L'INTERVISTA - Stefano a 360°: "Ho pensato due volte di smettere, trovarmi senza né moto né supporto ha acceso la luce. Sono maturato più tardi di altri. Fenati? Sono andato avanti"
Il primo ricordo che molti hanno di Stefano Manzi sul palcoscenico mondiale risale al GP di Silverstone 2016, classe Moto3, quando in sella ad una Mahindra - nelle vesti di wild card - fece impazzire i big della categoria per tutta la gara, fino a chiudere ai piedi del podio. Dello Stefano di quel giorno è rimasta la cadenza romagnola, il numero 62 ed il talento, mentre tanti altri elementi dentro e fuori dalla pista sono cambiati. In meglio sotto tanti aspetti, grazie ad un insieme di esperienze dal sapore agrodolce, che lo hanno portato ad un passo dal ritiro prima ed allo status di prima guida Yamaha in Supersport ora, con il sogno di passare in SBK ma soprattutto tanta voglia di recuperare il tempo perso.
Stefano, come ti descriveresti come pilota?
“Direi che sono un pilota che già vissuto tanti momenti diversi all’interno della carriera. A grandi linee direi che sono passato dall’essere uno dei più promettenti in Italia, che doveva sfondare, a non combinare nulla, tanto da rischiare di terminare la mia carriere molto presto. In seguito ho ricominciato e mi sono ripreso, anche in termini di risultati, ed il cambio di paddock tra MotoGP e SBK è stato l’ultimo grande cambiamento finora”.
E come persona invece?
“Potrei dire circa le stesse cose. Se ci fai caso chi riesce ad arrivare in alto è chi matura rapidamente, sin da giovane: io non rientro in questa categoria, e questo probabilmente mi ha portato ad ottenere poco. Come dico spesso anche tra me e me però è meglio scoprire tutto questo un pochino dopo che a 40 anni, quando è tutto finito e non restano che i rimpianti. Come persona quindi sono maturato un po’ più tardi rispetto ad altri o all’età in cui avrei dovuto, ma sto continuando a farlo e questo ora mi sta aiutando molto, mi sta riportando sulla strada corretta”.
Ti senti più maturato come persona o come pilota negli ultimi 5 anni?
“Entrambi, ma tutto parte dalla persona. Direi negli ultimi 3 anni, dove ho fatto un grande passo in avanti in termini di maturazione, dopo essere rimasto per tanto tempo su una strada che mi stava portando a smettere. La presa di coscienza dal punto di vista personale mi ha fatto crescere tanto anche in moto”.
La tua carriera è fatta di momenti difficili e grandi risalite, anche inaspettate a tratti. Come te lo spieghi?
“Secondo occorre un po’ scindere le cose. A livello di guida della moto ho sempre saputo come andare forte, anche da bambino, ma non essendo maturo non riuscivo ad essere costante, preparando nel modo giusto una stagione. Di conseguenza andavo a sprazzi, facendo magari la gara della vita prima di tornare nell’anonimato due Gran Premi dopo. Questi alti e bassi sono dipesi molto dallo Stefano fuori dalle moto. La maturazione degli ultimi anni invece mi ha portato ad essere più costante nell’arco della stagione”.
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