La narrazione sportiva ha da sempre un peso specifico enorme nell’impatto mediatico degli eventi e, ancor di più, nel modo in cui la passione arriva al pubblico. È una lente attraverso cui il tifoso si immedesima, comprende, sogna. Uno strumento potentissimo di connessione emotiva, capace di trasformare un sorpasso o una staccata in un’epopea, e un pilota in un eroe. Ma proprio in questo risiede anche il rischio più insidioso: quello di distorcere la realtà. La narrazione sportiva, quando si piega eccessivamente all’epica, tende a estremizzare: idolatra, affossa, esagera. Prende la verità e la modella, fino a renderla a volte irriconoscibile.
È in questo contesto che si muovono Pecco Bagnaia e Marc Marquez, protagonisti mediatici e sportivi della stagione 2025 della MotoGP. Due nomi messi uno contro l’altro quasi per dovere di copione, inevitabilmente chiamati a incarnare il duello che il mondo si aspetta. Il primo è il campione uscente, il volto pulito della dedizione e del metodo, il secondo è il fuoriclasse rinato, l’animale da gara che ha ritrovato il morso e lo sta mostrando con ogni singolo sorpasso.
Sarebbe riduttivo sottolineare quanto Marquez stia facendo la differenza da quando è salito in sella alla moto ufficiale Ducati. I numeri parlano da soli, ma ciò che più impressiona è il modo in cui tutto ciò avviene: la fame, il talento puro, la capacità di adattamento. Tutto lo riporta nel novero dei campioni generazionali, quelli che trasformano ogni curva in un manifesto della loro superiorità. Ma ridurre tutto a un confronto tra vincente e perdente è sbagliato, Bagnaia non è lo sconfitto, è piuttosto un campione dentro una tempesta, una tempesta fatta di variabili tecniche e psicologiche che stanno oscurando il suo potenziale.
Dalla moto 2025 che sembra lontana dal suo stile di guida, alla pressione crescente di chi lo vorrebbe sempre impeccabile, fino a una concorrenza che è cresciuta in modo esponenziale e guidata, ironia della sorte, dall'altro Marquez, Alex; inevitabile pretendente della sella ufficiale di Bagnaia da qui ai prossimi due anni. E c’è poi un altro fattore che spesso passa sotto traccia, ma che nello sport di vertice ha un peso devastante: la percezione interna. In casa Ducati, il ruolo di leader di Bagnaia sembra meno saldo e le dichiarazioni pubbliche di Davide Tardozzi e Luigi Dall’Igna, spesso più calorose verso Marquez e più tiepide, se non critiche, nei confronti di Pecco, contribuiscono a creare un clima in cui l’aria diventa più pesante. Dove prima c’era fiducia incondizionata, ora c’è attesa, forse anche scetticismo.
I toni usati con Marquez sono spesso elogiativi, quasi reverenziali; quelli rivolti a Bagnaia più duri, critici, talvolta impazienti. È un racconto che rischia di essere controproducente, perché nel gioco delle percezioni, ogni dichiarazione pesa e quando il pilota di riferimento inizia a sentire incrinarsi quella fiducia che dovrebbe essergli blindata, anche il campione più solido può entrare in crisi. E Pecco, che negli ultimi anni ha incarnato il volto vincente della Ducati, oggi appare indirizzato verso un pericoloso isolamento, quantomeno sotto il profilo del morale, quantomeno fino alla prossima vittoria.
Celebre è la frase “la pressione è un privilegio”, pronunciata dalla tennista Billie Jean King, dodici volte vincitrice Slam e immortalata all’ingresso del campo centrale di Wimbledon. Ecco, la vera sfida di Bagnaia oggi è proprio questa: accogliere la pressione come un privilegio, prima ancora che come condanna, sebbene assomigli più ad un'immensa onda da fronteggiare piuttosto che ad una gentile discesa da godere. Prima di Marquez, prima della GP25, prima persino della lotta per riprendersi il trono che ha occupato, con merito, nel 2022 e 2023. Paradossale, forse, che un tre volte iridato debba ancora dimostrare qualcosa nel regno che lui stesso ha contribuito a edificare, ma è così che funziona la narrazione: pretende sempre un’ultima prova, un’ulteriore conferma. E non fa sconti, nemmeno ai re.
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