L'intervista esclusiva al team manager: "Aron è un pilota eccezionale e una persona generosa. Amo il mio ruolo perché adoro vivere il presente"
Aron Canet ci riprova nel 2025: come lo descrivi?
“È una persona speciale. Stiamo sempre parlando di piloti e ognuno è a sé, non c’è un modo o un consiglio di ‘costruzione’ per fare i piloti. A questi livelli ognuno ha la sua forza e la sua debolezza: abbiamo avvertito la necessità di Aron di sentire un team nel vero senso della parola. Quindi rispetto, unione, familiarità tra di noi, l’essere un gruppo, aiutarci quando ci sono i problemi e festeggiare insieme quando ci sono le cose positive. Aron non l’abbiamo scoperto noi, ma lo abbiamo reso vincente. Siamo stati bravi a mettergli a disposizione tutto quello che lui forse cercava”.
Come siete arrivati a costruire l’attuale sintonia?
“Prima di tutto bisognava conoscersi bene: nel novembre del 2023 ho lasciato un taccuino bianco. Lui al primo test si è comportato da Aron Canet, poi durante l’inverno con la Fantic abbiamo pensato di chiacchierare, scambiarci opinioni, punti di vista e anche chiedere. Io parto dal presupposto che impuntarsi o imporsi non è la maniera giusta per tirare fuori il massimo da qualcuno. Bisogna essere uniti, non troppo freddi, e si fa gruppo nel bene e nel male”.
Quale pensi sia il valore aggiunto di Roberto Locatelli in questo ruolo?
“Probabilmente l’essere stato padre, fratello, un parente stretto anche per i meccanici. Sono quello che puoi chiamare, al quale puoi scrivere, che puoi interpellare, e poi cerco sempre una soluzione vera in tempi brevi, anche di responsabilità. Essere in prima linea con chi mi è vicino. Faccio insieme agli altri le strategie e poi mi metto con gli altri a combattere sportivamente”.
Cosa ci possiamo aspettare da Canet nella prossima Moto2?
“Che diventi campione del Mondo. Dopo quello che abbiamo mostrato è inutile dire che abbiamo bisogno di crescere, di dare continuità o altro. Una vittoria che potrebbe essere stata un po’ illusoria è stata quella del Portogallo. È arrivata molto presto, tra di noi non avevamo ancora costruito quella solidità che si è poi vista da Silverstone in avanti. Anche noi, che non indossiamo la tuta di pelle, dovevamo conoscerci, crescere, ascoltarci, anche mandare giù qualche boccone amaro. Siamo tutti in discussione e siamo tutti utili”.
Puoi indicare un pregio e un difetto dello spagnolo?
“Parlando di difetti, quando non viene rispettato non ci passa sopra: viene da te e te lo dice. Il rispetto è l’ago della bilancia nel suo umore. Il suo pregio è che si tratta di un pilota davvero forte. Da metà anno in avanti non gli ho più chiesto se la pista gli piacesse oppure no...”.
E invece dal punto di vista umano?
“Se lo rispetti è il primo che è lì ad aspettarti, ti dà un premio, un regalo. Anche un trofeo nel caso. Non perché non ci tiene, ma perché gli piace condividerlo con chi è lì con lui. È il primo pilota con cui lavoro che ha corso con una replica del casco con cui vinsi il Mondiale: lo ha fatto nei due GP disputati a Misano. È stato un gesto importante a livello umano: ti fa capire quello che ha dentro. Lui è umano, oltre a essere un gran combattente”.
Che effetto ti ha fatto il gesto?
“Mi ha gasato, è figo. Anche perché non me l’aspettavo. Mi aveva chiesto di avere alcune foto del casco e di quel casco avevo tre copie uguali: una l’avevo regalata a Valentino Rossi quando lavoravo per lui, una la tengo nel mio ‘museo’ e l’ultima l’ho regalata proprio ad Aron per quello che è. Lui l’ha portata dal grafico, hanno preso i loro spunti e hanno realizzato un casco replica. Dopo la gara di Misano 2, in cui ha concluso secondo, me l’ha regalato. Sono quelle cose che fanno piacere, anche se è un ragazzo con cui magari non lavorerò a lungo, perché spero che un domani vada in MotoGP. Quando ci andrà – spero il prima possibile perché vorrà dire che tutto avrà funzionato bene – sarò fiero di essere stato il suo team manager”.
Come lo vedresti in MotoGP?
“Premetto che un po’ sono di parte, ma sono uno “vero”: ho sempre fatto elogi anche a chi mi batteva, per intenderci. Vedendo quello che succede quando i piloti passano dalla Moto2 alla MotoGP, Aron potrebbe mettersi vicino a Pedro Acosta, da subito. È uno che sale sulla moto ed è veloce. Si adatta a quello che ha a disposizione”.
Al suo fianco quest’anno arriva Barry Baltus.
“È una cosa bella, perché arriva un po’ di aria nuova anche per noi. È giovane in tutti i sensi, ha quattro anni di esperienza in Moto2, ma sempre con lo stesso team. Con la fortuna di avere Canet in squadra, un riferimento nella categoria, nei test svolti a Jerez abbiamo guardato come Barry usa la moto. Abbiamo usato con lui il ‘metodo Fantic’ e ne abbiamo tratto delle valutazioni. Ha operato anche lui dei cambiamenti, a suo dire, rispetto al metodo che usava prima. Il nostro è ormai confermato e testimoniato dai risultati ottenuti con Canet: a Barry è piaciuto, ci siamo parlati, venuti incontro ed è stato contento anche di noi. Ha una bella occasione con un nuovo team, con la Kalex che già guidava e con gente nuova. Con lui vogliamo avvicinarci il più possibile alla Top 5. Vogliamo farlo crescere come abbiamo fatto con Aron”.
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