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31 lug 2025
Non è una stagione semplice per l’Italia della Moto3, che ha portato sul podio tre piloti, ma due di loro si sono infortunati poco dopo. Matteo Bertelle ha dovuto saltare nove GP, Luca Lunetta potrebbe cavarsela con due, e sarebbe quasi incredibile ripensando alla spaventosa dinamica dell’incidente di Assen, in cui si è procurato la frattura della gamba destra. Il pilota della SIC58 Squadra Corse ha così vissuto il periodo estivo immerso nella riabilitazione con il sogno di tornare in Austria.
Come stai Luca?
"Sta procedendo tutto bene. Stiamo facendo il massimo nei limiti, rispettando le indicazioni dei dottori. Sono seguito dal fisioterapista Walter Martinelli e dall’ortopedico, il professor Angelo De Carli, entrambi lavorano anche con la Nazionale di calcio. Sono in buone mani. L’operazione fatta in Olanda è stata per fortuna di livello molto alto. Nella cattiva sorte almeno sono capitato in un’ottima clinica dove hanno svolto un lavoro impeccabile. La frattura è stata grave, un infortunio importante, anche se poteva andare peggio perché l’incidente è stato brutto. Mi reputo molto fortunato".
Hai rivisto la caduta?
"Forse è stata l’unica volta in cui ho avuto paura. Normalmente quando cado non ce l’ho, perché fa parte del gioco, so che può succedere. Lì invece mi sono reso conto di tutto. Sapevo che stavo rimanendo in mezzo alla pista e che mi avrebbero preso. Quei momenti sono passati lentamente. Ho pensato: “Speriamo che non mi prendano male”. È stato brutto, anche per le persone a casa. Ammetto che qualche secondo dopo, quando sentivo male soltanto alla gamba, non ero neanche troppo deluso. Me l’aspettavo che mi sarei fatto male. È un infortunio, noi piloti ci mettiamo l’anima in pace e poi tocca recuperare. Tutto questo mi fortificherà, tornerò con quella carica in più che ho maturato stando sul divano e che non vedo l’ora di far uscire. Sono fiducioso nel processo e sono sereno".
Il morale sembra alto nonostante tutto.
"Sono un ragazzo anche troppo positivo. Per esempio subito dopo la caduta, la prima cosa che ho chiesto a Marco Grana (il direttore tecnico del team, nde) quando ero ancora in barella, è stata: “Ma i punti li abbiamo presi?”. Perché se avevano dato bandiera rossa, ci speravo. Appena entrato nella clinica in pista ho chiesto il telefono a papà per mandare un messaggio alla mamma e alle persone a casa. Sono così di carattere, non riesco a lasciare spazio alla rabbia".
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