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Nella seconda puntata del nostro podcast, parliamo con il campione del mondo 500 del 1993: "Biaggi era elegante in sella: è una qualità che avrei voluto anch’io. Ma non mi lamento: quando la Honda studiò la superiorità della Suzuki in staccata, capì che in realtà il segreto… ero io".
7 dic 2022 (Aggiornato alle 08:49)
La staccata di Kevin Schwantz all’ultimo giro del GP Germania 1991 a Hockenheim è la schiacciata di Michael Jordan allo Slam Dunk Contest NBA del 1988, il gol in slalom di Diego Armando Maradona contro l’Inghilterra nei Mondiali di calcio di due anni prima, lo smash spalle alla rete di Andre Agassi agli US Open del 1995. Il texano che fa il rodeo aggrappato ai freni lascia il pubblico a bocca aperta, proprio come il numero 23 dei Chicago Bulls quando ha spiccato il volo dalla linea del tiro libero per affondare la palla nel canestro, la stessa padronanza con cui El Pibe de Oro è partito palla al piede dalla propria metà campo per bruciare cinque giocatori e scartare il portiere, il medesimo istinto con cui il tennista americano ha mollato un colpo alla cieca esplosivo come una mina.
Dal campione in sella alla Suzuki bollata Lucky Strike, insomma, la scintilla di un lampo capace di illuminare uno sport e sintetizzarne le sfumature più impensabili e imprevedibili, esplosivo come un diretto destro di Muhammad Ali, spettacolare come un tuffo alle Olimpiadi di Seoul ’88, Greg Louganis che sembra un angelo. Ma l’atto di Schwantz va messo nel contesto, per essere apprezzato appieno. Prima: Wayne Rainey e la sua Yamaha che si fumano il rivale sul dritto, a circa due chilometri dalla bandiera a scacchi. Dopo: il numero 34 che si butta dentro in staccata all’ingresso del Motodrom, l’ultima parte del circuito, cinque curve una dietro l’altra.
Continua ad ascoltare la storia di Kevin Schwantz cliccando su podcast qui sotto:
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