ALCALÀ DE GUADAIRA (SPAGNA) - 250, che cilindrata è? Troppo perché la possa guidare un sedicenne e troppo poco per dare i brividi a un motociclista esperto. Ma la risposta è proprio lì: non è un punto d’arrivo, però può essere un bel punto di passaggio. Profumo di sportiva a un prezzo da scooter. Le 250 non corrono più nel motomondiale ma c’è chi ancora ricorda il successo commerciale delle Suzuki RGV 250 e delle Aprilia RS 250: piccole, cattivissime e stradali. Divertenti ma a misura di percorsi aperti al traffico. La Honda propone un’interpretazione dello stesso concetto in chiave quattrotempistica: una moto facile ma già con qualche velleità. Il primo passo “serio” per chi ha guidato solo lo scooterino e non vuole lanciarsi a occhi chiusi in un’avventura più grossa di lui. La moto del resto c’era già, costruita nelle filiali di Thailandia e India in risposta ai limiti di legge dei mercati interni, e importata anche in Italia.
Nella silhouette il richiamo alle Honda più grosse è evidente, meno nelle finiture, adeguate in rapporto al prezzo. La CBR250R comunque colpisce l’occhio, sportiva senza eccedere. Nonostante la carena va benissimo anche in città: non è leggera, per la sua cilindrata, ma sono solo 160 kg e il baricentro è basso, si sentono poco; ed è corta e stretta, la sella è bassa e si arriva bene a terra, non mette in difficoltà. Anche se la posizione di guida non è perfetta: la carena protegge poco e i semimanubri sono vicini, di conseguenza alla lunga si affaticano le spalle. Il controllo comunque è buono, la CBR250R è facile anche quando la strada si fa sinuosa perché è maneggevolissima, si indirizza col pensiero e all’occorrenza scarta in maniera fulminea: sembra nata per giocare tra curve e controcurve, nello stretto.
Non è rocciosa ma è stabile quanto serve, neutra a centro curva. Se ci si vuole togliere qualche sfizio, non si tira indietro: il telaio è ineccepibile e qualche bella piega non si nega a nessuno; la CBR250R è anche abbastanza stabile in velocità, per quanto non sia quello il suo terreno preferito. Dove c’è spazio di miglioramente è nelle sospensioni. La forcella morbida è comodissima su fondi brutti ma propensa ad affondare: in staccata va giù e alleggerisce il posteriore, ma peso e prestazioni “umane” rendono tutto controllabilissimo, in frenata e in curva; dietro invece la moto non tende a sedersi ma la risposta è secca.
Bene i freni, l’anteriore è morbido nell’attacco e potente quando si aumenta la stretta sulla leva, dietro bisogna pestare di più ma la risposta c’è; la moto di questo test però aveva comandi a intervento combinato e ABS, che non ci sono sulla versione importata in Italia.
Di tutto il pacchetto la sorpresa più grossa è il motore. Diversissimo dai vecchi e rabbiosi due tempi, ma con un suo perché.
Tira fin da basso e a 6000 giri la spinta si fa interessante, da lì sale progressivamente fino a 10.500 giri; inutile spremerlo senza sugo fino agli 11.000 del limitatore, meglio cambiare e sfruttarne la generosità. Non ha un carattere spiccato ed è rumoroso ma è pieno, gustoso. Divertente nel misto, soprattutto con una ciclistica come questa che permette di giocare, provare e sperimentare. Il cambio a sei marce non brilla per precisione ed è duretto ma è ben spaziato; eccellente la frizione, modulabile e morbida.
Sa di moto vera, la CBR250R, perché il richiamo alla carenatura, al fanale, allo scarico della VFR1200F è forte. Le somiglianze però si fermano lì perché la 250 è una moto progettata all’insegna della semplicità. Qua e là sbuca un tradizionalissimo telaio perimetrale in tubi di acciaio, così come sono tradizionali le sospensioni: forcella convenzionale con steli di 37 mm Ø – nemmeno tanto grossi – e dietro forcellone scatolato in acciaio con leveraggi Pro- Link e ammortizzatore regolabile nel precarico. Nulla di sconvolgente ma è tutto quel che serve, perché la CBR250 bada sia al sodo, sia a mantenere un buon equilibrio tra qualità e prezzo. Dunque i comandi hanno un disegno tutt’altro che inedito ma sono funzionali, e le finiture sono un po’ spartane: qualche tocco appagante nell’estetica generale, qualche particolare non troppo rifinito, per 4200 euro è un buon livello.
Ha un’impostazione tradizionale anche il motore, monocilindrico a quattro tempi con distribuzione bialbero a quattro valvole, iniezione e raffreddamento a liquido; adeguato a una moto che non nasce per vincere il mondiale ma per dare tanta soddisfazione senza chiedere molto in cambio.
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