Motori 4 cilindri a V: 120 anni di Storia | Officina

Dalla francese Clément, prima moto a superare i 100 km/h, all’era moderna, iniziata con le innovazioni della Honda

Motori 4 cilindri a V: 120 anni di Storia | Officina

Massimo ClarkeMassimo Clarke

11 giu 2024

La classe regina del Motomondiale da qualche anno è dominata dai motori con quattro cilindri a V. A difendere l’architettura in linea è rimasta soltanto la Yamaha. Quando è stata istituita la MotoGP non c’era l’obbligo di adottare quattro cilindri, e in effetti si sono visti anche il tricilindrico in linea della Aprilia e il V5 della Honda. Poi è intervenuto il regolamento e i motori sono diventati tutti quadricilindrici.

Il vantaggio di un elevato frazionamento ai fini della potenza che si può ottenere sono indiscutibili, e ne abbiamo parlato più volte in queste stesse pagine. Più cilindri, a parità di rapporto corsa/alesaggio, significano maggiore superficie dei pistoni e la possibilità di raggiungere regimi di rotazione più elevati. Ovvero avere potenze superiori, ferma restando la cilindrata.

Cilindri in linea o a V: le differenti filosofie | Officina

Motori 4 cilindri a V: la Storia


Non parleremo delle ragioni che spingono a scegliere un’architettura a V piuttosto che in linea e di quale angolo tra i cilindri sia preferibile, ma ci limiteremo a una panoramica tecnico-storica. Il primo quadricilindrico per moto del quale si ha notizia risale al 1902. Si tratta del francese Clément, dall’architettura a V piuttosto stretta. Con un alesaggio di 75 mm e una corsa di 85 mm, aveva una cilindrata di 1501 cm³ e una potenza di 12 cavalli. Questa moto, che per quanto se ne sa è stata la prima a superare i 100 km/h, ha corso per circa un anno, per lo più all’interno dei velodromi. In seguito sono stati prodotti svariati motori di serie a quattro cilindri in linea longitudinale. Erano raffreddati ad aria e si può immaginare in quali condizioni lavorassero i cilindri posteriori…

Per trovare un altro quadricilindrico a V è stato necessario attendere il 1930, anno al termine del quale la Matchless ha presentato la Silver Hawk di 600 cm³ (alesaggio e corsa = 50,8 x 63 mm). I cilindri erano in un unico blocco, dato che l’angolo tra essi era di soli 26°. La distribuzione monoalbero era comandata da un alberello e due coppie coniche, con valvole parallele e non inclinate. L’albero a gomiti, dotato di due perni di manovella, poggiava su tre supporti di banco. Tra 1931 e 1935 ne sono stati costruiti circa 500 esemplari. Verso la fine degli anni Trenta la risposta dell’industria inglese alle Gilera e BMW sovralimentate che ormai dominavano nel campionato europeo (il Mondiale dell’epoca) è stata con l’AJS 500 quattro cilindri a V di 50°, distribuzione monoalbero con comando a catena e compressore a palette. Nato con il raffreddamento ad aria nel 1938, il motore è stato ben presto modificato adottando quello ad acqua. L’alesaggio di 50 millimetri era abbinato a una corsa di 63 mm.

Per quanto riguarda la potenza, si parlava di un’ottantina di cavalli. Il quattro cilindri a V è tornato a far parlare di sé nella prima metà degli anni Ottanta con la mastodontica Ducati Apollo che, dopo essere stata provata a lungo, è rimasta purtroppo allo stadio di prototipo. Il suo motore aveva un alesaggio di 84,5 mm e una corsa di 56 mm per una cilindrata totale di 1260 cm³. Il raffreddamento era ad aria e la distribuzione ad aste e bilancieri. La V era di 90°, il che consente di ottenere un’equilibratura assai buona e quindi di fare a meno di un albero ausiliario di bilanciatura (necessario invece per angoli minori, come quello di 65° della Aprilia RSV4). Poiché i due cilindri anteriori sono orizzontali, questo schema costruttivo viene anche definito a L. Analoga architettura aveva la CZ 350 da Gran Premio apparsa nel 1969, nella quale i quattro alberi a camme (due per ogni bancata) erano comandati da due cascate di ingranaggi. Il motore aveva un alesaggio di 50 mm e una corsa di 44 ed erogava oltre 50 cavalli a 13.000 giri/min.

4 cilindri a V: il boom Honda, poi l'Aprilia


Il vero boom dei motori con quattro cilindri a V è iniziato con le Honda della serie VF/VFR, costituita da una nutrita famiglia di modelli stradali di grande diffusione con cilindrate comprese tra 400 e 1000 e infine anche 1200. I più famosi sono stati quelli di 750 cm³, dai quali sono derivate anche moto da competizione che hanno ottenuto importanti risultati negli anni Ottanta e Novanta. Spiccano i due mondiali Superbike conquistati dalla RC 30 (1988 e 1989) e quello della RC 45 (1997). La V era di 90° e il raffreddamento ad acqua. Questi motori avevano quattro valvole per cilindro e una distribuzione bialbero con comando inizialmente a catena e in seguito (dal 1985) a ingranaggi. Nei modelli apparsi prima del 1990 l’angolo tra le valvole era di 38°, poi è sceso a 32° e in seguito a 26° (RC 45, entrata in scena nel 1994). Nella VFR 1200 del 2010 l’angolo tra i cilindri è sceso a 76°. La Honda ha prodotto anche un quadricilindrico a V con asse di rotazione dell’albero a gomiti disposto longitudinalmente. Si tratta della Pan European, realizzata in versioni di 1100 e 1300 cm³.

Per i modelli della serie Venture, ovvero VMax, entrata in scena nel 1985, la Yamaha ha optato per un’architettura a V di 70°. La cilindrata era inizialmente di 1200 cm³ e poi è salita a 1300 grazie a un aumento dell’alesaggio, che è passato da 76 a 79 millimetri (mentre la corsa di 66 mm è rimasta invariata). La distribuzione era bialbero a quattro valvole disposte su due piani inclinati tra loro di 36°. Un nuovo motore di 1680 cm³ (90 x 66 mm) ha fatto la sua comparsa nel 2009, questa volta con un angolo tra le due bancate leggermente ridotto (65°); pure quello tra le valvole è diminuito, passando a 29°. Per alcuni modelli di grossa cilindrata, come la LV 1200 e la Cavalcade 1400, la Suzuki ha scelto di impiegare motori con quattro cilindri a V di 82°.

Un angolo ancora più stretto (65°) è stato adottato dall’Aprilia per la sua RSV4 che tanti successi ha ottenuto nelle competizioni delle Superbike (tre titoli mondiali piloti tra il 2010 e il 2014). Il suo motore di 1000 cm³ ha un alesaggio di 78 mm e una corsa di 52,3 mm ed è dotato di un albero ausiliario di equilibratura. Nella versione da gara la potenza è arrivata a circa 230 cavalli. All’angolo di 90° è invece rimasta fedele la Ducati per le sue recentissime V4 stradali.

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