MotoGP, Luca Marini: "La rinascita Honda? Ci credo"

MotoGP, Luca Marini: "La rinascita Honda? Ci credo"© Luca Marini

ESCLUSIVA: "Il percorso per riportarla al vertice è lungo, ma anche se le Ducati sono
al top, non sono pentito della scelta: volevo un team ufficiale"

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09.09.2024 ( Aggiornata il 09.09.2024 16:14 )

Corre contro avversari e tempo, i primi ancora da raggiungere, il secondo dalla doppia valenza. Luca Marini lavora sodo assieme al Team Repsol Honda, squadra che aspetta il ritorno sul podio di pilota e moto. Fuori dalle corse, il ventisettenne coccola la moglie Marta, in dolce attesa. Duplice condizione, impegnativa, vissuta dal fratello di Valentino Rossi, l’anno scorso uscito dalla struttura di famiglia, per accasarsi sotto l’Ala (sarà anche protettiva?) Dorata. Stando alle parole del numero 10, decisamente sì: “Eccome” sgrana gli occhi, confermando l’impressione positiva. “bene con i miei ragazzi. Facciamo gruppo e tutto procede alla grande. Ordini di arrivo a parte, ovviamente, perché tutti noi desideriamo figurare nelle zone nobili della classifica”.

Luca Marini e la sfida Honda


Qualche passo avanti da Portimao all’Austria si è anche visto, ma non basta.

“Esatto, è la sintesi dell’enorme lavoro cominciato tra autunno e inverno, più avanti ‘esploso’ tra primavera ed estate. Dopo i test invernali, complicati ma importanti, ci siamo resi conto di dover cambiare. Gli ingegneri avevano imboccato una strada di sviluppo non perfetta. Trazione e accelerazione costituivano i problemi maggiori, sono le caratteristiche in cui abbiamo fatto registrare progressi, sebbene ci sia da intervenire su altri punti fondamentali nella guida al limite. Vorrei la capacità storica della Honda di voltare lesta e stretta nelle curve. Inserimento e uscita rappresentano i punti forti della RC213V da non snaturare, anzi, da mantenere”.

Hai quasi sempre vissuto nei box italiani: com’è invece il rapporto con gli ingegneri giapponesi?

“Come facilmente immaginabile, al principio del progetto avevo tutto da scoprire. Quindi, non soltanto squadra e moto, ma anche tecnici e addetti della Casa. L’idea che mi ero fatto all’inizio, di giorno in giorno confermata da momenti e particolari, è questa: con gli italiani si può affrontare una specie di ‘su dai, possiamo farcela!’”.

Con i nipponici, invece?

“Al contrario, con loro rischi e azzardi nemmeno si contemplano. Avendoci a che fare ormai da mesi, ho capito una cosa: loro sono precisi, non lenti. Se fossero veramente lenti, non sarebbero in grado di rifare completamente una moto in circa tre gare. Hanno voluto e ci siamo resi conto di dover cambiare. Gli ingegneri avevano imboccato una strada di sviluppo non perfetta. Trazione e accelerazione costituivano i problemi maggiori, sono le caratteristiche in cui abbiamo fatto registrare progressi, sebbene ci sia da intervenire su altri punti fondamentali nella guida al limite. Vorrei la capacità storica della Honda di voltare lesta e stretta nelle curve. Inserimento e uscita rappresentano i punti forti della RC213V da non snaturare, anzi, da mantenere”.

Hai quasi sempre vissuto nei box italiani: com’è invece il rapporto con gli ingegneri giapponesi?

“Come facilmente immaginabile, al principio del progetto avevo tutto da scoprire. Quindi, non soltanto squadra e moto, ma anche tecnici e addetti della Casa. L’idea che mi ero fatto all’inizio, di giorno in giorno confermata da momenti e particolari, è questa: con gli italiani si può affrontare una specie di ‘su dai, possiamo farcela!’”.

Con i nipponici, invece?

“Al contrario, con loro rischi e azzardi nemmeno si contemplano. Avendoci a che fare ormai da mesi, ho capito una cosa: loro sono precisi, non lenti. Se fossero veramente lenti, non sarebbero in grado di rifare completamente una moto in circa tre gare. Hanno voluto e vogliono accertarsi che tutto funzioni, prima di portarlo nei weekend di gara. Sul metodo, inoltre, io e loro ci troviamo sempre abbastanza allineati. Ho visto quanto sia determinante offrire sensazioni corredate da spiegazioni specifiche e dettagliate”.

A dare man forte, dall’Aprilia arriverà Aleix Espargaró.

“Potrebbe essere un tester perfetto, in virtù dell’esperienza maturata a Noale. Ecco, perché non porta in Honda pure qualche bel disegno tecnico (ride)? Aleix conosce i segreti della RS-GP, è un veterano, sa fornire indicazioni. Spero, in ogni caso, che la Honda tenga Stefan Bradl. E mi auguro arrivino nuovi ingegneri a occuparsi del progetto, magari italiani”.

Si parla di Fabiano Sterlacchini.

“Devo ancora conoscerlo, comunque la notizia di qualcuno che arriva da fuori è importantissima. Diciamoci la verità: non siamo al livello desiderato e, in determinati frangenti, la moto 2024 è uno step dietro alla 2023. Infatti, ribadisco: devono arrivare risorse di un certo calibro e curriculum”.

Giravano voci di contatti innescati tra Honda e Torprak Razgatlioglu.

“Ho sentito. Non si sarebbe rivelato così tanto d’aiuto alla Honda, secondo me. Io mi trovo benissimo con Joan Mir, gran professionista e persona fantastica. Ma al di là di questo, se deve arrivare un nuovo pilota, è meglio che sia proveniente da Ducati, Aprilia o KTM, portando conoscenze ulteriori. Se si cambia qualcosa, bisogna toccare le parti giuste. C’è voluto tempo per far capire ai giapponesi la necessità di cambiare atteggiamento, e due anni di contratto senza stravolgimenti sarebbero lunghi. Troppo. E quelli davanti mica si fermano”.

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La caccia alla Ducati continua.

“Ciascuna caratteristica funziona bene sulla RC213V, il problema è che manca un secondo e mezzo di prestazione assoluta. Stiamo lavorando sul comparto meccanico e attorno al pacchetto aerodinamico. Grande attenzione è posta sui dispositivi di partenza, quelli della Honda sono più semplici rispetto a quelli della Ducati. In generale, al di là dei risultati, la nostra moto è più bella da guidare di quanto non lo sia una Desmosedici”.

Otto Ducati sono tante, oltre che veloci.

“Va bene, le Desmosedici sono su un altro livello, ma nel 2025 caleranno a quota sei. Due Ducati in meno, maggior divertimento. Si spera (ride). L’attualità dice di una lotta instaurata con la Yamaha. Vogliamo vedere quale moto tra RC213V e M1 arriverà a podio. Stiamo lottando con la Casa di Iwata, sapendo che Ducati, Aprilia e KTM sono sopra. I media sostengono come la Yamaha stia recuperando terreno, però anche qui da noi ci si è rimboccati le maniche. So che dal Giappone arriveranno ottime mosse in ottica futura. Vedremo, aspetto”.

A proposito di attese: tra non molto la tua vita cambierà.

“Sto trascorrendo molto serenamente questa meravigliosa fase della mia vita. Io e Marta volevamo condividere la gioia di essere genitori, eccoci. Io sto attraversando un momento personale positivo, felice e tranquillo. Io e mia moglie cercavamo un passo avanti a livello familiare, perciò ci godiamo la quotidianità fino alla nascita prevista in ottobre”.

Come ti immagini nel ruolo di… babbo?

“Mi vedo bene! Sento di essere cresciuto parecchio negli ultimi anni, trovandomi sempre più a mio agio con i bambini, al contrario di ciò che accadeva fino a poco tempo fa. Se prima prevaleva un certo impaccio, nel recente biennio ho avuto una sorta di evoluzione: i cani che abbiamo a casa io e Marta mi hanno aiutato. Prendermi cura di loro è stato di aiuto ma c’è anche una reale apertura nei confronti di cose nuove, divertenti e interessanti da fare. Inoltre, lei: Marta è mamma nel DNA, un dono che ha dentro”.

Pensi di più alla prossima natalità o al ritorno all’alta classifica?

“La nascita arriverà di certo. È soltanto questione di pazienza. La vittoria, invece, la si ottiene tramite step corretti. L’obiettivo principale in Honda è tornare al successo, guardando gara dopo gara a dove possiamo ambire. Salire la scala è fondamentale. Quando guardo le Ducati, lassù, una parte del mio ego vorrebbe tornare a lottare per le prime posizioni, situazione che avevo guidando una Desmosedici. Ma la consapevolezza mi ricorda che in Honda ho trovato gli strumenti che mi consentiranno di giocarmi il titolo. Stiamo lavorando per arrivarci nel minor tempo possibile, sebbene io abbia maturato una convinzione”.

Si può conoscere?

“Guidare una Ducati oggi e non ritrovarsi nei migliori cinque, è come patire una sconfitta o poco meno. Come si fa a essere contenti fuori dalla Top 5 con una Desmosedici? La moto di Borgo Panigale resta il modello da battere, credo sia evidente quanto abbiano alzato l’asticella la Ducati e la Michelin. Cronologici e record sono in continuo miglioramento”.

Quanto è cresciuto il valore della sfida in MotoGP?

“Tantissimo. Ducati, Aprilia e KTM hanno compiuto un evidente balzo in avanti rispetto alla stagione scorsa, i piloti anche. Lo si era notato già nel precampionato: ognuno di noi è super preparato e motivato, l’asticella è spinta sempre più su, una continua lotta contro il tempo”.

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