Perché l’India, nonostante tutto, è fondamentale per la MotoGP

Perché l’India, nonostante tutto, è fondamentale per la MotoGP© Luca Gorini

Dopo problemi coi visti, aerei persi e dubbi sulla sicurezza le tre classi del motomondiale sono scese in pista regolarmente sul Buddh International Circuit che sarà importante per il futuro

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22.09.2023 ( Aggiornata il 22.09.2023 17:32 )

I dubbi erano tanti e fino a non più di 72 ore al via della prima sessione di prove tanti tra piloti ed addetti ai lavori avevano dubbi sulla possibilità di disputare regolarmente il GP d’India. Invece, grazie ad un incredibile sforzo fatto da Dorna con l’aiuto delle autorità indiane, si è riusciti a fare in modo che tutti i protagonisti arrivassero in tempo nel circuito Buddh International Circuit. Di Gran Premi annullati all’ultimo ne abbiamo visti anche di recente, basti pensare al Kymi Ring in Finlandia o al GP del Kazakistan che avrebbe dovuto debuttare quest’anno. Perché allora Dorna ha spinto così tanto perché si riuscisse a correre in India nonostante tutte le difficoltà emerse?

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India: quanti problemi

Come abbiamo scritto nelle ultime settimane, il GP d’India ha rischiato di saltare per diverse situazioni, e anche ora che i piloti sono giunti in circuito non sono mancati i problemi, a partire dal secondo turno di libere ritardato perché i commissari a bordo pista erano sprovvisti di acqua nelle postazioni fino ad arrivare alle complicazioni coi visti che hanno portato diversi team, piloti e addetti ai lavori a ripiegare in voli last minute per arrivare a Nuova Dehli. Tralasciando il fatto che si è aggiunta una pista che è stata omologata solo il giovedì mattina e che comunque ha lasciato tanti dubbi ai piloti nel caso dovesse venire a piovere, anche la situazione sanitaria indiana ha destato preoccupazioni con una epidemia simile al Coronavirus che ha obbligato le autorità indiane ad applicare lockdown localizzati però in regioni fortunatamente molto distanti dalla pista, circa 2000km. A questi aggiungiamo il rischio paventato nei giorni precedenti al via delle operazioni in pista di serpenti ed altri animali selvatici, più o meno pericolosi, che potevano entrare in pista e le condizioni per annullare il GP ci sarebbero state senza troppi problemi per Dorna.

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Tanti problemi? Molte più opportunità!

Nonostante tutto questo il GP si sta svolgendo e le prime impressioni dei piloti sulla pista sono assolutamente positive. Dorna ha profuso un impegno incredibile per portare fino in fondo la realizzazione del primo GP d’India della storia del motomondiale. La domanda che tanti possono essersi fatti è: ma ne vale davvero la pena? Per Dorna la risposta è ovviamente: si. Il primo su tutti è ovviamente il fatto che l’India è potenzialmente il mercato più grande al mondo, lo stato indiano infatti è il più popoloso al mondo, secondo gli ultimi dati infatti gli abitanti della Repubblica dell’India sono oltre 1,430 miliardi, un numero che ha superato la popolazione cinese. Questo vuol dire che oltre il 17% della popolazione mondiale vive in India, uno degli stati (e dei mercati), più in crescita negli ultimi anni.

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Tante case sono “indiane”

L’India non è solo lo stato più numeroso al mondo, secondo il Fondo Monetario Internazionale l’economia indiana è la quinta più grande al mondo e vale 3,46 trilioni di dollari ma non solo, la continua crescita dello stato nato solo nel 1947, potrebbe portare il PIL indiano a superare quello americano entro il 2045. Questa potenza economica ha portato alcune case indiane a poter rilevare importanti fette di aziende del automotive internazionale. Marchi storici come Royal Enfield, BSA e Norton Motorcycles sono tornati a nuova vita grazie ad aziende indiane che li hanno rilevati ed oggi oltre a spopolare nel mercato asiatico sono tornati anche nel mercato europeo. Forse non molti sanno che anche due case legate al motomondiale come Triumph (che fornisce i motori alle Moto2) e KTM (che invece corre sia in Moto3 che MotoGP) hanno accordi con l’azienda indiana Bajaj.

Se per la casa inglese l’accordo con Bajaj è solo di natura commerciale, con la casa indiana che gestisce la rete vendita e la produzione di moto di piccola cilindrata per conto di Triumph, Bajaj ha iniziato a rilevare fin dal 2007 parte delle quote azionarie di KTM arrivando a controllare il 48% delle quote societarie della casa austriaca prima di scambiarle nel 2021 per ottenere una partecipazione del 49,9% in PTW Holding AG (la società madre del gruppo KTM). Bajaj produce nei propri stabilimenti tutte le “piccole” KTM 125, 250 e 390 e dal 2011 anno del debutto della 125 Duke ha prodotto oltre un milione di KTM. Anche Brembo è presente con il marchio ByBre nel sub continente indiano da oltre un decennio e produce impianti frenanti per oltre il 50% dei motocicli prodotti in India.

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Creare interesse, in attesa di piloti

Il title sponsor del GP annunciato solo poche settimane fa è Indian Oil, la più grande azienda petrolifera controllata da uno stato e al 94esimo posto al mondo per fatturato nel 2022. Se queste sono le premesse vuol dire che il Governo indiano, che sarà presente in questi giorni in pista vuole far si che il GP d’India diventi sempre più importante e Dorna ha la possibilità in un momento economico complicato di accaparrarsi risorse economiche importanti in un mercato che come detto è il più grande al mondo. Nuovi appassionati, nuovi sponsor e ovviamente nuova liquidità che entra nelle casse di una azienda che dalla pandemia di Covid-19 in poi ha subito non pochi scossoni.

Con una popolazione così vasta e oltre 20 milioni di moto vendute all’anno, l’assenza di un pilota indiano nel motomondiale è quasi inspiegabile. Questo weekend ha debuttato in Moto3 Kadai Yaseen Ahamed che però è sembrato molto acerbo e lontano dal livello del mondiale. Tuttavia Ahamed è il secondo pilota indiano a debuttare nel motomondiale: nel 2011 infatti in 125GP debuttò Shankar Sarath Kumar che dopo non essersi qualificato nelle gare del Qatar e di Jerez riuscì a centrare l’accesso alla gara all’Estoril dove chiuse in 24esima posizione prima di venire sostituito dal norvegese Sturla Fagerhaug. Avere una gara in India non potrà fare altro che far crescere ulteriormente l’interesse per il motomondiale e creare percorsi per i giovani piloti per far si che arrivino un giorno, non troppo lontano, anche nel motomondiale.

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