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25 ott 2010
Dopo aver conosciuto il nome del primo campione, dopo sedici Gran Premi e aspettative più o meno rispettate, si può cominciare a tracciare un primo bilancio sulla nuova “middle class”. Partendo da due domande, che riguardano gli argomenti di cui si è maggiormente discusso fino ad ora.
La Moto2 è davvero una categoria più democratica e più economica rispetto alla 250 da cui ha raccolto il testimone? Ha quindi centrato i suoi primi obiettivi? Lo ha fatto solo in parte. Di sicuro ha ridato vigore ad una categoria che ultimamente stava soffrendo un costante calo di partecipanti e che di fatto era nelle mani di un solo costruttore (il Gruppo Piaggio). Ma fino ad ora non si è dimostrata così economica.
Dopo sedici GP si è capito (ma i team lo sapevano già prima di cominciare) che una squadra che punta a vincere, se schiera due piloti deve garantirsi un budget di almeno 2 milioni di euro. E forse non le bastano. Negli ultimi anni della 250 una squadra con la stessa struttura e le medesime ambizioni spendeva anche 2,4 milioni (se utilizzava il meglio della tecnologia Aprilia). Quindi la differenza non è così marcata. Tuttavia si dice che i costi sono stati ridotti. Perché?
Perché in generale, cioè non considerando solo i top team, la Moto2 è effettivamente più accessibile. Ad esempio, si usa una sola moto per pilota (anziché due, come in 250) e già per questo si risparmia un po’ anche nel personale, visto che una sola moto si riesce a gestire con una o due persone in meno. Ma se parliamo di squadre veramente degne di un campionato del mondo, i budget non sono così economici.
Tutto sui reali costi della Moto2 sul numero 43 di Motosprint in edicola
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