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Forti, professionali, freddi e cinici. I due campioni di riferimento dello sport italiano tra analogie e risultati
Francesco Allevato
4 dic 2024
"Abbiamo tanti atleti di riferimento, da Sinner a Tamberi a Jacobs o me. Sinner mi piace molto, mantiene un approccio molto simile al mio, poche parole, tanto lavoro e tanti fatti, trovo molta ispirazione da lui". Così ha recentemente parlato Pecco Bagnaia, relativamente al numero uno del mondo, in occasione del "Made in Italy We Are", la serie dei campioni dello sport azzurro. Sinner e Bagnaia rappresentano senz'altro l'elitè dello sport mondiale e, al contempo, dell'intero panorama sportivo italiano. Tanto in virtù di un palmarès incredibilmente già ricco nonostante siano entrambi ancora agli inizi delle rispettive carriere, quanto di un approccio, freddo e discreto (soprattutto di fronte alle telecamere) all'attività agonistica e competitiva molto simile tra loro e capace di entrare nel cuore degli appassionati nonostante sia in forte controtendenza rispetto all'esuberanza e all'estroversione dei predecessori Valentino Rossi e Adriano Panatta.
Basterebbero i numeri ad evidenziare lo status dei due campioni italiani. Sinner, numero 1 al mondo, due tornei dello Slam vinti, due Coppe Davis, un successo alle ATP Finals e quattro Masters 1000, risultati che lo ergono a trascinatore di un intero movimento, quello tennistico, che fino a pochi anni fa navigava nelle acque più oscure. Ad oggi, al netto dei meriti di chi lo ha preceduto, come ad esempio Fabio Fognini (primo tennista italiano ad entrare nella top ten mondiale dai tempi di Panatta) e Matteo Berrettini (due volte semifinalista slam) e Marco Cecchinato (una volta semifinalista slam), è proprio Sinner il capostipite di una serie di tennisti tricolore di successo, capaci di vincere, non a casa, due Coppe Davis consecutive.
Discorso pressochè uguale per Pecco Bagnaia, tre volte campione del mondo, una in Moto2 e due in MotoGP, con all'attivo 39 successi e 74 podi ottenuti complessivamente sommando tutte le classi. Dopo il ritiro di Valentino Rossi erano in molti a ritenere che si sarebbe giunti ad un pericoloso effetto negativo e che sia la MotoGP che il motociclismo italiano, ne avrebbero risentito. Invece, con Pecco Bagnaia al comando, seguito da una schiera di piloti talentuosi e vincenti come Enea Bastianini, Marco Bezzecchi e Franco Morbidelli (solo per citarne alcuni), l'intero movimento ha mostrato nuova linfa e vitalità.
Di Bagnaia e Sinner risalta, di comune matrice, l'approccio meticoloso, analitico e ossessivo (sportivamente parlando, utilizzandone un'accezione estremamente positiva), sempre alla ricerca della perfezione fisica, tecnica e mentale. Senza tralasciare una parte di cui si parla sempre troppo poco nel caso di entrambi (a causa della loro spiccata attitudine nell'essere poco avvezzi alle telecamere e ai riflettori in generale), ovvero una spasmodica competitività ed un rifiuto di perdere che non è propria di tutti i professionisti, e, in questa intensità, nemmeno di tutti i campioni. La più banale delle analogia ma tuttavia anche la più importante ed incisiva riguarda la contamporaneità del loro expolit sportivo, l'Italia può dormire sonni tranquilli per molti anni.
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