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In Austria abbiamo intervistato in esclusiva lo spagnolo del team Fantic, sulla stagione attuale, sui suoi rivali e tanto altro
21 ago 2025
Aron Canet si affaccia al quattordicesimo Gran Premio stagionale con 19 punti di ritardo dal leader, Manuel Gonzalez, in lotta per il titolo iridato della Moto2. Lo spagnolo sta vivendo un momento di alti e bassi, con una vittoria e cinque podi a suo nome finora e in esclusiva lo abbiamo intervistato.
Aron sei alla tua sesta stagione di Moto2, come sei cambiato in questi anni?
"Sono cambiato in tante cose. Sono arrivato in questa categoria che avevo 20 anni, quest’anno ne compio 26. Sono 6 anni di esperienza. Sono maturato tanto, sono arrivato come un ragazzo e ora sono un uomo. Lo percepisco. Sono cresciuto e sono diventato più freddo, più maturo e più tranquillo".
Cos’hai trovato nel team Fantic?
"In primis tranquillità e amore. Mi era mancato in precedenza. Mi hanno detto cose che non avevo mai sentito dirmi in qualche altra squadra: mi hanno detto che sono talentuoso, che sono veloce. Sentirselo dire dalle persone con cui lavori, te lo fanno sentire dentro. È anche una cosa su cui ho lavorato tanto con Roberto Locatelli, che è il mio babbo del paddock".
Un aggettivo per delineare il tuo rivale Manuel?
"Freddo".
Diogo Moreira, che sta arrivando?
"Giovane".
E te stesso?
"Calcolatore".
Come riassumi questi sei anni?
"32 podi. Una risposta veloce e facile".
MotoGP e SBK, come le descrivi?
"Le Superbike penso che siano le moto come degli anni 2000- 2010, più rock’n’roll. La MotoGP è più come un violino, più armonioso, più carino. Sono due cose diverse".
Quale preferisci di più da spettatore?
"Mi diverte di più la Moto2, visto che non ho mai guidato nelle due classi. Come gare preferisco la Superbike, sono molto belle. Come ambiente quello della MotoGP mi piace tanto. A tutti gli spettatori piace, come la F1, è spettacolare, è più grande".
Chi vincerà i due titoli?
"Marc Marquez e Toprak Razgatlioglu".
Chi è stato il tuo idolo quando eri giovane?
"Marco Simoncelli. Solo lui. Mi piaceva la sua aggressività e com’era lui come persona al di fuori dalla pista. Quello che si vedeva. Mi sarei voluto tatuare il suo 58 ma a 13 anni ero troppo piccolo e non mi è stato consentito".
Che ricordo hai di lui?
"Quando correva in 250, come andava. E poi quando era in motoGP, volevo sempre che vincesse, era sempre lì vicino, veloce, ma faceva un po’ di fatica. Sono stato un suo grande tifoso. Ogni volta che incrocio suo papà nel paddock quando lo guardo è come quando i tifosi di Valentino Rossi incontrano Rossi. Mi fa lo stesso effetto perché è il papà del mio idolo. È un’emozione molto bella. Anche se non gliel’ho mai detto, mi vergogno a parlarne con lui".
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