Ripercorriamo la carriera di Roberts Jr., che si laureò campione vent'anni fa, 20 anni dopo il padre, regalando alla Suzuki il suo ultimo Mondiale
Se pensate che accettare l’ingaggio di Garry Taylor fosse per lui una passeggiata, vi sbagliate. Junior lasciò la squadra di famiglia per passare in Suzuki con più di un patema e molte confessioni.
Dollari, ok. Ma, soprattutto, per lui si intravedeva una maggior libertà di espressione, unita ad un mezzo molto più competitivo. All’inizio del 1999, nel team anglo - giapponese c’erano tanti pezzi portati dal reparto corse e Kenny sintetizzò così: “Dannazione, abbiamo tanto di quel materiale nuovo, da non sapere come provarlo tutto”.
Diciamo che le parti poi collaudate sono andate “benino”, il resto lo ha fatto il polso destro dell’americano. Prima vittoria a sorpresa, 8 aprile 1999: sulla pista di Sepang, Junior vola in curva con la RG500, meno dotata dal punto di vista cavallerizzo e con una inferiore velocità di punta nei rettilinei. No problem; tra derapate e pieghe al limite, il californiano batte tutti, tra cui un certo Michael Doohan ed il compagno di squadra Alex Criville. Biaggi, Checa, Kocinski e compagnia bella dovettero cedere le armi al pilota numero 10, su una moto dalla livrea davvero azzeccata.
Il muretto Suzuki esplose in una gioia contenuta, tipica dell’elegante aplomb di Taylor, barbuto, sapiente e dai modi raffinati. Ad un certo punto, nel garage in festa, entra un uomo, non tanto alto, con una giacca a vento rossa. Era papà Kenny, in lacrime. Per la prima volta, il duro cowboy fece i complimenti al figlio. Fu l’inizio di una serie di successi, non tantissimi, ma molto importanti.
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