La MotoGP parla italiano: ecco come abbiamo spodestato il Giappone

La MotoGP parla italiano: ecco come abbiamo spodestato il Giappone© Luca Gorini-Getty Images

L'impresa della coppia Bagnaia-Ducati e la crescita Aprilia simboleggiano il predominio tecnologico italiano. I giapponesi arrancano

19.01.2023 ( Aggiornata il 19.01.2023 12:53 )

Spaghetti al pomodoro contro sushi. Anzi, tortellini contro sushi, come ha detto Giuseppe Giacobazzi alla festa Ducati a Bologna. Le Alpi contro il Fuji. Ducati e Aprilia contro Yamaha e Honda, purtroppo non più Suzuki e soltanto parzialmente Kawasaki.

Italia e Giappone rappresentano popoli, culture e modus operandi assai diversi sotto ogni punto di vista, culinario, territoriale e industriale.

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Aprilia e Ducati dettano il passo


Evitando l’annosa (e inutile) questione di cosa e chi sia “meglio” o “peggio”, e precisando quanto sia giusto basare l’eventuale scelta su gusti prettamente personali tra cibo e territorio, nell’ambito delle due ruote il confronto 2022 è andato a favore del tricolore, capace di battere le Case del Sol Levante su tutto l’arco dell’annata MotoGP e Superbike. Se parliamo di prototipi, è chiaro quanto Ducati e Aprilia dettino i temi tecnologici, concettuali e stilistici della top class.

La Desmosedici è ritenuta all’unanimità la quattro cilindri da battere, la RS-GP fa scuola in galleria del vento e nel reparto corse. La Rossa bolognese è portentosa tra i cordoli, la nera di Noale vanta staff e mentalità da Formula 1. Reputazioni invidiabili che nascono da un’idea.

Di quale idea si tratta? Perché i colossi asiatici – impegnati fortemente da lustri anche nella produzione di auto, strumenti musicali e imbarcazioni, quindi dotati di mezzi economici cospicui – si trovano in ginocchio al cospetto delle più piccole realtà nostrane? Il tutto nasce dalla passione, intesa come sentimento profuso nel lavoro quotidiano. Per suggellare la tesi, forniremo esempi attendibili registrati durante la stagione.

Giappone in affanno


L’analisi non può che iniziare dalla dipartita messa in atto dalla Suzuki, uscita dal Circus portandosi ad Hamamatsu polemiche, dissensi e, duole scriverlo, un danno di immagine che richiederà tempo per essere risanato. Lecito è stabilire se far parte o meno di un campionato, meno è farlo senza avvisare i diretti interessati. Il Team Ecstar lo ha saputo nei test post-gara di Jerez, e per via traverse, Dorna, IRTA, MSMA altrettanto. Contratti non portati fino in fondo, troppe domande senza risposta. Non esiste una prospettiva dalla quale è possibile scorgere qualcosa che non sia negativo, in questa vicenda.

Eppure, gli emissari del Marchio sono seri, attendibili e affidabili; un piccolo uomo, attempato ed esperto di fabbrica, si è recato dal Giappone fino a Valencia, caricato di berretti tinti dai colori sociali e dalla iconica “S” della Suzuki. Era affranto, distrutto, desolato "Chiediamo scusa pubblicamente" malgrado non avesse alcuna responsabilità della figuraccia rimediata da chi lo retribuisce.

In primis uno scarno comunicato, nel quale era confermato il ritiro delle GSX-RR. Nei mesi seguenti, la volontà di investitori e dirigenti di spostare denaro e risorse nella ricerca e sviluppo nel settore elettrico, ritenuto oggi sostenibile e domani la soluzione. Potremmo anche comprenderne la visione, però sosteniamo che i cinque anni di accordi stipulati con organizzatori e addetti ai lavori andassero onorati, indipendentemente da una moto rivelatasi eccellente e da uno staff di prim’ordine.

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