"Jorge va in America perché ha voluto qualcosa in più. Gli italiani possono recitare ruoli importanti, e c’è la curiosità Ducati"
Stefano Taglioni
30 dic 2024
Giusto il tempo di mettere al collo la medaglia d’oro di campione del Mondo, nell’ultimo GP stagionale proprio nella sua Spagna, e Jorge Prado è emigrato in America per realizzare il suo sogno dai tempi del Minicross. Arrivato al Mondiale a 15 anni (a fine 2016, disputando gli ultimi tre GP subito con un secondo posto di manche) nel suo primo anno intero di MX2, 2017, vinse tre GP ma non brillò per preparazione fisica. La KTM lo spostò per il 2018 al Team De Carli, dove vinse subito due titoli MX2. Al primo anno di MXGP è stato terzo, poi quinto nel 2021, quindi l’escalation: terzo nel 2022, anticamera della doppietta mondiale nel 2023 e 2024.
Le nuove prospettive dell'Italia in MXGP e MX2
Una doppietta inframmezzata dalla prima esperienza americana: in California, Prado ha corso con i colori GASGAS le prime quattro prove del Supercross 2024. Qualche buon piazzamento e una manche di qualifica vinta nella seconda tappa a San Francisco con pista fangosa sono bastati per la decisione: l’America sarebbe diventata la prospettiva del galiziano. Il quale è reduce dalla migliore stagione in MXGP, in cui ha vita a un’avvincente lotta con Tim Gajser e Jeffrey Herlings: con 11 vittorie di GP, e 16 podi, Prado ha colto il suo quarto titolo iridato. Il giorno dopo il Cross delle Nazioni, Jorge è partito per la California per iniziare la sua nuova vita con il team ufficiale Kawasaki Monster Energy.
Aprendo un inevitabile interrogativo: come sarà il Mondiale senza il padrone dell’ultimo biennio? Lo abbiamo chiesto a Chicco Chiodi, che di Mondiali ne ha vinti tre (nella 125 nel 1997, 1998 e 1999) e che ha anche corso negli USA, tra National e Supercross. “È una grossa perdita per il Mondiale, ma posso capire Prado: dopo aver ‘assaggiato’ l’America è difficile togliersela dalla testa. Quando io sono partito, non era per trasferirmi definitivamente, ma alla fine è lo stesso… Posso garantirvi che entrare in pista in uno stadio con quarantamila spettatori, come nella mia prima ad Anaheim... Le sensazioni sono molto forti, tali da poterti distruggere o esaltare”.
Puoi capire la scelta di Prado, quindi.
“Sì. Anche Jorge fin da piccolo è stato appassionato di Supercross. Dopo aver vinto il Mondiale, lo rivinci, cresce la motivazione di voler dimostrare qualcosa in più, alzare l’asticella. Di Mondiali ne ha vinti quattro e capisco che in lui sia cresciuta l‘idea di confrontarsi con i migliori dall’altra parte del Mondo. È ancora giovane e qualcosa di buono lo ha già fatto vedere nelle quattro prove che ha corso a gennaio. Va in uno dei migliori team ufficiali, imparerà presto. Poi negli States si guadagna anche di più, c’è questo ulteriore aspetto che però non può essere la spinta determinante: quando sei un campione vero sei animato dalla voglia di vincere e di affermarti contro i migliori, nel campionato più importante”.
Quest’anno hai seguito sette prove del campionato, come “trainer” nel Mondiale femminile, e hai visto da vicino la MXGP.
“Gajser e Prado mi sono sembrati subito i migliori. Ricordo a Maggiora, a metà stagione, quando mi chiesero chi avrebbe vinto il Mondiale: risposi Jorge, perché rispetto a Tim mi sembrava un po’ più calcolatore, cioè capace di gestirsi meglio nelle manche in ottica campionato, sapendo a volte anche accontentarsi. Prado è stato velocissimo ma mai al limite”.
Senza Prado, cosa ti aspetti nella prossima MXGP?
“Per prima cosa serve capire quali saranno le condizioni di Herlings e del suo ginocchio, anche se sembra che per l’inizio della stagione Jeffrey possa essere pronto. Quest’anno mi è sembrato guidare ragionando più del solito, anche se a inizio Mondiale non era bello da vedere, troppo rigido… Da metà stagione ha guidato meglio e ha recuperato punti, ma Prado e Gajser sono stati più regolari. Senza Jorge si può puntare su Tim, che è stato in lotta con lo spagnolo fine all’ultimo, e il suo primo avversario può essere Herlings”.
Chi può essere una sorpresa?
“Un pilota con un grande potenziale è Maxime Renaux: se torna a posto fisicamente può lottare con i primi, poi c’è anche Romain Febvre, che nel 2023 ha vinto sei GP e quest’anno ha ottenuto otto podi nonostante l’infortunio alla mano di metà stagione. Poi per il titolo non ne vedo altri. Per esempio Jago Geerts va molto forte ma sarebbe una sorpresa vederlo così in alto. Tra i giovani starei attento a Lucas Coenen perché è successo diverse volte che quando vai forte con la 250 puoi essere subito veloce anche con la 450”.
Quali sono le prospettive degli italiani?
“Alberto Forato ha fatto esperienza, sta sempre migliorando e fisicamente per la 450 è davvero messo bene, anche nell’ultimo GP in Spagna in Gara 1 era in zona podio. Lo vedo un po’ più avanti di Mattia Guadagnini e Andrea Bonacorsi. Mattia può essere una sorpresa perché il suo potenziale è alto, ma ora serve anche capire il feeling con la moto: la Ducati è nuova ed è ovvio che sia ancora da sviluppare, ma ho visto guidare Alessandro Lupino in Spagna e mi ha convinto. Bonacorsi, al primo anno di 450, oltretutto neanche intero, ha fatto bene: è un ragazzo che lavora molto e la 250 gli stava stretta. Se trova continuità può viaggiare a ridosso della Top 5 e fare un buon campionato”.
Cosa ti aspetti dalla novità Ducati?
“La prima guida sarà un pilota esperto come Jeremy Seewer ma al momento è difficile prevedere per quale posizione possa lottare; quest’anno ha fatto quarto in campionato, ma con due podi e senza acuti, mi aspettavo un po’ di più da lui e soltanto in Turchia mi è davvero piaciuto. Può fare molto bene, vediamo se la Ducati è ‘giusta’ per lui”.
Cosa pensi del fatto che un pilota della Top 10 mondiale, Valentin Guillod, non abbia trovato un team, e debba correre da privato?
“Non è una bella notizia per il Mondiale, d’altronde abbiamo visto che ha chiuso un team come Standing Construct Honda (che schierava Forato, nde), e squadre nuove non se ne vedono, quindi trovare una sistemazione è diventato davvero difficile. Il calendario con venti tappe e tante gare extraeuropee è molto impegnativo, i costi sono elevati e trovare sponsor oggi è difficile. Inoltre gli ingaggi per i piloti non sono al top e forse c’è chi corre gratis…”.
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