MotoAmerica: l'altro pianeta

La creatura di Rainey punta a ridestare il vivaio statunitense. Ma per i big, come Elias e il campione in carica Beaubier, gli Usa sono un punto d’arrivo, e non di partenza

MotoAmerica: l'altro pianeta

Mirko ColombiMirko Colombi

23 gen 2020 (Aggiornato il 25 gen 2020 alle 10:51)

I circuiti

Descrive gli insidiosi tracciati il nostro Claudio Corti, buon conoscitore dell’ambiente: "Per andare forte là, dovete avere le palle". In pratica, occorrono dosi di coraggio e tanta esperienza. I layout sono variegati e spettacolari, non esistono circuiti piatti o noiosi, tutt’altro. Il tutto, in un irresistibile viaggio musicale dal Sud dei R.E.M. georgiani, passando per il Texas dei ZZ Top (ad Austin si correrà in contemporanea con il Motomondiale), transitando dal California Dreaming di Laguna Seca sino a fermarsi in Alabama, dove il cielo è davvero blu, per una gamma comprendente il nuovo Pitt Race, l’ostico Elkhart Lake e Tooele, Utah, per il Miller Motorsports Park calcato più volte dai piloti del mondiale Superbike. Circuito che però è uscito dal calendario.

Ad aumentare il prestigio sarà Indianapolis, sede della 500 Miglia a quattro ruote e tappa del Motomondiale tra 2008 e 2015. Il mitico “infield” ricavato nell’ovale del Brickyard verrà pestato pure dai protagonisti MotoAmerica, che non corrono a Daytona, ritenuto troppo pericoloso e anacronistico. La sicurezza innanzitutto, con somma soddisfazione di Rainey. 

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