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Nel primo caso, l’aria è in eccesso rispetto alla dosatura stechiometrica. Se è in difetto, aumenta la potenza
Massimo Clarke
30 dic 2024
I motori motociclistici vengono alimentati con una miscela di aria e benzina avente una dosatura accuratamente controllata. Quando quest’ultima è corretta dal punto di vista chimico, ovvero è “stechiometrica”, durante la combustione vengono utilizzati tutto l’ossigeno dell’aria e tutta la benzina presenti nel cilindro, che si combinano. In tal caso dallo scarico escono soltanto acqua e anidride carbonica (più l’azoto dell’aria, che si comporta come un gas inerte, almeno in teoria). Tale dosatura (o titolo) è di circa 14,7 parti di aria per una di benzina, in peso. “Circa” perché la composizione della benzina può variare.
Le miscele nelle quali l’aria è in eccesso rispetto alla dosatura stechiometrica vengono dette “magre”, mentre quelle nelle quali, al contrario, essa è in difetto vengono dette “ricche”. Esistono anche altri carburanti e a ognuno di essi corrisponde un diverso titolo della miscela stechiometrica. Per il metanolo, per esempio, è 6,4. La massima potenza si ottiene alimentando il motore con una miscela leggermente ricca (nel caso della benzina, alla quale facciamo sempre riferimento, è dell’ordine di 12,5–13,2). Il minimo consumo specifico si ha invece con una dosatura lievemente magra. Nelle MotoGP il carburante a disposizione per ogni gara è limitato e questo ha creato diverse difficoltà ai tecnici. Rinunciare a qualche cavallo può essere accettabile ma la trattabilità e la prontezza di risposta devono rimanere eccellenti, e questo è decisamente difficile se la dosatura si allontana da quella di massima potenza per contenere i consumi. Critica è dunque la mappatura. Il potere calorifico, che indica il contenuto di energia per unità di massa, nel caso della benzina è compreso tra 42,5 e 43,5 MJ/kg. Quella che ci interessa maggiormente però è la tonalità termica della miscela stechiometrica che con i suoi 3500-3700 MJ/m³ è leggermente inferiore a quella che si ha impiegando il metanolo (3900 MJ/m³).
Nei motori motociclistici il carburante viene immesso nella massa d’aria che viene aspirata dal cilindro sotto forma di minuscole goccioline. A ciò, mantenendo la dosatura in corrispondenza del valore più vantaggioso, per decenni ha provveduto il carburatore. Da diverso tempo però il suo posto è stato preso in larghissima misura dai sistemi di iniezione, che hanno iniziato la loro diffusione con i modelli di maggiore prestigio e di prestazioni più elevate e che sono risultati insostituibili per contenere le emissioni di scarico. Fondamentali per il loro successo si sono rivelati i sistemi di gestione elettronici.
Nei motori di rilevante cilindrata unitaria e/o di alta potenza specifica molto spesso si impiegano due iniettori per ogni cilindro. Di essi, quello inferiore provvede a emettere il carburante a basso e medio regime, ovvero con modeste velocità dell’aria, mentre quello superiore (che spesso è del tipo a doccia, nella foto in basso) entra in funzione ai regimi elevati, quando il motore richiede maggiore quantità di carburante. Grazie a esso il tempo disponibile per la miscelazione e la vaporizzazione del carburante aumenta (è maggiore il percorso che deve compiere). È importante che, quando scocca la scintilla, la dosatura della miscela sia omogenea; questo significa che la benzina deve essere distribuita uniformemente in tutti i punti della massa gassosa presente nel cilindro.
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