Temi caldi
Oltre all’usura c’è il rischio della rottura: dipende dal disegno, dalla superficie, dalle condizioni di lavoro e dal materiale usato
Massimo Clarke
1 apr 2025
Succede di rado ma ogni tanto qualcosa si rompe. Accade in qualunque dispositivo e non soltanto nei motori. Alcuni componenti hanno una determinata vita utile e vanno sostituiti alle scadenze previste dal costruttore. Altri devono essere esaminati periodicamente alla ricerca di minuscole crepe (eventualmente) formatesi in seguito al funzionamento prolungato.
Altri ancora possono cedere repentinamente e senza preavviso e vanno sostituiti per precauzione dopo un certo periodo di impiego. La grande maggioranza delle rotture degli organi meccanici è causata dalla fatica, che si verifica in seguito a sollecitazioni ripetute nel tempo. Il pezzo cede dopo un certo numero di cicli sotto un carico che cambia periodicamente e il cui valore massimo è molto inferiore a quello di snervamento del materiale. Riducendo l’entità di tale sollecitazione, il cedimento avviene dopo un numero di cicli notevolmente maggiore. Se per esempio si piega di 45° e si raddrizza più volte un pezzo di filo di ferro, la rottura avviene dopo un numero di cicli superiore a quello necessario se esso venisse piegato di 90°. La fatica è dunque dovuta a forze che variano ciclicamente e può essere causa di cedimenti prematuri o di rotture apparentemente imprevedibili. Se è facile pensare che essa possa interessare i componenti mobili, è meno intuitivo immaginare che possa coinvolgere anche quelli fissi, ma in alcuni casi è così. Le viti non di rado possono rompersi per tale motivo, per esempio. La fatica da contatto è la tipica causa della messa fuori uso dei cuscinetti volventi. Le sfere o i rulli esercitano sulle piste di rotolamento pressioni localizzate elevatissime, e il continuo e prolungato passaggio da tali carichi a zero, e viceversa, a lungo andare può determinare la formazione di minuscole crepe sulla superficie o subito sotto di essa. Con il tempo ciò causa il distacco di pezzi di metallo e quindi la messa fuori uso del cuscinetto.
Poiché la fatica è cumulativa, e poiché i componenti in questione in genere cedono in questo modo, senza dare alcun preavviso, il solo esame visivo non basta per stabilire se essi possono essere ancora utilizzati. Per questa ragione, quando si effettua un intervento meccanico che comporta l’apertura del basamento, è buona norma sostituire comunque i cuscinetti di banco, anche se appaiono in buono stato. Quando si parla di fatica termica si cita usualmente la zona tra le due valvole di scarico, che effettivamente è la più sollecitata dato che raggiunge le più elevate temperature dell’intera testa. A caldo, il materiale in tale punto tende a dilatarsi maggiormente, rispetto a quello nelle zone vicine, che quindi ostacolano tale espansione. Si creano così delle elevate tensioni e il limite di snervamento del materiale può essere superato, ciò comporta una deformazione permanente. Quando la testa si raffredda, la parte in questione tende a contrarsi ma sarà allora ostacolata. In questo caso il susseguirsi di cicli trazionecompressione può portare alla formazione di crepe che crescono con l’aumentare del numero dei cicli stessi. I dischi freno in ghisa, se non flottanti, potevano essere interessati da problemi di questo genere. E analogamente, essi possono dar luogo a danni economici importanti quando causano la formazione di crepe negli stampi metallici per fonderia.
Qualunque componente mobile può cedere a fatica se non è disegnato correttamente o se presenta piccole irregolarità superficiali. Le variazioni di sezione vanno studiate con attenzione, per evitare qualunque rischio di eccessiva concentrazione delle tensioni. Non ci devono essere spigoli vivi e i raggi di raccordo vanno studiati con grande cura. Particolarmente critici sono quelli tra i perni di banco e di biella e gli spallamenti dell’albero a gomiti.
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