MotoAmerica: l'altro pianeta

La creatura di Rainey punta a ridestare il vivaio statunitense. Ma per i big, come Elias e il campione in carica Beaubier, gli Usa sono un punto d’arrivo, e non di partenza

MotoAmerica: l'altro pianeta

Mirko ColombiMirko Colombi

23 gen 2020 (Aggiornato il 25 gen 2020 alle 10:51)

Il paddock

Il paddock è come tutti lo vorrebbero: aperto e senza barriere. Camminando tra tende e gazebo, si possono incontrare i propri idoli, condividere un selfie, chiacchierare come vecchi amici. Essendoci box in muratura soltanto ad Austin e Laguna Seca – e non per tutte le squadre – è facile ammirare i meccanici al lavoro, magari sbirciando qualche peculiarità tecnica portata dalle strutture ufficiali. 

“Welcome to the show”, è il motto a stelle e strisce. Le due ruote rappresentano un semplice satellite, ma Rainey vuole farlo splendere come una stella. Il contatto tra addetti ai lavori e pubblico è fondamentale, in pista si vedono famiglie al completo, sulle colline sono parcheggiati caravan dalle smodate dimensioni e si sprecano i barbecue, sui quali si griglia ogni tipo di carne, accompagnata da una birra, a volte due. Il tutto, con sottofondo di musica rock e rombo dei motori.

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