Polvere di Stelle: il culto della storica Motom

Polvere di Stelle: il culto della storica Motom

A Monza, un “raduno nel raduno” ha dato lustro a un Marchio capace di offrire modelli innovativi. Non tutti, però, entrarono nella produzione di serie

29.07.2022 ( Aggiornata il 29.07.2022 20:13 )

In genere, tra i quesiti che arrivano a questa rubrica da parte degli appassionati lettori, frequentemente trovo: “Qual è la moto più bella?” o “Più veloce?” o “Più preziosa?”.

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L'innovativa Motom


Come sa bene chi segue “Polvere di Stelle”, non amo stabilire delle classifiche, consapevole che sarebbero contestabili con diversi argomenti. Però, almeno per le moto di produzione italiana, ritengo che sul tema “Innovazione” ci sia modo di mettersi d’accordo se non su una graduatoria di merito, almeno su un ristretto elenco di modelli dalle caratteristiche indiscutibilmente innovative.

Personalmente propongo, in ordine cronologico, questa brevissima lista aperta: Garelli 350 due tempi a cilindro sdoppiato (1919); Moto Guzzi 500 monocilindrica (1921); Piaggio Vespa 98 (1946); Motom 50 (1947); Motom 98 (1953); Aermacchi Chimera 175 (1955); Piaggio Ciao (1967); Ducati 250 Mark 3 Desmo (1968); Piaggio Vespa Bimodale (1990). Mi sono fermato a 30 anni fa e ho escluso i prototipi mai entrati in produzione e le moto da corsa.

Sabato 4 giugno, a Monza, mentre mi aggiravo nel paddock dell’autodromo in occasione del raduno quinquennale Gilera di cui vi ho dato un resoconto nella scorsa puntata di Polvere di Stelle, ho scoperto che in un grande box si stava svolgendo un altro raduno di cui non ero a conoscenza, quello della Motom, intitolato “Motom in pista”, giunto alla settima edizione e organizzato da Corrado Baracco (motominpista@gmail.com).

Dovete sapere che una Motom è stata il primo veicolo che ho guidato. Non un ciclomotore, non una motoleggera, ma una motozappa con due ruote gemelle al posto delle lame e un rimorchietto con sedile collegabile stabilmente all’unità motrice. Non ricordo esattamente la cilindrata, né il numero di marce. Ricordo invece che si avviava a strappo e che era un veicolo terribilmente instabile, l’ideale per imparare a dosare i bollenti spiriti. Lo strapazzavo senza pietà e non si rompeva mai.

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