di Yanagawa poteva rappresentare la Ninja nella SBK di fine anni Novanta ed inizio Duemila? Nessuno. Dedizione, lavoro, stile di guida, coraggio e belle parole: Akira era uno &quot;squalo&quot; pronto ad attaccare sempre e comunque e le sue tre gare vinte su 121 partenze sono corredate da 23 podi, due pole position e 6 giri veloci.  Combattente nato e mai fuori posto    Qui sopra vedete Akira nel 2000, duellare con la sua ZX-7RR, moto che ha scritto pagine di storia indelebili, sportive e relative al prodotto di serie. Con il team Eckl, sebbene fosse di stampo teutonico, il nipponico viaggiava forte, tanto da tenersi alle spalle avversari come Colin Edwards su Honda, Troy Corser con l&#39;Aprilia, Troy Bayliss e la Ducati, Aaron Slight e la VTR, Nori Haga e la R7 e la GSX-R di Frankie Chili. Ad esempio.  A motori spenti, tanta simpatia e rispetto per rivali e colleghi. Oltre a dichiarazioni sempre limpide e mai polemiche. Insomma, una pedina perfetta che il contingente di Akashi si &egrave; sempre tenuto stretto, tanto da portarselo in MotoGP, classe in cui ha militato, pi&ugrave; che da titolare, da lussuosa wild card.  Bella la Regina, ma a Yanagawa piaceva il paddock ruspante delle derivate. Pensate che la sua ultima presenza &egrave; datata primavera 2002, quando a Sugo centr&ograve; due sesti posti in mezzo ad una concorrenza decisamente pi&ugrave; giovane. E lui crede nei giovani: il suo impegno &egrave; profuso nel coltivare nuovi piloti in erba, verdi come la moto che pi&ugrave; ama.  MotoGP: lo Sky Racing Team si tinge di azzurro per la Nazionale 

Akira, portacolori iconico della Verdona di Akashi, spegne oggi 50 candeline ed ancora &egrave; spesso e volentieri in sella ad una Ninja

Buon Compleanno Yanagawa, leggendaria bandiera Kawasaki

In contemporanea con l&rsquo;avvio della Superbike, a Oschersleben prende il via l&rsquo;IDM, acronimo di Internationalen Deutschen Motorradmeisterschaft. Dal 2017, quando si corse all&rsquo;EuroSpeedway di Lausitz, il Mondiale delle derivate di serie non fa pi&ugrave; tappa in Germania.  Un&rsquo;assurdit&agrave; considerando che nel 2020 i tedeschi hanno comprato 220mila moto nuove, primato continentale. Un addio giustificato dal passaggio dell&rsquo;impianto alla Dekra che non sembrava interessata a ospitare competizioni. Invece nelle ultime tre annate il Lausitz &egrave; stato teatro di una tappa dell&rsquo;IDM.  Carl Fogarty: &ldquo;La Petronas fu un&#39;esperienza frustrante&rdquo;  I trascorsi del Mondiale Superbike in Germania   Dal 1988 al 1997 invece il Mondiale corse a Hockenheim, poi soppiantato dal N&uuml;rburgring ma soltanto per due edizioni, a causa dei pasticci verificatisi nel 1999. Due settimane prima a Monza, Carl Fogarty aveva colto una doppietta, portando a 55 punti il suo vantaggio su Colin Edwards e a 60 sul compagno di marca Troy Corser. Per l&rsquo;inglese della Ducati, la prima manche al N&uuml;rburgring rappresentava la numero 200 nel Mondiale ma l&rsquo;anno prima su quella stessa pista si era dovuto accontentare di due tredicesimi posti, a distanza dal vincitore: 1&rsquo;40&rdquo; il ritardo da Aaron Slight in Gara 1 e addirittura 1&rsquo;49&rdquo; da Frankie Chili in Gara 2. Ma pi&ugrave; che quei precedenti, a turbarlo alla vigilia fu la morte di una bimba di due anni e otto mesi, figlia di Graham e Louise, amici di famiglia, nella piscina della sua abitazione. Pur con la morte nel cuore il britannico trov&ograve; il feeling, facendo segnare il quarto tempo nelle prove del venerd&igrave; a 178 millesimi da Corser, autore del miglior tempo davanti alle Honda di Edwards e Slight. Il giorno dopo Foggy conquist&ograve; la pole con un giro di 208 millesimi pi&ugrave; rapido del primato di Mick Doohan con la Honda 500 nel 1997! Edwards si dovette accontentare del secondo posto e Slight del terzo, lontani rispettivamente 448 e 690 millesimi. Quarto Chili (Suzuki), quinto Corser, caduto al sabato cos&igrave; come Edwards.  Una vittoria con dedica   Al via per&ograve; lo statunitense fu il pi&ugrave; rapido e pass&ograve; a condurre, seguito come un&rsquo;ombra da Chili. Al quarto giro per&ograve; la Kawasaki di Igor Jerman, in quell&rsquo;istante 14&deg;, inond&ograve; di olio la curva Castrol &ndash; nomen omen &ndash; prima di accostare nel prato. Dopo una manciata di secondi la 916 di Carlos Macias rimbalz&ograve; nella ghiaia, facendo intendere che l&rsquo;asfalto fosse viscido. Non per i Marshall. Il giro dopo Edwards rischi&ograve; di fare la stessa fine ma riusc&igrave; a controllare l&rsquo;imbarcata. Non ebbe la stessa fortuna Akira Yanagawa, ritrovatosi in terra senza capirci nulla. And&ograve; meglio a Katsuaki Fujiwara che lo seguiva a pochi metri. Complice il dritto di Edwards, al 5&deg; giro Fogarty pass&ograve; a condurre con 1&rdquo;5 su Slight e Chili e 2&rdquo;5 su Colin. Quinto era Noriyuki Haga, ma quando cerc&ograve; di sterzare a destra la sua R7 si intravers&ograve; e fin&igrave; nella via di fuga, dove il giapponese perse l&rsquo;equilibrio. Al decimo giro a sdraiarsi nel medesimo punto fu Chili, mentre due curve pi&ugrave; avanti Fogarty si tocc&ograve; in fase di doppiaggio con Lothar Kraus, che rovin&ograve; a terra e poi inizi&ograve; a gesticolare come avrebbe fatto un italiano: a cenni evidenziava l&rsquo;assenza di bandiere blu che l&rsquo;avrebbero dovuto allertare dell&rsquo;arrivo dei primi.  Altri tre giri e pure Edwards and&ograve; gi&ugrave; come un sacco di patate alla curva Castrol (il suo main sponsor...). Rialzatosi il texano inizi&ograve; a tirare sassi sulla porzione d&rsquo;asfalto che l&rsquo;aveva tradito, poi a beneficio di telecamere esib&igrave; un doppio dito medio. Nessuno si era premurato di esporre le bandiere gialle con righe rosse, per indicare la presenza di sostanze estranee in pista. Colin defin&igrave; l&rsquo;organizzazione &quot;Dilettantesca e stupida&quot;. Nonostante l&rsquo;irruzione di un furioso Davide Tardozzi in direzione gara, deciso a tutelare l&rsquo;incolumit&agrave; dei piloti, i 21 giri furono completati.  Fogarty vinse con 7&rdquo;262 su Slight e mezzo minuto su Corser. Tagliato il traguardo and&ograve; a cercare l&rsquo;abbraccio della moglie Michaela, poi spieg&ograve;: &ldquo;Questa &egrave; la stata la gara pi&ugrave; importante della mia vita. Dovevo vincere, non importa come, per qualcuno che non &egrave; pi&ugrave; tra noi. Volevo vincere per la piccola Hannah, me l&rsquo;ha chiesto suo padre, l&rsquo;ho fatto per Graham&rdquo;.  Quella (s)volta che: Rossi e gli altri campioni a corto di punti 

Pur con la morte nel cuore e l&rsquo;olio in pista, l&rsquo;inglese vinse nel caos della gara tedesca. Correva l&#39;anno 1999

Quella (s)volta che: Il coraggio di Carl Fogarty al Nurburgring

La famiglia Bayliss conduceva una vita tranquilla, magari non agiata, per&ograve; avvolta da un clima di grande e invidiabile serenit&agrave;. I soldi erano pochi, il necessario per pagarsi un&rsquo;abitazione e riempire il frigorifero. Kim se la cavava bene nelle vesti di addetta alle vendite in un negozio di gioielli, Troy era un carrozziere e ristrutturava automobili, anche se preferiva le motociclette. Al braccio, al collo e sulle mani di lei pochi monili, fede matrimoniale a parte. Era elegante Kim, nel suo tailleur tutto stretto, sobrio e mai provocante. Lui, invece, era intutato come una giubba blu, si muoveva con una bicicletta e a ogni pedalata si potevano notare i calzini bianchi fare a botte con il mocassino nero, in un perfetto &ldquo;matrimonio pugliese style&rdquo;. L&rsquo;impegnativo mezzo di locomozione era utile per ci&ograve; che gli serviva: recarsi a lavoro e mantenersi in perfetta forma.  Come se saltare su e gi&ugrave; e attorno a una vecchia Holden da ristrutturare non bastasse a renderlo magro, agile, tonico. I luoghi preferiti dagli sposini erano le assolate e sabbiose spiagge di Taree, non &ldquo;commerciali&rdquo; e di grido quanto quelle della super nominata Gold Coast, ma comunque belle e piacevoli, ideali per rilassarsi. L&rsquo;apparente calma, per&ograve;, giorno dopo giorno era messa a repentaglio da un forte richiamo, pi&ugrave; che altro, da una vera passione.  Paolo Ciabatti: &ldquo;Troy Bayliss &egrave; stato il ducatista per eccellenza&rdquo;  Il richiamo della velocit&agrave;   Troy non ce la faceva pi&ugrave;. Dannazione. Vedersi sfrecciare davanti ai suoi occhi blu quella Kawasaki verde, rappresentava una provocazione, un richiamo alle armi. L&rsquo;istinto corsaiolo del non pi&ugrave; giovanissimo stava prendendo il sopravvento. Del resto, si trattava di una reazione normale: immaginate di imbrigliare Mike Tyson in una silenziosa e comoda camera di hotel e vedrete cosa produrrete. Una macchina da guerra che, una volta liberata dalla prigionia, &egrave; pronta a sparare raffiche di colpi. Il primo colpo messo a segno da Bayliss fu l&rsquo;acquisto di una Kawasaki ZXR 750. Impossibile per un passionale come lui resistere alla tentazione di possederla e il negozio in cui perfezion&ograve; l&rsquo;affare la sfoggiava in vetrina, davanti ad altri invitanti modelli. Il passo successivo, e inevitabile, avvenne con l&rsquo;iscrizione al campionato nazionale, del resto le spese da affrontare per la preparazione della moto erano, nonostante tutto, contenute. La voce pi&ugrave; pesante del budget era costituita dai viaggi. L&rsquo;Australia &egrave; un continente, spostarsi da Eastern Creek a Oran Park richiedeva soldi per il gasolio, ore di tempo e di navigazione. E fatica. Ma i buoni risultati lo incitavano a continuare, rinunciando qualche volta alle ormai classiche gite al mare.  Un bel giorno, arriv&ograve; a casa una telefonata dal responsabile del Team Suzuki Ansett Air Freight: &ldquo;Troy, che fai? Prepara tuta, casco, stivali e guanti. Si va a Phillip Island. Il Mondiale ci aspetta&rdquo;. Bayliss rivel&ograve; in seguito il suo pensiero, tutt&rsquo;ora censurabile ma comprensibile. &ldquo;C...., arrivo subito! Kim, prepara la valigia, devo andare a guidare una GSX-R nel mondiale Superbike&rdquo;. John Kocinski ancora lo ricorda. Povero Little John: non gli bast&ograve; vincere sull&rsquo;acqua la prima manche da neopilota Honda. Dopo la replica del compagno di squadra Aaron Slight, ecco l&rsquo;onta di subire un sorpasso all&rsquo;esterno, in un velocissimo e scivolosissimo curvone in contropendenza: &ldquo;Mah, non ci stavo capendo niente. Credo sia stata una wild card australiana a superarmi cos&igrave;. Mi sa che era quel Bayliss. Io avevo tutto da perdere, lui meno&rdquo;. Avr&agrave; avuto anche poco da perdere, Troy, pochi giorni prima del 28&deg; compleanno, ma due quinti posti in mezzo a gente come il gi&agrave; citato (e poi campione) Kocinski, Simon Crafar, Akira Yanagawa, Colin Edwards, Scott Russell, Pierfrancesco Chili, James Whitham e ovviamente il Re, Carl Fogarty, gli valsero una seconda telefonata.  La chiamata per il Mondiale   Era l&rsquo;autunno 1997, qualche mese dopo la memorabile impresa: &ldquo;Ehi Troy, a casa tutto bene? Perfetto. Dai, metti nella borsa stivali, tuta, guanti e casco. Si riparte per il Mondiale&rdquo;. Bayliss non rimase stupito dalla chiamata alle armi. Pi&ugrave; che altro, si chiese perch&eacute; il team manager Molenaar avesse elencato il vestiario da portare in un ordine dissimile da quello propostogli mesi addietro. Ognuno ha i suoi gusti. Michael Doohan &ndash; e non soltanto lui &ndash; rimase a bocca aperta. La RGV 250, messa insieme con filo e rattoppi, con il dannato Aussie volava. D&rsquo;accordo, Ralf Waldmann e Max Biaggi con le Honda &ndash; a giocarsi il titolo in quell&rsquo;ultima gara a Phillip Island &ndash; erano di un altro passo, ma Olivier Jacque, Takeshi Tsujimura e Tetsuya Harada dovettero difendersi dagli attacchi scatenati del numero 30, che perse la volata per il podio anche per una palese inferiorit&agrave; tecnica manifestata soprattutto in rettilineo. Perch&eacute; in curva, non ce n&rsquo;era per nessuno, chiedete a Stefano Perugini, rimasto battuto con la sua Aprilia ufficiale in quella battaglia a cinque. Troy, per&ograve;, torn&ograve; a casa non soddisfatto. Lui desiderava salire sul podio, di fronte alla sua gente. Lui voleva battere gli avversari dotati di un mezzo superiore. Lui anelava un posto fisso nel Mondiale. Lui era in cerca di ingaggi.  Nell&rsquo;inverno del 1998 un ingaggio gli fu proposto. Se nelle situazioni precedenti un piccolo trolley era sufficiente per raggiungere Phillip Island, dopo la telefonata via Regno Unito-Australia, i coniugi Bayliss capirono che, prima di salutare le spiagge di Taree, sarebbe stato meglio procurarsi giacche a vento, maglioni e ombrelli. Il British Superbike accoglieva Troy. Una volta sbarcato con la moglie e i due figli Mitch e Abbie, l&rsquo;abbronzato australiano cap&igrave; subito che, da quelle parti, sarebbe stato meglio dimenticare la tintarella e pensare ad altro. Pioggia e vento potevano anche (ogni tanto) andare bene. Il freddo no, davvero. Nei momenti da passare in casa, prima che partisse la stagione da affrontare con il Team GSE, ogni cintura dei membri della famiglia andava stretta, per benino. Tradotto in soldoni... Di soldi se ne vedevano pochi e il cielo era sempre pi&ugrave; grigio. Ma una volta in pista, qualcosa cambi&ograve;. Il ruggito del possente bicilindrico desmodromico riaccese lo sguardo di Troy, che si innamor&ograve; di primo udito e a prima vista della Ducati, moto passionale, estrema. Pura. Come lui. &ldquo;C&hellip;., queste piste sono da fuori di testa&rdquo;. Mica fu il solo a dirlo. Ma l&igrave; avrebbe dovuto correre, per almeno due stagioni. Nel frattempo, il gran salto di Cadwell salut&ograve; la prima vittoria d&rsquo;Oltremanica, davanti a un pubblico che asser&igrave;: &ldquo;Questo fottuto australiano va forte&rdquo;. E come se andava forte.  La seconda chance propostagli, datata 1999, si rivel&ograve; trionfale. Bayliss e la 916 RS erano un tutt&rsquo;uno. Uno, anzi. Come il numero finale conquistato, mai sfoggiato, per&ograve;, perlomeno da quelle parti, perch&eacute; a bordo di altri aerei doveva proseguire quel work trip, il viaggio di lavoro intrapreso due anni prima. E vai di valigia. Ernesto Marinelli e lo staff del Team Ducati Vance &amp; Hines non potevano crederci. L&rsquo;australiano vedeva per la prima volta la micidiale pista di Daytona, e girava gi&agrave; a pochi decimi dagli specialisti americani. Soprattutto sul banking, il muro sopraelevato, Troy mostrava di che pasta era fatto: manetta aperta nella Curva 4, da affrontare a pi&ugrave; di 250 chilometri orari, forse 270: &quot;Si schianter&agrave;, questo &egrave; sicuro&quot; le parole udite da pi&ugrave; di un presente. Sbagliate. Bayliss si fece notare come rivelazione dei test AMA, su una Ducati 996 cucitagli addosso. Il connazionale Mat Mladin, poi plurivincitore negli States, iniziava gi&agrave; a preoccuparsi: &quot;Qui il canguro sono io, non voglio che nessuno distrugga il giardinetto verde che sto costruendo&quot;. Troy ci and&ograve; vicino a farlo. In testa per tutta la 200 Miglia, vide sfumare il successo al debutto per una banale scivolata, avvenuta all&rsquo;ingresso dell&rsquo;Infield, dove era presente una impercettibile ma traditrice buca sull&rsquo;asfalto. Che disdetta. Le cose non andavano bene ma negli USA, specialmente in Florida e California, splendeva il Sole. Che bello, ricordava tanto casa. L&rsquo;Australia. Quasi quasi conviene pure fermarsi qui, e poi &egrave; importante riceverle puntualmente uno stipendio. Ah, ma quanto &egrave; bella questa Ducati, finalmente tutta rossa. S&igrave;, questo &egrave; il colore giusto. Altrimenti, sarebbe stata forte la tentazione di riverniciarla. Lui, lo sapeva fare, del resto.  &ldquo;Convocate quello l&igrave;, come si chiama? Ma s&igrave;, l&rsquo;australiano che ha vinto nel BSB e che andava forte a Daytona. Bayles. No, Bayliss. S&igrave;, proprio lui. Fogarty ne avr&agrave; per un bel po&rsquo;, dobbiamo portare a Sugo due piloti ufficiali&rdquo;. La leggenda narra che la convocazione nacque pi&ugrave; o meno cos&igrave;. Il Team Ducati Infostrada era in allarme. Il numero 1 della SBK era fermo. Carl si era fatto male. The King non si rialz&ograve; con le sue gambe dal terribile tamponamento avvenuto a Phillip Island. Gi&agrave; nella prima manche bagnata, a Foggy non and&ograve; gi&ugrave; lasciare la vittoria ad Anthony Gobert con la Bimota, ecco perch&eacute; l&rsquo;inglese bramava riscatto in Gara 2, ma l&rsquo;impatto con Robert Ulm sanc&igrave; la fine del suo regno. Ben Bostrom era preoccupato. Il sorridente californiano temeva tantissimo la prima curva di Sugo e sapeva che le wild card giapponesi erano paragonabili a incoscienti kamikaze. Due partenze, due &ldquo;crash&rdquo;, in fagiolate di gruppo.  Il capolavoro di Monza 2000   Tra i tanti a terra, Bostrom in Gara 1, ma a Bayliss and&ograve; peggio: due manche, zero giri completati. Un rivale gli pass&ograve; tra capo e collo, lasciandogli segni evidenti di gomma Dunlop sulla pelle. Come esordio da pilota factory nel mondiale fu &ldquo;Una m...&rdquo;, come non dargli ragione? La Ducati lo risped&igrave; negli USA. Urgeva correre ai ripari, ed ecco Luca Cadalora a Donington. Davanti al pubblico di Fogarty, la stella dei GP, due volte iridato nella 250 e otto volte vincitore in 500, fall&igrave;. Non lo affermiamo noi, lo raccontano le classifiche. Un ritiro e un diciassettesimo posto non sono accettabili da uno che su quella pista conquist&ograve; il primo successo in 500. A casa pure lui. &ldquo;Dai, riproviamo con Bayliss. Dopotutto, in Giappone &egrave; stato sfortunato. Schieriamolo a Monza, magari l&igrave; si trova bene. Ci sono curvoni e staccate, ci&ograve; potrebbe favorire il suo stile di guida&rdquo;. E che stile, ragazzi. Scintille ovunque, corpo storto avvitato in sella e movimenti degni di Yuri Chechi. Troy andava forte, se ne accorsero tutti. Nella gara pomeridiana, il capolavoro che segn&ograve; la sua storia e quella della SBK. Noriyuki Haga, Yanagawa, Chili ed Edwards, infilzati da un solo fendente dalla Rossa numero 21, al comando con una micidiale staccata alla fine del rettilineo d&rsquo;arrivo. &Egrave; giusto riportare i commenti del pubblico in tribuna: &ldquo;Ma come caspita ha fatto, chi &egrave; quello l&igrave;, da dove arriva?&rdquo;. Presto lo avrebbero saputo.  Continua  Carl Fogarty, il Campione allergico alla sconfitta 

Dall&rsquo;Australia alla conquista del mondo, grazie al talento e al coraggio: l&rsquo;incredibile epopea di Bayliss, che debutt&ograve; in ambito iridato a quasi 28 anni, incarnando l&rsquo;immagine del pilota pi&ugrave; amato dai ducatisti duri e puri

SBK: Troy Bayliss, l&#39;uomo con la valigia

Paolo Ciabatti, oggi, &egrave; Ducati Corse Sporting Director e si occupa sia di MotoGP che delle derivate di serie. Nella stagione 2000, per&ograve;, ovvero nel momento cruciale del passaggio di consegne tra Carl Fogarty (costretto ad abbandonare le corse per un serio infortunio alla spalla rimediato nel secondo round in Australia) e Troy Bayliss, era il SBK Program Director della Casa di Borgo Panigale e seguiva le vicende del box del team interno nel campionato che stava diventando il &ldquo;giardino&rdquo; della Ducati.  Fu Ciabatti, con il suo viaggio negli States all&rsquo;inizio di quell&rsquo;anno, l&rsquo;artefice della scoperta e dell&rsquo;arrivo dell&rsquo;australiano nel Mondiale e proprio attraverso le sue parole ripercorriamo quella stagione &ldquo;simbolo&rdquo; per la storia sportiva della Ducati.  Qual &egrave; il tuo primo flash della stagione 2000?  &ldquo;L&rsquo;AMA Superbike. Alla fine del 1999 proponemmo a Troy, che aveva appena vinto il titolo BSB con la 996 del Team GSE Racing, di correre per noi il campionato americano. Fece i test prestagionali di Daytona, centrando il miglior tempo. Andai a marzo in USA per la 200 Miglia, lo conobbi e trascorsi alcuni giorni con lui. Aveva un carattere e un&rsquo;umanit&agrave; incredibili...In gara fu fantastico, su una pista che &lsquo;intimidisce&rsquo;, senza esperienza, rimase in testa per molti giri davanti a gente co-me Nicky Hayden e Mat Mladin, ma poi fu costretto a ritirarsi per una caduta causata anche da un problema tecnico. Quella sera ci ritrovammo al bar dell&rsquo;albergo e davanti a una birra lui mi chiese scusa per essere caduto e mi disse che quella gara l&rsquo;avrebbe assolutamente voluta vincere. In quel momento mi innamorai sportivamente di Troy Bayliss. Quello fu l&rsquo;episodio chiave che in qualche modo diede vita al fenomeno Bayliss, perch&eacute; quando Fogarty si fece male io pensai subito a lui per sostituirlo&rdquo;.  Cosa ricordi di quel momento?  &ldquo;Eravamo partiti nel 2000 con l&rsquo;obiettivo di rivincere il titolo per la quinta volta con Fogarty e con la &lsquo;scommessa&rsquo; del campione AMA, Ben Bostrom, all&rsquo;esordio nella squadra ufficiale. Perdere Carl alla seconda gara a causa di un brutto incidente in Gara 2 che gli caus&ograve; una grave frattura alla spalla, ci fece passare in un attimo da favoriti per la vittoria a inseguitori, con Bostrom in difficolt&agrave; ad adattarsi a pneumatici e circuiti totalmente nuovi. Io non ero a Phillip Island quando avvenne l&rsquo;incidente e ci ritrovammo subito a dover pensare auna soluzione per sostituire Foggy per la gara in Giappone, in programma sette giorni dopo. Ci sentimmo al telefono con Claudio Domenicali e Davide Tardozzi e lanciai l&rsquo;idea di chiedere a Troy la disponibilit&agrave; di correre le due gare mondiali di Sugo. A Daytona mi aveva impressionato e credevo molto in lui. Per di pi&ugrave;, in quei giorni era tornato a casa per preparare il trasloco per gli States e sapevo che dall&rsquo;Australia al Giappone, il viaggio sarebbe stato abbastanza rapido...&rdquo;.    Carl Fogarty, il Campione allergico alla sconfitta  Il tentativo con Cadalora e il &quot;ritorno&quot; di Bayliss   Cosa ti rispose, Troy?  &ldquo;Mi disse subito di s&igrave; pur sapendo di esporsi a un rischio, visto che non conosceva la pista, le gomme e la squadra. In pi&ugrave;, il suo arrivo cre&ograve; qualche problema logistico: aveva la tuta negli States ma per fortuna lui e Carl avevano un fisico simile cos&igrave; i meccanici scucirono il nome di Fogarty dalla sua tuta e... Ecco fatto. Troy non si qualific&ograve; bene e in entrambe le gare venne buttato fuori ne primi metri, credo da una wild card giapponese. Il primo impatto con la squadra ufficiale non fu quindi dei migliori e nel frattempo noi eravamo in attesa di capire i tempi di recupero di Fogarty anche se ci apparve chiaro che sarebbero stati lunghi. La prestazione di Troy, con tutte le scusanti del caso, non aveva dato un responso chiaro e avendo noi un contratto in essere con Luca Cadalora come test rider, decidemmo di dare a lui una chance. Anche perch&eacute; conosceva bene Donington, sede della tappa successiva. Ma le sue gare non furono esaltanti e qualche settimana dopo, ci ritrovammo con lo stesso problema a Monza. Pista non facile, tra i round pi&ugrave; attesi della stagione, anche dal nostro sponsor di allora, con una folla oceanica di appassionati&rdquo;.&nbsp;  Fu il momento di un&rsquo;altra decisione importante. Anzi, decisiva...  &nbsp;&ldquo;Discutendo di nuovo con Domenicali, Tardozzi e con il presidente di allora, Federico Minoli, decidemmo che era il caso di riprovare con Bayliss. E lo richiamai io&rdquo;.  Come fu l&rsquo;approccio di Bayliss in quella telefonata?  &ldquo;Partiamo dicendo che, dopo Sugo, ci rimase male per non essere stato confermato. Torn&ograve; negli States ed era gi&agrave; pronto per correre il campionato AMA. Rispose non bene, con un po&rsquo; di disappunto perch&eacute; riteneva che avremmo dovuto dargli una seconda chance a Donington, che lui conosceva molto bene avendoci corso per due anni nel BSB. Gli spiegai che Monza per noi era una gara importantissima e che ci avrebbe &lsquo;tolto le castagne dal fuoco&rsquo;. Alla fine si convinse e credo che disse di s&igrave; anche grazie al rapporto che si era creato tra noi. Le due gare di Monza se le ricorda-no tutti gli appassionati... Ho ancora la pelle d&rsquo;oca dopo 20 anni&rdquo;.    La staccata di Monza 2000   Alla variante pass&ograve; Yanagawa, Chili, Edwards e Haga con una staccata impossibile a ruota alzata.  &ldquo;In quel momento divent&ograve; l&rsquo;eroe degli appassionati e di tutti i ducatisti. Con il suo grande talento e il grande cuore, quel quadruplo sorpasso segn&ograve; il resto della sua carriera&rdquo;.  &nbsp;Quale fu la tua reazione?  &ldquo;In Ducati eravamo in difficolt&agrave;. In quegli anni correvamo soltanto in Superbike ed eravamo passati in poco tempo dall&rsquo;euforia del quarto titolo con Fogarty alle incognite di una squadra con un pilota, Bostrom, che stava facendo apprendistato nel Mondiale e un altro, Bayliss, che era una vera scommessa. Un rischio, una carta a sorpresa. Lui, in una situazione non certo ideale perch&eacute; non conosceva pista, gomme e squadra, ebbe il coraggio di fare una manovra impossibile alla sua prima &lsquo;vera&rsquo; gara da aspirante ufficiale. In quel momento, al box scoppi&ograve; un applauso incredibile e usc&igrave; anche qualche lacrimuccia, perch&eacute; capimmo che avevamo ritrovato ci&ograve; che avevamo perso in modo del tutto inaspettato qualche settimana prima. Un pilota di talento, capace di esprimersi al massimo e potenzialmente da titolo&quot;.  &nbsp;Dopo la gara, arriv&ograve; il terzo s&igrave; di Troy...  &ldquo;I meccanici erano rapiti dal modo di fare di Troy sia per come si comportava al box che per quanto faceva in pista. E ci pregarono di tenerlo. Alla fine della gara ci riunimmo di nuovo al box per fare un discorso chiaro e onesto: sapevamo che Fogarty non sarebbe tornato presto quindi proponemmo a Troy di correre tutte le gare del Mondiale dicendogli anche che, nel caso di un ritorno di Carl, le moto a sua disposizione non sarebbero pi&ugrave; state due ma soltanto una, perch&eacute; non avevamo i mezzi permettere in pista sei moto per tre piloti. Ci pens&ograve; un po&rsquo;, ma non molto. Accett&ograve; perch&eacute; il suo sogno era quello di correre il mondiale Superbike ed era disposto a prendersi il rischio e accettare le nostre condizioni. Risolvemmo altri problemi logistici, visto che il container con tutti i a sua roba era gi&agrave; partito dall&rsquo;Australia in direzione USA ma fu &lsquo;deviato&rsquo; a Montecarlo, dove prese la residenza. In quel momento divent&ograve; l&rsquo;altro pilota del nostro team e a Hockenheim, nella gara successiva, fu affiancato in squadra da Juan Borja, che sostitu&igrave; Bostrom mentre l&rsquo;americano prese il posto dello spagnolo nel Team NCR. Proprio in Germania, in Gara 1 e su un circuito non certo facile e che non aveva mai visto, Bayliss vinse la sua prima gara nel mondiale Superbike&rdquo;.  Fu anche una tua vittoria.  &ldquo;Fu la conferma che avevamo visto giusto. Avevamo un pilota che si faceva voler bene da tutti, con un talento incredibile e con enormi &lsquo;attributi&rsquo;. Dava il 110% di quello che aveva, dimostrando una gratitudine verso la squadra e verso l&rsquo;opportunit&agrave; che gli era stata data, un atteggiamento che &egrave; difficile trovare in altri piloti. Dopo il podio, io che sembro duro e impassibile, ma in realt&agrave; sono molto sensibile, andai all&rsquo;hospitality a farmi un bel pianto: era la liberazione da un incubo e anche una scommessa personale vinta. La conferma che quello che avevo visto a Daytona era giusto&rdquo;.    SBK, Carl Fogarty: &ldquo;Ducati mi faceva sentire il numero uno&rdquo;  &quot;Senza infortunio, Carl avrebbe vinto ancora&quot;   Cosa ti ha lasciato, a livello umano e professionale, il periodo vissuto con Bayliss?  &ldquo;&Egrave; stata la pi&ugrave; bella esperienza professionale e sportiva di tutta la mia vita. Ho conosciuto un grande pilota e un grande uomo, con le sue debolezze com&rsquo;&egrave; normale che sia, ma davvero grande. Un amico vero, con il quale ho trascorso dei bei momenti anche fuori dalle competizioni e con il quale mi sento regolarmente ancora oggi. Lui &egrave; riuscito a diventare per tutti gli appassionati e per tutti i ducatisti &lsquo;IL&rsquo; ducatista: &egrave; arrivato alle gare non pi&ugrave; giovane, ha ottenuto le vittorie con grandi sacrifici e poi non posso dimenticare anche quella vittoria in MotoGP a Valencia nel 2006... Fu un momento di svolta professionale anche per me, perch&eacute; alla fine di quell&rsquo;anno, con quel trionfo ottenuto contro tutto e contro tutti e pensando di aver raggiunto l&rsquo;apice della mia avventura con la Ducati, lasciai Borgo Panigale e passai a occuparmi dell&rsquo;organizzazione del mondiale Superbike per Infront&rdquo;.    Chiudiamo con Fogarty: senza quell&rsquo;infortunio in Australia avrebbe vinto il quinto titolo?  &ldquo;Credo proprio di s&igrave;. Carl era determinatissimo, convinto di potercela fare. Colin Edwards, uno degli avversari pi&ugrave; ostici e competitivi che abbiamo mai avuto nella storia della Superbike, con la Honda gliel&rsquo;avrebbe fatto sudare ma penso che alla fine, anche per come era partito nei test prestagionali, Fogarty ce l&rsquo;avrebbe fatta. Oltretutto aveva a disposizione una moto molto competitiva, la Ducati 996. Purtroppo quell&rsquo;incidente a Phillip Island pose fine alla sua fantastica carriera&rdquo;.  SBK, Carl Fogarty: cosa dicono di lui gli altri piloti 

&quot;Il ko di Fogarty nel 2000 ci fece passare dall&rsquo;euforia a una situazione ricca di incognite. Mi ricordai di quell&rsquo;australiano che mi aveva impressionato a Daytona: Bayliss conquist&ograve; tutti con il sorpasso quadruplo di Monza, e vincendo a Hockenheim mi fece... Piangere&quot;

Paolo Ciabatti: &ldquo;Troy Bayliss &egrave; stato il ducatista per eccellenza&rdquo;

        During an historic age of big personalities, Ben Bostrom was the most-loved SBK rider. With his good looks, particular riding style and lifestyle, the fans loved the American, who came to Europe to compete for Ducati in the production-derived series, a championship that, back then, was synonymous with fun. Ben now lives in Las Vegas, Nevada where he is settled with his family and, as he himself states: "Today I&rsquo;m a professional dad, and it makes me happy. Between one cartoon and the next, I watch the races on TV. I think the championships are still hard fought&rdquo;. And he would know, seeing as he now commentates on them for leading American channels. When he&rsquo;s not cycling, the former rider recalls his battles with the likes of Bayliss, Haga, Corser, Hodgson, Edwards, Toseland, Fogarty, Yanagawa, Okada, Chili, Crafar, Lavilla, Slight. To name but a few. Leaving the US wasn&rsquo;t painful for him, but it was challenging. BB soon got used to European ways though. The AMA title with Honda and the triumphant wildcard with Ducati  HRC wanted just one thing, to conquer America. So management basically said to Ben: "Listen, you have to get the RC45 over the line, always. Don&rsquo;t take any risks. The important thing is the number 1 at the end". And so it was that &ldquo;soldier Ben&rdquo; got the job done, securing the 1998 AMA title without ever actually winning a race. Who cares, he thought. I&rsquo;m going to Ducati anyway. Who cares about the Laguna podium with Honda, it would be better to win as a wildcard. And so he did. Bostrom wore Vance &amp; Hines colours, sharing the garage with a certain Anthony Gobert. How did the wildcard race go? Great. Second and first place. The King of the Corkscrew was able to pass his rivals right and left, in braking and acceleration. Back in Borgo Panigale they said: "Get him to come to Europe&rdquo; and he took the first flight to Bologna. &nbsp; A tough start and the Caracchi &lsquo;hijacking&rsquo;  Ben had a lot to learn when he debuted in WorldSBK, from the environment to the bike, the tyres and the tracks. And his rivals. What rivals they were! Carl Fogarty was a tough team-mate, but the King then sustained an injury at Phillip Island in 2000 and retired from competition. Number 155 was expected to step into the role of team captain following the Brit&rsquo;s abdication, but it proved to be too much responsibility. Juan Borja was called up to the factory Infostrada team, while Bostrom was transferred to the NCR squad. This move proved fundamental, because the American soon found himself back at the sharp end, scoring podiums and playing a starring role in the races. Ducati continued to believe in him and put together the L&amp;M team, with which BB raced for two full seasons at the peak of his career An exceptional 2001, 2002 troubles, the 2005 Honda interlude, and MotoGP  &nbsp; With six wins and three podiums to his name, BB finished fourth overall in the 2001 SBK championship, riding a Dunlop-shod Ducati for team L&amp;M. After a win at the tricky Kyalami track, further success came at Misano and Brands Hatch, his series of wins projecting him well up the standings. Yet problems arrived the following year. Ben later returned, in 2005, with the team Renegade Honda, but the bike proved far from competitive. He had fun anyway and the public loved him more than ever. His seasons in the AMA championship went very well, so much so that he received a call from MotoGP. Or rather Lucio Cecchinello. Ben got to ride the Honda RC 212V at his home track of Laguna Seca, and despite a DNF, he enjoyed the experience, although he did point out that: &ldquo;To be quick, you need to use a lot of electronic controls. I don&rsquo;t like that, I prefer to rely on my right wrist&rdquo;. Translated by Heather Watson Whatever happened to: Troy Corser       

The Californian was one of the best-loved riders of the pre-electronics era. Today he&rsquo;s a proud father, trains with the bicycle each day, rides all kinds of bikes and commentates on MotoGP for American TV

Whatever happened to: Ben Bostrom

Erede di Fogarty nel cuore dei ducatisti e secondo aussie ad aver portato in alto la bandiera nel Mondiale Superbike, Troy ha un passato non molto fortunato nel Motomondiale ma concluso nel migliore dei modi con la vittoria pazzesca di Valencia 2006 in sella alla Desmosedici GP6 come gara premio per il secondo Mondiale Superbike.  Troy Bayliss oggi &egrave; una bandiera Ducati ed il co-proprietario del team DesmoSport nell&rsquo;ASBK, team che ha fatto incetta di titoli nazionali e che nel prossimo campionato vedr&agrave; il debutto di Oli in sella alla Panigale V4R che &egrave; stata del padre.  Gli inizi ed il titolo nel BSB   Nato a Taree il 30 marzo 1969, l&rsquo;inizio di carriera &egrave; piuttosto faticoso. Deve iniziare a lavorare come carrozziere per trovare il budget per pagarsi le gare. Nel 92 alla &ldquo;tenera&rdquo; et&agrave; di 23 anni, ritorna nel motociclismo dopo averlo abbandonato per mancanza di soldi e per non essere emerso subito. Si iscrive al campionato australiano 250SP con una Kawasaki per poi passare alla 600 nel 93.  Dal 94 al 95 disputa prima il campionato aussie 600 e nel 96 sale in Superbike con la Kawasaki ufficiale chiudendo al terzo posto. Il risultato ottenuto gli permette nel 97 di disputare una wild card nel Mondiale Superbike nella sua Australia ottenendo due quinti posti a 28 anni.  Nel 97 disputa anche il Gran Premio d&rsquo;Australia del Motomondiale nella 250 con una Suzuki chiudendo sesto.  Con l&rsquo;et&agrave; non dalla sua parte per il Motomondiale, il BSB gli spalanca le porte. Nel 98 si trasferisce in Inghilterra disputando la prima stagione con la Ducati 996 del team GSE. Chiude ottavo in campionato, tanto basta per essere riconfermato. Troy ripaga la fiducia dominando la stagione 99 con 7 vittorie e 14 podi e vincendo il titolo inglese.&nbsp;  L&rsquo;AMA Superbike ed il primo stint nel Mondiale   La vittoria nel BSB basta a Ducati per prenderlo tra le sue file nel 2000. Prima di farlo debuttare nel Mondiale, Ducati decide di dirottarlo nella Superbike americana con il team Vance &amp; Hines. L&rsquo;avventura inizia con il botto con la pole nella prestigiosa 200 miglia di Daytona che conduce fino al ritiro per rottura del motore. Nel Mondiale Ducati incappa in un problema serissimo: l&rsquo;infortunio di Fogarty in Australia che toglie dalla lotta per il mondiale il 4 volte campione. Tardozzi e Ciabatti lo chiamano in fretta e furia per portarlo dall&rsquo;America in Giappone. Il debutto a Sugo &egrave; da dimenticare: doppio ritiro. Sembra una bocciatura, Troy viene rimandato in America e per Donington viene chiamato Luca Cadalora ma il modenese non riesce ad incidere. Ducati richiama Bayliss per la gara di casa di Monza.    La &ldquo;Monster Brake&rdquo; (cit. Akira Yanagawa) di Monza&nbsp;  Secondo tentativo in Superbike per Bayliss, la pista di casa per Ducati: Monza. Troy non conosce il tracciato brianzolo, la moto, le gomme, e la Superpole eppure tira fuori una super prestazione con un doppio quarto posto nelle due gare. L&rsquo;highlight del round di Monza per&ograve; &egrave; la super staccata che lo porta da quinto a primo dopo la Prima Variante.  &nbsp;  Quel doppio quarto posto basta per i vertici Ducati per confermare Bayliss fino a fine stagione. Centra due vittorie, Hockenheim e Brands Hatch oltre ad altri 7 podi che gli permettono di chiudere al sesto posto con 243 punti.  Nel 2001 parte come pilota titolare del team Ducati Infostrada con al suo fianco lo spagnolo Ruben Xaus. La stagione del &ldquo;Carrozziere&rdquo; &egrave; stellare: 6 vittorie, 15 podi ed il titolo Mondiale vinto con un round di anticipo. Ad Imola in gara-1 si rompe la clavicola dopo un contatto con l&rsquo;Aprilia di Laconi e non disputa gara-2    La prima parte della stagione 2002 &egrave; semplicemente implacabile portandosi a casa 14 gare su 18. Spartiacque di quella stagione la 8 ore di Suzuka. Da quella gara Edwards non sbaglia un colpo mentre Bayliss ha un decisivo e letale colpo a vuoto, il ritiro di gara-2 ad Assen. Troy chiude al secondo posto con 541 punti, 11 in meno di Edwards che porta a due i suoi mondiali.  Il Motomondiale: 250, MotoGP e la vittoria a Valencia 2006   Dopo aver &ldquo;assaggiato&rdquo; il Motomondiale nel 97 con la wild card in 250 in Australia chiusa al sesto posto, Troy entra in MotoGP con Ducati nel 2003 al fianco di Loris Capirossi. Centra 3 podi, Spagna, Germania e Brno oltre ad altre 9 top 10 per la sesta posizione finale in campionato con 128 punti.  La stagione 2004 &egrave; molto difficile per Bayliss, la Desmosedici GP4 &egrave; una moto ingestibile e l&rsquo;australiano riesce a completare solamente met&agrave; delle gare in calendario portando a casa un solo podio, nella gara finale di Valencia. 14^ posizione finale in campionato con 71 punti.  Nel 2005 Ducati gli preferisce Carlos Checa e Troy passa al team Camel Honda di Sito Pons. Due sesti posti per una stagione che si conclude anzitempo dopo la gara di Brno cortesia di una frattura del polso in pi&ugrave; punti in allenamento. Stagione conclusa al 15&deg; posto con 54 punti.  Torna in MotoGP nel 2006 per l&rsquo;ultima gara di Valencia come premio per il Mondiale Superbike 2006 con Ducati. Prima ed unica vittoria in MotoGP dominando la gara davanti al compagno di squadra Capirossi nel giorno del titolo mondiale di Hayden.&nbsp;  MotoGP Valencia amarcord: la vittoria di Bayliss nel 2006 - FOTO  Il secondo &ldquo;stint&rdquo; in Superbike: i titoli del 2006 e 2008 ed il ritiro   Nel 2006 torna in Superbike con Ducati in sella alla 999F06 gi&agrave; campione nel 2003 e 2004 con Hodgson e Toseland ma che nel 2005 ha faticato contro le 4 cilindri Honda e Suzuki. La stagione &egrave; incredibile: 12 vittorie, 16 podi complessivi e secondo titolo mondiale in carriera con tre gare d&rsquo;anticipo.  La stagione 2007 &egrave; una fotocopia della 2005 con la 999 arrivata ormai al capolinea dello sviluppo. Troy ci mette tanto del suo (anche una falange) per rimanere aggrappato alle velocissime Honda, Yamaha e Suzuki. La caduta di Donington per&ograve; gli pregiudica il prosieguo della stagione e non disputa gara-2. Si fa amputare una falange per essere al via nel round successivo, quello di Valencia. La stagione disputata da Troy &egrave; sui suoi livelli: riesce a portarsi a casa 6 vittorie e 13 podi complessivi. Chiude al quarto posto in campionato con 372 punti, 43 in meno del neo bi-campione Toseland.  Nell&rsquo;inverno del 2007 annuncia che il 2008 sar&agrave; l&rsquo;ultimo anno di carriera. A fine 2007 Ducati presenta la 1098, l&rsquo;arma con la quale Bayliss cercher&agrave; di riprendersi il titolo mondiale. La stagione 2008 parte con 5 vittorie nei primi 4 round, prosegue con alcune battute a vuoto (5 zeri complessivi: Monza gara-2, le due gare di Miller, Donington gara-2 ed il 16&deg; posto di Vallelunga in rimonta dopo la caduta al tornantino) e si chiude con la doppietta di Portimao dopo aver festeggiato il terzo titolo mondiale in Francia.  Chiude una parentesi della sua carriera in Superbike con 3 mondiali, 52 vittorie (secondo All Time dietro a Fogarty), 94 podi in 156 gare.  Gli ultimi anni   Appeso il casco al chiodo, continua a fare il tester per Ducati per i nuovi modelli destinati al Mondiale Superbike rimanendo legato alla Rossa come brand ambassador mondiale.  Nel 2015 viene richiamato dal team ufficiale Aruba.it per sostituire l&rsquo;infortunato Davide Giugliano nei round di Australia e Thailandia. Nelle 4 gare disputate raccoglie 15 punti ed i tre raccolti in gara-1 in Australia con la 13^ posizione alla veneranda et&agrave; di 45 anni, 10 mesi ed 8 giorni gli permettono di diventare il secondo pilota pi&ugrave; anziano ad aver segnato punti in Superbike dietro a Frantisek Mrazek che a Mosport nel 91 stabil&igrave; il record di pilota pi&ugrave; anziano con i suoi 55 anni e 25 giorni.  Dopo gara-2 di Buriram annuncia il suo definitivo ritiro dalla Superbike Mondiale tornando per&ograve; un&rsquo;ultima volta nel round australiano del 2018 insieme ai piloti dell&rsquo;ASBK.  Dal 2016 ad oggi &egrave; attivo nell&rsquo;ASBK sempre con Ducati diventando il co-proprietario del team DesmoSport.  L&#39;Australia e la Superbike: una lunga storia d&#39;amore 

Dopo Corser e Vermeulen ecco un altro membro della &ldquo;Australian Connection&rdquo;: l&rsquo;aussie pi&ugrave; vincente nel Mondiale Superbike, colui che si &egrave; fatto tagliare una falange pur di continuare a correre un weekend, vincitore dell&rsquo;ultima gara in MotoGP del 2006 con Ducati

Che fine ha fatto: Troy Bayliss

In un periodo storico zeppo di super personaggi, Ben Bostrom era il pilota SBK pi&ugrave; amato. Look, stile di guida e stile di vta, gli appassionati adoravano il californiano, nativo di Redding, arrivato in Europa per rappresentare Ducati nella massima categoria delle derivate di serie che, all&#39;epoca, era il massimo del divertimento.  Ben vive a Las Vegas, Nevada. L&igrave; ha messo in piedi famiglia e, come spesso specifica: &quot;Oggi sono un pap&agrave; professionale - spiegando quanto tempo dedichi alla prole - e mi sento felice cos&igrave;. Tra un cartone animato e l&#39;altro, guardo le gare davanti alla TV. Penso che le competizioni siano ancora combattute&quot;. Se lo dice lui, che ogni tanto commenta per emittenti americane, c&#39;&egrave; da fidarsi.  Quando non &egrave; in bicicletta, l&#39;ex pilota ricorda i duelli condivisi con Bayliss, Haga, Corser, Hodgson, Edwards, Toseland, Fogarty, Yanagawa, Okada, Chili, Crafar, Lavilla, Slight. Per esempio. Lasciare gli USA non fu per lui doloroso, tuttavia impegnativo. Ma BB si ambient&ograve; subito ad usi e costumi nostrani.  Il titolo AMA con Honda e la wild card vincente con Ducati   HRC voleva una sola cosa: conquistare gli Stati Uniti. Perci&ograve;, gli emissari dell&#39;Ala dorata dissero a Ben una cosa del genere: &quot;Ascolta, devi portare la RC45 al traguardo, sempre. Non rischiare. La cosa importante &egrave; il numero 1 finale&quot;. E cos&igrave;, &quot;soldato Ben&quot; riusc&igrave; nell&#39;impresa 1998, vincendo il titolo AMA, senza nemmeno un succeso di tappa, per&ograve;.  Chi se ne frega, pens&ograve; lui. Tanto vado in Ducati. Chi se ne importa del podio centrato a Laguna con Honda, meglio vincere quando si &egrave; una wild card. Detto, fatto. Bostrom vest&igrave; i panni Vance &amp; Hynes - avendo un certo Anthony Gobert al di l&agrave; del garage - portando in gara la tabella pi&ugrave; ambita, nonostante il brutto incidente rimediato in test privati a Daytona.  La wild card, come and&ograve;? Benissimo. Secondo posto e primo, per un Re del Cavatappi, capace di superare gli avversari a destra e a sinistra, in frenata e accelarazione, prima e dopo la discesa che piomba nel vuoto. A Borgo Paniagele deciser&ograve;: &quot;Fatelo venire in Europa&quot; e lui prese il primo aereo per Bologna.  Inizi duri e il &quot;dirottamento&quot; da Caracchi     Ben debutt&ograve; nel Mondiale in pianta stabile, palesando pi&ugrave; di una fatica. Il californiano doveva scoprire tutto: ambiente, moto, gomme, piste. Rivali. E che rivali: Carl Fogarty era un compagno di squadra scomodo. The King, sua maest&agrave;, lesa a Phillip Island 2000 e ritiratosi dalle competizioni.  Per il numero 155 - sfoggiato sempre da l&igrave; in avanti - la responsabilit&agrave; di interpretare il ruolo di caposquadra, quando l&#39;inglese abdic&ograve;. Troppo. Infatti, arriv&ograve; lo spostamento: Juan Borja nel team ufficiale Infostrada, Bostrom nella formazione NCR, per abiti neri che tutti ricordano.  Passaggio fondamentale, perch&eacute; l&#39;americano ritrov&ograve; smalto e velocit&agrave;, firmando podi e prestazioni da protagonista. Ducati ancora ci credeva, sicch&eacute; mise in piedi il team L&amp;M, con il quale BB disput&ograve; due stagioni complete, toccando l&#39;apice della sua carriera.&nbsp;  L&#39;eccezionale 2001, le difficolt&agrave; 2002, la parentesi Honda 2005 e la MotoGP     Con sei successi di tappa e tre podi, BB centr&ograve; il quarto posto nella SBK 2001, disputata con una Ducati gommata Dunlop, schierata da L&amp;M. Dopo una affermazione nella difficile Kyalami, le altre sono state spalmate tra Misano e Brands Hatch, per una serie di primi posti che lo lanciarono nei top di categoria.  Qualche problema arriv&ograve; l&#39;anno successivo, l&#39;ultimo per la Rossa in Europa. Ben poi torn&ograve;, nel 2005, portando in gara la Honda del team Renegade, rivelatasi tutto fuorch&egrave; competiva. Pazienza, lui si &egrave; divertito lo stesso ed il pubblico lo ha amato pi&ugrave; che mai.  Le stagioni nell&#39;AMA andarono molto bene, sin alla chiamata della MotoGP. Lucio Cecchinello. La Honda RC 212V &egrave; stata saggiata da Ben, proprio nella sua Laguna Seca. Nonostante un ritiro, l&#39;esperienza gli piacque, precisando per&ograve;: &quot;Per andare forte, bisogna usare pesanti controlli elettronici. Non mi ci trovo bene, io preferisco affidarmi al polso destro&quot;.  Andrea Iannone riparte dal cross 

Il californiano &egrave; stato tra i piloti pi&ugrave; amati dell&#39;era senza elettronica. Oggi &egrave; un felice pap&agrave;, si allena tutti i giorni in bici, guida moto di ogni tipo e commenta la MotoGP per TV americane

Che fine ha fatto: Ben Bostrom

Quando pensi alla Superbike pensi sempre alle grandi battaglie fino all&rsquo;ultima gara. E in questo senso si colloca la stagione 1998, l&rsquo;undicesima nella vita del Mondiale delle derivate di serie, nella quale 4 piloti (poi tre dopo Assen) si sono contesi la corona: Fogarty, Chili, Corser e Slight. Tre Ducati 916 contro una Honda RC45.  L&rsquo;antefatto   Dopo un 97 chiuso da vice campione alle spalle di John Kocinski, Carl Fogarty parte per la stagione 98 determinato a riportarsi a casa la corona iridata ma deve fare i conti anche in casa perch&eacute; i compagni di marca Corser e Chili non vogliono rendere la vita facile al due volte campione britannico. In casa Honda &egrave; Slight l&rsquo;arma della casa giapponese per fermare le tre Ducati ufficiali.  Inoltre il 98 segna anche il cambio di format per quanto riguarda l&rsquo;assegnazione della pole position: arriva infatti una unica sessione di qualifica, la Superpole nella quale i 16 migliori delle libere lotteranno contro il cronometro in un unico giro lanciato per trovare il poleman di ogni round.  Il film della stagione   Che stagione incredibile quella del 1998! Nessun dominatore, ma quattro-cinque piloti pronti a vincere il titolo: Fogarty, il pi&ugrave; esperto, Corser, che il titolo l&rsquo;ha gi&agrave; vinto, Slight, la Nuova Zelanda contro tutti, Chili, la Tigre di Bologna, Haga, il funambolico giapponese, vera e propria rivelazione della stagione con un inizio scoppiettante (3 vittorie nelle prime 4 gare e testa del mondiale fino a Monza).  Ed in effetti fino al round di Monza (dominio Honda con pole di Slight e doppietta di Edwards) Nori Haga si ritrova in testa al campionato (104 punti) mentre dei 4 Moschettieri veri in lotta per il titolo, solo Fogarty porta a casa una vittoria, in gara-1 in Australia. Alla fine del round di Monza, la classifica recita Haga 104, Corser 98, Fogarty 96, Slight 73, Chili 67.    Il round di Albacete &egrave; il primo spartiacque della stagione: Haga crolla (10&deg; e 4&deg;), Chili vince gara-1, Fogarty gara-2 ma &egrave; Corser a balzare in testa alla classifica del campionato, restandoci per tre round. Ovvero fino a Kyalami quando &egrave; Slight a strappare la leadership al suo &ldquo;vicino&rdquo; grazie prima alla doppia vittoria di Misano e poi al percorso netto di Chili in Sudafrica (Superpole e doppietta).  A Laguna Seca &egrave; Corser a tagliare per primo il traguardo di gara-1 con Yanagawa secondo e Chandler in terza posizione. Gara-1 che viene interrotta prima della fine per un doppio incidente: prima cadono Chandler e Yanagawa, poi alla ripartenza Slight e Bontempi con il neozelandese, leader della classifica, che non prende parte alla seconda gara. Slight riporter&agrave; nell&rsquo;incidente la frattura alla caviglia destra ma salter&agrave; solamente la seconda gara tornando nel round successivo, quello di Brands Hatch.  Gara-2 invece va ad Haga con Corser secondo che torna in testa alla classifica grazie anche al ritiro di Fogarty ed il quarto posto di Chili.  Brands Hatch, round 9 di una stagione tiratissima. Fogarty ha solo 2 vittorie all&rsquo;attivo, Slight 3, Corser 1, Chili 4. Haga saluta la compagnia in lotta per il titolo con un 12&deg; posto in gara-1 ed un 7&deg; in Gara-2, Slight stringe i denti facendo 2&deg; e 5&deg;, il padrone di casa Fogarty 4&deg; e 2&deg;, Corser invece fa 7&deg; e 1&deg; portando a 2 i suoi successi stagionali a fronte di 6 Superpole.  In Austria Slight torna pi&ugrave; vivo che mai dominando il weekend con Superpole e due vittorie rilanciandosi in ottica Mondiale. Corser &egrave; ancora in testa ma fa 6&deg; e 5&deg;, Chili rimane in partita con 2&deg; e 3&deg;, idem Fogarty con 3&deg; e 2&deg;.  Ad Assen Chili fa e disfa     Secondo spartiacque della stagione. Assen, penultimo appuntamento stagionale. Quattro piloti ancora in lotta per il Mondiale: Fogarty, Slight, Corser e Chili. Concentriamoci esclusivamente sul primo e quarto della lista, ovvero Fogarty e Chili. Le due gare di Assen? Una battaglia personale tra Foggy e Frankie per la leadership in casa Ducati. Gara-1 &egrave; tripletta Ducati con Chili in volata su Fogarty, Corser 3&deg; ad oltre 3&rdquo;, Slight e la Honda dietro di 19&rdquo;.  Gara-2, ancora Fogarty vs Chili per la rivincita dopo gara-1. E&rsquo; una questione aperta tra i due compagni di marca, ma non di squadra. Carl e Pierfrancesco fin dalla partenza se le danno di santa ragione con sorpassi e contro sorpassi, una battaglia senza esclusione di colpi sul vecchio tracciato di Assen.  Cos&igrave; fino all&rsquo;ultima chicane del penultimo giro. Fogarty e Chili staccano fortissimo, forse Chili &egrave; leggermente fuori traiettoria e perde l&rsquo;anteriore della sua Ducati. Con questa caduta la &quot;Tigre di Bologna&quot; perde anche le chance di arrivare a Sugo e giocarsi il titolo contro gli altri tre. Fogarty taglia per primo il traguardo davanti a Slight e Corser presentandosi all&rsquo;ultimo appuntamento pronto per riprendersi la corona.  A fine gara volano gli stracci in casa Ducati con Chili che va a cercare Fogarty per dirgliene quattro sull&rsquo;accaduto.  Duelli Sprint: Assen 1998, Fogarty vs Chili  A Sugo Corser esce di scena     Sugo, 4 ottobre 1998. Ultimo appuntamento della stagione. In tre ancora a giocarsi il titolo: Corser, leader della classifica, Fogarty e Slight. Nel warm up per&ograve; accade l&rsquo;impensabile: Corser, uscito dalla pit lane per un run, nel primo giro lanciato vola via alla prima curva forse per una marcia non entrata. Racconter&agrave; Virginio Ferrari, team manager della squadra di Corser e Chili, che Troy era entrato in prima e non in seconda. Risultato? Rovinosa caduta nella sabbia,&nbsp; tre costole fratturate e lesioni alla milza. Out per il resto del weekend!. Il resto? E&rsquo; storia! I giapponesi la fanno da padroni in casa con Kitagawa vincitore di gara-1 ed Haga di gara-2. Gli sfidanti Fogarty e Slight? Carl svolge il &ldquo;compitino&rdquo; senza prendersi rischi chiudendo 3&deg; e 4&deg; mentre Aaron incappa in una giornata &ldquo;no&rdquo; chiudendo invece 7&deg; e 6&deg; non senza discussioni con altri piloti, uno su tutti Hodgson.  Per 4,5 punti il campione 1998 &egrave;&hellip;Carl Fogarty! Terzo titolo in carriera per il pilota britannico con 3 vittorie e 14 podi. Per Slight titolo di vice campione a quota 347 punti ed il record di vittorie in stagione, 5 in coabitazione con Haga e Chili.  Chi doveva vincere il mondiale 1998? I risultati del sondaggio 

Inizia una nuova rubrica dedicata alle grandi rivalit&agrave; nella storia del Mondiale Superbike. E come puntata di apertura non potevamo non parlare del Mondiale &#39;98 vinto da Fogarty solamente all&rsquo;ultima gara stagionale a Sugo

SBK: Fogarty, Chili, Corser, Slight in &quot;Una Poltrona per 4&quot;, edizione 1998

Viaggio alla scoperta dei tracciati che non fanno pi&ugrave; parte del calendario del Mondiale Superbike. Chicche storiche inedite. Preparate i fazzoletti perch&eacute; ci sar&agrave; da piangere&hellip;

SBK: da Albacete a Vallelunga, i circuiti &ldquo;dimenticati&rdquo; del Mondiale

Compie oggi gli anni Vittoriano Guareschi, soprannominato dai amici e tifosi &ldquo;Vitto&rdquo;, personaggio simpatico e divertente nel quotidiano, quanto professionale e veloce in sella e nell&rsquo;ambito motociclistico.  Per lui sono 49 le candeline da soffiare sulla torta, ma sar&agrave; questa una Duchessa o la Susanna? A Parma &egrave; dintorni se ne intendono di dolci e pure di due ruote: la concessionaria Moto Guzzi si chiama Guareschi Moto ed &egrave; gestita proprio da Vitto e dal fratello Gianfranco. La passione immensa di pap&agrave; Claudio &egrave; stata, in primis, tramandata ai due figli, degni eredi di una attivit&agrave; ammirata da tutti.    Vitto in gara   Nella Sport Production, Vittoriano esibiva uno stile di guida grintoso e look alternativi nel paddock. Bei tempi quelli, nei quali la fantasia di guida coniugava con l&rsquo;espressione artistica anche nei semplici atteggiamenti.  Il successo della Supermono, ottenuto con una Yamaha SZR, lo lancia nell&rsquo;Europeo Velocit&agrave; di met&agrave; anni Novanta. Con il team Belgarda, Guareschi sale tre volte sui podi internazionali nella classe Supersport, categoria che affronta nel mondiale 1997, sfiorando il titolo finale, in un compito di tre vittorie ed un secondo gradino del podio.    Un successo e cinque podi l&rsquo;anno seguente ed ancora secondo posto in campionato. Yamaha, contenta del suo rendimento, lo promuove in Superbike, dove affianca Nori Haga nelle stagioni 1999 e 2000. malgrado la R7 dell&rsquo;italiano non vanti le stesse specifiche di quella del giapponese, Vitto colse in due anni altrettanti podi, in mezzo a piloti come Corser, Fogarty, Bostrom, Edwards, Yanagawa e tanti altri ufficiali.  Il ritorno nella 600 lo ha visto nuovamente protagonista, in una vestizione Ducati, sellata da una 748 che lui spremeva come un limone.  Vitto sviluppatore   Il ruolo di collaudatore calzava alla perfezione e Guareschi lo ha interpretato con grande impegno e precisione. Ducati lo aveva ingaggiato e lui portava in pista tutte le evoluzioni racing di Borgo Panigale, fornendo il proprio contributo in termini di feedback e sensazioni.  In pratica, si pu&ograve; dire che Vitto abbia tenuto a battesimo la DesmosediciGP, moto da Gran Premio poi destinata a Capirossi a Bayliss. Le doti di velocit&agrave; e sensibilit&agrave; tecnica hanno agevolato il lavoro di ingegneri e meccanici, per una MotoGP capace di vincere al debutto iridato del 2003.  Vitto team manager   Contenta del lavoro offerto dal proprio dipendente, Ducati lo promuove a team manager, niente meno che nella squadra Marlboro MotoGP. Questo ruolo importante e delicato &egrave; ben interpretato da Vitto che, oltre a gestire tutto bene, riesce a sopportare le pressioni di ambiente e - feroci - giornalisti della MotoGP, Nel suo garage hanno corso Casey Stoner, Nicky Hayden e Valentino Rossi. Mica male.    L&rsquo;esperienza lo porta poi al team Sky VR46, nella squadra Moto3. Un solo anno e poi lo &ldquo;stacco&rdquo; dalle competizioni, alle quali comunque lui, quando pu&ograve;, si presenta volentieri, fornendo il proprio punto di vista, competente ed attento.  Vitto e l&rsquo;attivit&agrave; di famiglia   Appassionato vero, Vitto &egrave; un tecnico attento ad ogni dettaglio. Per lui e per il fratello Guaro, le Guzzi non hanno segreti. Quando si sporca le mani su una vecchia Falcone, Vittoriano &egrave; contento. Quando salta in sella ad una nuova V7, lui &egrave; felice. Insomma, l&rsquo;oggi quarantanovenne di Parma comunica la gioia del lavoro che fa e che ama, e questo &egrave; un regalo per tutti gli appassionati di motociclismo, fatto da una persona che adora ancora sfoggiare look da vera rockstar.  Buon Compleanno Vitto!    Pure Kevin Schwantz oggi compie gli anni!&nbsp; 

Per l&#39;eclettico ed appassionato Vittoriano le candeline da soffiare sono 49

41 risultati per 'Yanagawa'