La tedesca Goldmann fu pilota e giornalista, ma non ottenne quanto meritato. Vi raccontiamo la sua storia
In questa rubrica, ho sempre amato parlare delle giovani promesse del motociclismo, anche per dare loro un po’ di visibilità in un mondo nel quale sfondare è molto difficile. Mi piace parlare delle ragazze italiane impegnate nei vari campionati, ma questa volta vorrei compiere un passo indietro lungo, molto lungo, oltre 90 anni.
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Già, perché nel 1929, a Berlino, nasceva Anke-Eve Goldmann, un’autentica pioniera delle due ruote, che ha messo anima e corpo per il riconoscimento delle donne nel motociclismo. È stata una pilota, ma anche la prima donna giornalista in questo settore e, a lungo, ha collaborato con testate di rilievo come Cycle World, Das Motorrad e Moto Revue. In più, aspetto molto interessante, è stata la prima donna a indossare una tuta intera in pelle per gareggiare in moto: l’aveva pensata e disegnata lei stessa, con una cerniera diagonale sul petto per una più facile vestibilità.
Purtroppo al tempo venne schernita e oltraggiata per il suo modo di essere anticonformista e avanguardista, ma negli anni in cui corse in moto, dimostrò di avere un gran talento. A 24 anni iniziò a gareggiare in sella a una BMW R67/3: questa Casa costruttrice fu il suo primo grande amore tanto che vi corse per ben 17 anni consecutivi. La BMW la fece diventare anche ambasciatrice del Marchio e addetta alla comunicazione. Tra i vari campionati che prediligeva, c’erano quelli di Endurance. Poi, nel 1970, nei pensieri di Anke balenò un’altra moto: fu la MV Agusta a conquistare il suo cuore, e se ne fece fare una “tutta sua” sulla base di una 750 Super Sport.
Passione e impegno non servirono però a nulla: non soltanto aveva dimostrato di intendersi di motociclismo, sia scrivendone che praticandolo, ma il suo percorso non le consentì neppure di diventare membro attivo della Women’s International Motorcycle Association: per molti (uomini) i suoi atteggiamenti, così come la sua tuta e gli scatti in moto che ne derivavano, erano considerati addirittura pornografici, tanto che la Goldmann, sebbene cercò a lungo l’appoggio dei suoi colleghi, alla fine, delusa da tutti, decise di ritirarsi senza più rilasciare interviste, nemmeno dopo l’addio alle corse.
Una storia che dovrebbe farci riflettere: tutto sommato, siamo fortunate a essere “capitate” ai giorni nostri, ma soprattutto è bene non dimenticare mai chi ha lottato per noi e per aprirci le porte.
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