MotoGP, il Dottor Costa racconta il retroscena sulla morte di Simoncelli

Lo storico fondatore della Clinica Mobile si racconta al podcast di Gianluca Gazzoli parlando di Simoncelli, dell’infortunio di Doohan e anche di Valentino Rossi

Marco PezzoniMarco Pezzoni

Pubblicato il 20 ottobre 2025, 08:46 (Aggiornato il 20 ottobre 2025, 13:48)

Il Dottor Costa, nella lunga intervista a “BSMT”, ha toccato tanti temi, tra i quali l’incidente di Simoncelli in Malesia ed il ricordo dello stesso Marco (tra pochi giorni scatteranno i 14 anni dalla scomparsa del Sic), la creazione della Clinica Mobile, Mick Doohan, Valentino Rossi e tanto altro.

Marco Simoncelli: la morte, la bara aperta ed il ricordo

Tra pochi giorni, esattamente il 23 ottobre, scatteranno i 14 anni dalla morte di Marco Simoncelli in Malesia e la prima domanda posta da Gazzoli al Dottor Costa non poteva essere altro che quella sull’incidente ed il ricordo di Marco. “Marco – esordisce il Dottor Costa – si era preparato per la Malesia per vincere. La gara prima, a Phillip Island, era arrivato secondo dietro a Stoner e quindi in Malesia pensava di poter vincere. Alla partenza aveva l’asciugamano alla rovescia. Suo papà Paolo l’ha considerato come un segnale sfavorevole. Non ero in Malesia, ma se ci fossi stato e avessi visto quell’asciugamano avrei agito. Non avevo la possibilità di essere in Malesia per motivi di ordine, la medicina lì è militare e io tutte le volte ero in crisi con loro, non volevo rischiare. Ero a casa e ho capito subito…

Sulla bara aperta di Marco dice: “Quando Marco è tornato dalla Malesia io ho fatto qualcosa di non regolare, ho aperto in casa Simoncelli la sua bara affinché i parenti e la sorella Martina lo vedessero, soprattutto che la sorella lo vedesse. Nella bara c’era anche la documentazione dell’autopsia di Marco, e questo mi riempì di gioia perché nel capitolo farmacologico era riportato “no alcol, no drugs”. La tragedia è terribile, devastante però suscita qualcosa che poi alla fine prelude a qualcosa di bello. Parlo della bellezza della vita della sorella.”

Parlando del ricordo di Marco ammette: “Marco mi ha insegnato una cosa molto bella. Quando è caduto in Malesia voleva vincere. Quando uno vuol vincere sta aggrappato al manubrio e quando la moto si è intraversata non l’ha lasciata ma ha continuato perché il suo sogno era vincere. In quella scivolata ha visto finalmente contro chi aveva lottato fin da quando aveva cominciato a correre in moto, una signora vestita di nero ai bordi della pista che lo guardava. Lui, scanzonato, l’ha guardata e le ha detto: “Signora, lei crede oggi di avere vinto, ma io stasera torno a casa con mio padre Paolo, vado da mia madre Rossella, da mia sorella Martina, ad abbracciare Kate, ma quello che più conta è che tornerò a casa nel cuore di tutti quelli che mi vogliono bene”. Ricordo con amore questo ragazzo che era un qualcosa di eccezionale, un ragazzo simpatico, era uno di noi, aveva creato una seconda famiglia nel team ai box e poi aveva la famiglia della Clinica Mobile dove lo aspettavo per preparare il suo corpo e la sua mente alle sue spettacolari imprese.”

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