La jap schiera cinque top rider capitanati dal vincitore 2024, Brabec. La KTM, che ha inglobato anche i piloti di GASGAS e Husqvarna, risponde con Sanders e i fratelli Benavides
Sono passati quarantasei anni, quasi mezzo secolo, dal giorno in cui il visionario e carismatico Thierry Sabine guidò un nutrito manipolo di avventurieri dalla spianata di Trocadero, a Parigi di fronte alla Tour Eiffel, fino alla capitale del Senegal, Dakar. Nasceva così la Parigi-Dakar, una gara che forse neppure il suo inventore avrebbe previsto così celebre e longeva. Nonché capace di inaugurare una vera e propria epopea, un evento estremo che, pur cambiando molto nella sua naturale evoluzione, è tutt’ora considerato, nell’immaginario collettivo, la gara più dura al Mondo. Dopo aver attraversato in lungo e in largo l’intero Continente africano, nel 2009 la Dakar ha inaugurato l’era sudamericana, durata undici anni, per poi emigrare in Arabia Saudita, dove si gareggia ormai ininterrottamente dal 2020. David Castera, direttore generale della corsa, è stato il traghettatore verso il nuovo Paese, scoperto anno dopo anno e ormai divenuto familiare.
La vastità del territorio saudita, ma soprattutto i suoi scenari continuamente mutevoli, paesaggi che sembrano pennellati sulla tela di un artista, sono diventati la culla della Dakar 3.0, anche se i più speravano in un allargamento a Paesi confinanti per restituire alla gara il suo spirito nomade. Per ora non se ne parla, e la Dakar, piaccia o no, resta stabilmente in territorio saudita e così sarà per l’imminente edizione 2025, la sesta nella penisola araba, che si preannuncia molto interessante sotto vari punti di vista.
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Uno dei principali meriti di Castera è perseguire qualsiasi strada per riaffermare lo spirito originario della corsa, quell’avventura che con il passare degli anni e l’avvento di tecnologie sempre più sofisticate è un po’ venuta meno. Ha introdotto, dopo anni di test, il road-book elettronico, prima sulle auto, poi sulle moto, cominciando con i top rider. Nell’imminente edizione la transizione sarà completata: tutti con il road-book elettronico, che si svelerà soltanto poco prima della partenza di ogni prova speciale. Nella scorsa edizione si è poi inventato la tappa di 48 ore, una vera genialata che ha incontrato il favore di tutti, big e amatori. La formula prevede una serie di mini-bivacchi sul percorso e i piloti sono costretti a raggiungere la meta più vicina a un determinato orario del pomeriggio. Al bivacco viene loro fornita una tenda, con un sacco a pelo e una razione di “scatolette” da riscaldare con un mini fornello, quattro chiacchiere attorno al fuoco e poi a nanna. L’indomani, all’alba, i piloti ripartono per concludere il percorso.
Se nella scorsa edizione la 48 ore si è svolta nella seconda metà di gara, tra le maestose dune dell’Empty Quarter, alla Dakar 2025 sarà la seconda tappa, attorno a Bisha, a sud-est de La Mecca, il cui bivacco ospiterà la carovana dal 30 dicembre al 7 gennaio La Dakar 2025 misurerà per le moto 7706 chilometri totali, 5146 dei quali di prove speciali, un percorso suddiviso in dodici tappe – tredici se consideriamo la 48 ore – più il prologo iniziale. Si partirà immediatamente con le difficoltà: dopo il prologo del 3 gennaio e la prima tappa, la 48 ore inizierà subito a delineare i valori in campo. Ma non basta, poiché l’8 e il 9 gennaio saranno le due giornate della tappa Marathon, quella in cui i piloti non troveranno le loro assistenze all’arrivo della prima metà, ma dormiranno in un apposito bivacco nella splendida Al Ula avendo soltanto un’ora e mezza di tempo per sistemare la propria moto.
A seguire, il giorno di riposo, il 10 gennaio a Ha’il, prima di ripartire verso sud e arrivare nel famigerato Empty Quarter che sarà teatro delle ultime due tappe e dell’arrivo della Dakar 2025. A mettere un po’ di pepe sarà anche la partenza in linea nell’ultima frazione, qualcosa che alla Dakar non si vedeva da tanto, tanto tempo. L’ultima importante novità introdotta è legata alle cinque tappe con percorsi separati tra auto e moto, a rendere ancora più complicato il lavoro dei copiloti delle quattro ruote, non avendo come riferimento le tracce delle moto passate prima.
Al via della Dakar 2025 ci saranno 136 moto, numero sempre più ridotto per una precisa scelta di ASO, nonostante le richieste superino ogni anno le 200 unità. Sono scomparsi i Quad, “eliminati” soprattutto per questioni di mercato, non esistendo di fatto costruttori impegnati nello sviluppo di questi mezzi. Al via della Dakar ci saranno poi 65 auto, 45 camion e 93 SSV, oltre a un centinaio di veicoli impegnati nella Dakar Classic. Un totale di 807 persone tra piloti e co-piloti, in rappresentanza di ben 70 Nazioni, con l’Italia che si piazza al terzo posto tra i Paesi più rappresentati. Il Team Honda HRC partirà senza dubbio con i favori del pronostico, forte della vittoria di Ricky Brabec nella scorsa edizione ma soprattutto in virtù di uno squadrone di cinque piloti, tutti in grado di ambire al gradino più alto del podio. Con l’americano ci saranno il connazionale Skyler Howes, il cileno Pablo Quintanilla, il francese Adrien Van Beveren e lo spagnolo Tosha Schareina. Sarà l’invincibile armata?
A rispondere sarà la KTM, che ha abbandonato la presenza dei tre marchi separati (KTM, Husqvarna e GASGAS) per unire tutti i piloti nel team arancio. Con il mancato rinnovo del contratto a Toby Price e il ritiro di Sam Sunderland – i due saranno comunque alla Dakar, al volante di una Toyota Overdrive, così come va ricordata la presenza di Danilo Petrucci sul camion Italtrans – sono rimasti soltanto in tre a difendere i colori di Mattighofen e, visto il momento difficile per la Casa austriaca, non sono stati fatti nuovi inserimenti.
L’australiano Daniel Sanders e i fratelli argentini Luciano e Kevin Benavides faranno di tutto per riprendersi la vittoria, anche se l’ultimo parte in condizioni fisiche non ottimali a seguito del bruttissimo incidente patito lo scorso giugno. È già un miracolo che Kevin sia al via, ma il leone di Salta è un combattente nato e siamo sicuri che non farà mancare lo spettacolo. La KTM, dopo la deludente Dakar 2024, ha ritrovato energie dopo la netta vittoria di Sanders lo scorso ottobre al Rallye du Maroc.
Da tenere d’occhio anche l’indiana Hero, nelle cui fila milita il neocampione del mondo W2RC, Ross Branch. Assieme al pilota del Botswana, ecco il cileno Ignacio Cornejo e il tedesco Sebastian Bühler. Tre piloti anche per la Sherco in grado, se non di vincere, sicuramente di ben figurare: lo spagnolo Lorenzo Santolino, il portoghese Rui Gonçalves e l’indiano Harith Noah. Tre ufficiali per la stessa Fantic Motor, accompagnati da un bel gruppetto di “clienti”: il nostro Tommaso Montanari, la forte spagnola Sandra Gomez e il francese Jeremy Miroir.
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