MotoGP, la rivelazione di Stoner: “Meglio andava il weekend, più volevo morire”

Il campione australiano ha rivelato di soffrire di un forte stato d'ansia mai diagnosticato quando era in attività: "Sarebbe stato più facile gestire la mia mia carriera se l'avessi saputo prima"

MotoGP, la rivelazione di Stoner: “Meglio andava il weekend, più volevo morire”
© Getty Images

Christian CaramiaChristian Caramia

3 feb 2022 (Aggiornato alle 17:01)

La carriera di Casey Stoner si è interrotta nel 2012, quando il fenomeno australiano aveva solo 27 anni. Un addio dovuto allo scarso amore per la vita che la top class richiedeva, abbinata ad alcuni problemi di salute di cui Casey ha iniziato a parlare apertamente solo negli ultimi anni.

Come ormai noto, il due volte campione del mondo soffre di stanchezza cronica, un malessere unito a un perenne stato d’ansia diagnosticato solo di recente e non quando Stoner era in attività.

Il racconto di Stoner


"Mi è stata diagnosticata l'ansia solo di recente, in realtà non sapevo nemmeno cosa fosse", ha detto Stoner al podcast Gypsy Tales. "Onestamente, prima della diagnosi pensavo che l’ansia fosse solo qualcosa che la gente si inventava per giustificare lo stress. Tutti si stressano”.

Una situazione che ha gravemente condizionato il fisico dell’ex campione: "Anche la mia schiena si blocca a causa dell'ansia. È una sensazione che avverto quando mi trovo in situazioni in cui mi sento a mio agio”.

La pressione delle aspettative


"Sarebbe stato più facile gestire la mia carriera se l'avessi saputo prima. Avevo una cattiva reputazione perché a volte ero molto chiuso con le persone o con la stampa, perché non mi sono mai sentito a mio agio nel farlo, ha proseguito Casey, prima di raccontare le sensazioni vissute durante le ultime stagioni in MotoGP: "Per non parlare della domenica, del giorno della gara... Per anni, probabilmente negli ultimi due anni di gare in MotoGP, più il weekend andava meglio, più volevo morire. MI sarei raggomitolato sul pavimento del camper, malato come un cane e con lo stomaco in mille nodi. Non volevo correre. Non potevo sentirmi peggio, più apprensivo”.

“Sentivo la pressione della squadra, di tutti quelli che mi seguivano. Avevo una squadra di 70 persone e, soprattutto quando sei il pilota numero uno, tutti si aspettano una vittoria. Solo dopo aver concluso la mia carriera, ho compreso il perché di tutto questo”, ha concluso l’ex Honda e Ducati.

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