Io guido da sola: la storia di Anke-Eve Goldmann

Io guido da sola: la storia di Anke-Eve Goldmann© Matitaccia

La tedesca Goldmann fu pilota e giornalista, ma non ottenne quanto meritato. Vi raccontiamo la sua storia

17.02.2022 ( Aggiornata il 17.02.2022 13:49 )

In questa rubrica, ho sempre amato parlare delle giovani promesse del motociclismo, anche per dare loro un po’ di visibilità in un mondo nel quale sfondare è molto difficile. Mi piace parlare delle ragazze italiane impegnate nei vari campionati, ma questa volta vorrei compiere un passo indietro lungo, molto lungo, oltre 90 anni.

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Pioniera


Già, perché nel 1929, a Berlino, nasceva Anke-Eve Goldmann, un’autentica pioniera delle due ruote, che ha messo anima e corpo per il riconoscimento delle donne nel motociclismo. È stata una pilota, ma anche la prima donna giornalista in questo settore e, a lungo, ha collaborato con testate di rilievo come Cycle World, Das Motorrad e Moto Revue. In più, aspetto molto interessante, è stata la prima donna a indossare una tuta intera in pelle per gareggiare in moto: l’aveva pensata e disegnata lei stessa, con una cerniera diagonale sul petto per una più facile vestibilità.

Purtroppo al tempo venne schernita e oltraggiata per il suo modo di essere anticonformista e avanguardista, ma negli anni in cui corse in moto, dimostrò di avere un gran talento. A 24 anni iniziò a gareggiare in sella a una BMW R67/3: questa Casa costruttrice fu il suo primo grande amore tanto che vi corse per ben 17 anni consecutivi. La BMW la fece diventare anche ambasciatrice del Marchio e addetta alla comunicazione. Tra i vari campionati che prediligeva, c’erano quelli di Endurance. Poi, nel 1970, nei pensieri di Anke balenò un’altra moto: fu la MV Agusta a conquistare il suo cuore, e se ne fece fare una “tutta sua” sulla base di una 750 Super Sport.

Spunto di riflessione


Passione e impegno non servirono però a nulla: non soltanto aveva dimostrato di intendersi di motociclismo, sia scrivendone che praticandolo, ma il suo percorso non le consentì neppure di diventare membro attivo della Women’s International Motorcycle Association: per molti (uomini) i suoi atteggiamenti, così come la sua tuta e gli scatti in moto che ne derivavano, erano considerati addirittura pornografici, tanto che la Goldmann, sebbene cercò a lungo l’appoggio dei suoi colleghi, alla fine, delusa da tutti, decise di ritirarsi senza più rilasciare interviste, nemmeno dopo l’addio alle corse.

Una storia che dovrebbe farci riflettere: tutto sommato, siamo fortunate a essere “capitate” ai giorni nostri, ma soprattutto è bene non dimenticare mai chi ha lottato per noi e per aprirci le porte.

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