"I tecnici spesso non si fidavano di me. Mi sarei dovuto far sentire, come il mio amico Lucchinelli, che portavo con me in gara"
Era uno che parlava poco, Fausto Ricci. Schivo, pacato, introverso. Quando vedeva un altro pilota fare il diavolo a quattro con il proprio team a causa di un pasticcio tecnico, pensava che avrebbe dovuto comportarsi così anche lui. Imporsi, esplodere. Ma poi, mica ci riusciva. A Jarama, nel 1985, quando rimase senza freni nelle fasi decisive dicendo addio al podio, non fece scenate. Lo stesso a Hockenheim due settimane più tardi, con il motore della sua Honda 250 grippato ancor prima del via. Pioveva, e lui sapeva di poter centrare il bersaglio grosso, perché con le rain ci sapeva fare. Le sue chance evaporarono senza che lui ne avesse responsabilità: anche in quel caso seppe contenersi.
Era il contrario di un suo grande amico, Marco Lucchinelli: il ligure si sarebbe fatto sentire. Le personalità dei due erano diverse, quasi opposte. Forse, proprio per questo, compatibili: estroverso l’iridato della classe regina 1981, un casinaro tutto sigarette e sorrisi, la battuta pronta. Riservato Ricci, serioso anche quando saliva sul podio, spesso in punta di piedi, come se non volesse disturbare. In pista, però, di carattere ne aveva eccome. Quando partiva, lo faceva con l’istinto di chi vuole stare davanti a tutti. C’è riuscito soltanto una volta, a Misano nel 1984, alla sua prima apparizione nel Motomondiale.
Quella domenica, quando si tirò su la zip della tuta, coprì la maglietta che l’ha accompagnato per gran parte della carriera, dal 1982 in avanti. In ogni turno di prove come in gara, il romagnolo indossava la stessa t-shirt rossa e grigia. Sopra c’era raffigurato l’uomo dal quale l’aveva ricevuta in regalo: Lucchinelli, in piega sulla Honda 500, una corona di piume da capo indiano a spuntare dal casco. Dopo diverse stagioni, quando a forza di sudore e lavaggi si riempì di buchi, Ricci smise di indossarla ma non di portarla in valigia. L’ha voluta con sé, come un amuleto, per 63 GP iridati nei quali, oltre al successo di Misano, colse altri quattro podi, tutti in 250. Classe 1961, dalla provincia di Ravenna, nella quarto di litro doveva vedersela con avversari come Freddie Spencer, Carlos Lavado, Toni Mang e Sito Pons. Tutti pluricampioni del Mondo, prima o poi. Con loro non ha mai avuto nessuna esitazione, zero complessi d’inferiorità. Mentre con i tecnici è stato diverso. I veri disagi, da quanto ricorda, li ha vissuti nel box.
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