Addio Reinhold Roth, vero combattente in sella e nella vita

Il tedesco si è spento ieri, all'età di 68 anni. Campione Europeo e vice iridato in 250 Grand Prix, lasciò le competizioni nel 1990, a seguito del terribile incidente rimediato a Rijeka, dal quale ne uscì in stato vegetativo

Addio Reinhold Roth, vero combattente in sella e nella vita
© Milagro

Mirko ColombiMirko Colombi

16 ott 2021 (Aggiornato alle 12:19)

Chi ci ha corso contro, descrive un pilota fortissimo. Chi ne ha condiviso attimi di vita, giura sulla sua veracità. Addio Reinhold Roth, oppure arrivederci, magari in un Motodrom paradisiaco, nel quale incontrarci e parlare della 250 Grand Prix che fu, classe in cui sei stato un vero specialista e simbolo di una nazione.

Nato il 4 marzo del 1953 e spentosi ieri, il tedesco era proprio germanico, nell'aspetto e nello stile, nella mentalità e nei marchi calzati. No, la sua Honda era giapponese e lui l'ha condotta benissimo, tanto da sfiorare il titolo mondiale della quarto di litro in ben due occasioni, nel 1987 e 1989.

Sulla Yamaha, invece, la perentoria affermazione ottunuta nel 1982, stagione che lo vide trionfare nel Campionato Europeo di categoria. La sua giovane età, l'atteggiamento ed il talento lo portarono nei palcoscenici iridati, nei quali ha collezionato trofei valevoli di 3 Gran Premi, 15 podi, 2 pole position e tre giri veloci. 

Avversario duro ma leale

I vari Sito Pons, Anton Mang - connazionale, odiato ed amato allo stesso tempo - Jacques Cornu. Martin Wimmer, Carlos Cardus e Jean-Philippe Ruggia hanno incrociato le linee di Reinhold più volte, ben sapendo che, anche quando sembrava domato, in realtà mai era da considerarsi tale.

Perché Roth guidava al limite, sempre, senza però perdere controllo e concentrazione. A conferma della tesi, basti controllare l'ordine di arrivo delle tante stagioni spese al vertice. Pochissimi i ritiri registrati, comunque non per cause sue, semmai per guasti meccanici o sfortune.

E poi, la guida: se è vero che la duemmezzo andava portata su un binario e soavemente, è altrettanto giusto dire come egli riuscisse a "piegarla al suo volere", tuttavia senza spezzarla. Quando i rivali si lamentavano di gomme dallo scarso grip e motori di flebile potenza, lui dava tutto e basta, per poi festeggiare esibendo i baffi bagnati di birra. Tedesca.

Vita divisa in due

Purtroppo, il Gran Premio di Yugoslavia nel 1990 rimane anche l'ultimo che si possa di Roth raccontare. Durante una fase contraddistinta da pioggia e scarsa visibilità, fu micidiale l'impatto tra la sua NSR e la moto del lentissimo Darren Milner. Limpatto devastante lasciò a terra Reinhold. Non si rialzò più con le sue gambe.

Dopo un lungo periodo di coma, il pilota ne uscì emiplegico, ovvero, non in grado di usare correttamente gli arti, con grandi problematiche legate anche alla comunicazione. Il tedesco ha quindi trascorso circa 30 anni in una sorta di stato vegetativo ma, chi lo ha curato con devozione, giura: "Guardave le gare e capiva tutto. Tutto".

Un arresto respiratorio lo ha portato via, ieri, dalla famiglia e dalle ingiustizie della vita. A noi piace ricordarlo in azione con la 250, certo, ma anche con la 350 e 500, tutterigorosamente a due tempi. Grazie a RR, la Germania riuscì ad accrescere visibilità ed interesse nei confronti delle due ruote professionistiche.

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