Dalla poca competitività del biennio 2002-2003 ad essere la moto più ambita della griglia per poi ripiombare nel baratro delle difficoltà, con vista sul futuro
In 22 anni di MotoGP il progetto della YZR-M1 ha cambiato pelle più volte, anche per via delle variazioni dei regolamenti, ma ha sempre mantenuto la sua filosofia: motore 4 cilindri in linea e telaio deltabox in alluminio. Anche se per il futuro è pronto un V4 come le sue concorrenti Ducati, Aprilia, KTM e soprattutto Honda. Nella sua storia in MotoGP, Yamaha ha conosciuto gli anni splendenti dei trionfi ma anche gli anni bui, come il 2003 o il biennio 2023-2024.
Con l’arrivo di Max Bartolini proprio dalla Ducati ad inizio 2024, sul finale della stagione qualcosa di positivo si è visto ed anche l’ingresso di Prima Pramac come team satellite è il segno che da Iwata vogliono un cambio di rotta immediato per ritornare a lottare per le posizioni che contano.
Com’è cambiata la M1 nel corso degli anni?
Come è stato per Honda, anche Yamaha ha sviluppato e testato nel corso del 2001 il suo prototipo MotoGP per la stagione 2002 affidandolo a Max Biaggi e John Kocinski. All’alba della nuova stagione, i piloti del team ufficiale Marlboro Yamaha che porta in pista la nuova YZR-M1 sono Max Biaggi e Carlos Checa, nientemeno che la coppia ufficiale degli ultimi anni in 500. Il progetto è un ibrido tra la vecchia YZR500 e la nuova M1: della vecchia moto restano telaio e ciclistica, abbinate però non al V4 ma ad un 4 in linea a carburatori. Inizialmente di 942 cc di cilindrata, durante la stagione viene portato a 990 cc, anche il telaio viene aggiornato più volte per combinarsi a serbatoi di diversa forma e perfezionare il posizionamento del motore. Biaggi chiude al secondo posto con 140 punti di ritardo da Rossi e 2 vittorie, la sua Brno e Malesia.
L’M1 del 2003 è un mero aggiornamento della versione “B” della seconda parte del 2002 ma con una novità sostanziale per quanto riguarda il propulsore: Yamaha abbandona i carburatori per sposare l’iniezione elettronica, adottando un sistema di controllo del minimo che regolava automaticamente l’apertura della farfalla su due cilindri. Annus horribilis il 2003 di Yamaha con un solo podio conquistato (Barros terzo a Le Mans) e nessuna vittoria, addirittura terzo posto nei costruttori dietro ad Honda e Ducati.
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