Tecnica: Fabio Taglioni, il papà del Desmo Ducati

Un tecnico al cui nome sono associati un Costruttore di moto (Ducati) e la tecnologia desmodromica, già utilizzata dalla Mercedes nel 1956, in F1, ma sviluppata soprattutto dall'ingegnere italiano, famoso in tutto il mondo: in America veniva chiamato "Doctor T"

Tecnica: Fabio Taglioni, il papà del Desmo Ducati

Massimo ClarkeMassimo Clarke

18 feb 2022

Dalla Marianna alla Pantah


Dalla Marianna sono anche derivati, come disegno d’assieme e soluzioni tecniche impiegate, i successivi monocilindrici monoalbero di serie, con molle delle valvole coperte, e che nel tempo sono stati costruiti in cilindrate comprese tra 125 e 250 cm3 . Una loro profonda rivisitazione ha portato alla comparsa nel 1968 dei motori a carter larghi, impiegati in versioni di 250, 350 e 450 cm3 (dal 1969) sui famosi Scrambler, sui Mark 3 e sui Desmo. La prima distribuzione desmodromica di serie è apparsa sulla Mark 3D nell’autunno del 1968.

Lo schema adottato prevedeva un unico albero a camme con quattro eccentrici (due di apertura e due di chiusura) che azionavano le valvole agendo su bilancieri a due bracci (due dritti e due “rovesciati”). Questa soluzione costruttiva si è rivelata talmente valida che viene impiegata tutt’ora sui motori a due valvole della Casa bolognese.

Con la realizzazione dei bicilindrici a L di 750 cm3 nel 1971 alla Ducati si è aperta una nuova era. Inizialmente la distribuzione, sempre comandata da alberelli e coppie coniche, era di schema convenzionale, con molle elicoidali; in seguito però i motori di questa serie (che hanno visto ben presto crescere la loro cilindrata a 860 cm3 ) sono stati dotati di teste desmo. L’architettura a L, ovvero a V di 90° con un cilindro orizzontale e l’altro verticale, è stata scelta da Taglioni per ragioni di equilibratura e di raffreddamento.

Per quanto riguarda l’attività agonistica, sono rimaste celebri le vittorie nella prima 200 Miglia di Imola con Paul Smart (1972) e quella di Mike Hailwood al TT nel 1978. Meno note ma non meno importanti dal punto di vista tecnico sono state le affermazioni nella massacrante 24 Ore del Montjiuch ottenute con media-record nel 1973 e nel 1975 (con le monocilindriche la Ducati si era già imposta sul celebre circuito catalano cinque volte tra la fine degli anni Cinquanta e il 1964).

L’ultimo progetto di Taglioni a essere sfociato in una produzione di serie è stato quello della Pantah, con motore sempre a L ma con angolo tra le valvole diminuito da 80° a 60° e con distribuzione monoalbero desmo comandata da cinghie dentate. Importante è stato anche il passaggio da un albero a gomiti composito con bielle in un sol pezzo lavoranti alla testa su rullini a un albero monolitico, con bielle dotate di cappello amovibile e lavoranti su bronzine. La Pantah originale, entrata in produzione nel 1979, veniva proposta in versioni di 500 e di 350 cm3. A esse se ne sono in seguito aggiunte altre con cilindrate via via maggiori. Il motore del famoso Monster, che per anni è stato un autentico best seller, è stato un diretto discendente, che ha ulteriormente confermato la bontà delle scelte fatte a suo tempo dall’ingegner Taglioni.

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