Polvere di Stelle: la storia delle intuizioni all'italiana

Polvere di Stelle: la storia delle intuizioni all'italiana

Il trend dei motori pluricilindrici venne dettato anche dalla Bianchi, con la 500 collaudata da Alberto Ascari, e dalla Benelli, con modelli che tuttavia furono meteore

25.07.2022 ( Aggiornata il 25.07.2022 19:09 )

La tecnica delle moto da corsa si è evoluta fin dai primordi senza sosta. Genialità, mire di mercato, guerre e cambiamenti di regole sono sempre stati gli stimoli al progresso, e la storia delle competizioni di Velocità (ma anche di Motocross e di Trial) è un insieme di capitoli scritti da uomini e moto vincenti e indimenticabili. Chi vince è protagonista; chi non si batte per vincere, soprattutto possedendo il potenziale per farlo, scivola presto nell’oblio.

Polvere di Stelle: la dinastia Maffeis

Motori pluricilindrici


Ma Polvere di Stelle ama portare alla luce proprio ciò che è stato dimenticato, e naturalmente la ricerca è indirizzata a motociclette speciali, in questo caso bolidi progettati e costruiti per i confronti internazionali di Velocità, ma, per motivi diversi, mai scesi in pista, oppure semplicemente collaudati in vista di un debutto mai effettuato. Per sviluppare questo argomento ho scelto di limitarmi alle moto con motori pluricilindrici – da tre a otto – cioè appartenenti a quella tendenza tecnica impostasi nel mondo delle corse nella seconda metà degli anni Trenta del secolo scorso ed esasperata dopo la nascita del Mondiale nel 1949.

Come sempre, c’è una cronologia da rispettare in queste indagini, ma questa volta non è difficile stabilire un inizio, perché tre furono le motivazioni che portarono gli ingegneri, specialmente quelli delle industrie italiane più impegnate agonisticamente in ambito internazionale, a scegliere il frazionamento spinto dei motori. La prima fu l’ammissione che la competitività raggiunta dai monocilindrici inglesi rendeva molto difficile e impegnativo batterli adottando lo stesso schema. La seconda fu la constatazione che la Gilera 500 quattro cilindri – nata Rondine – grazie agli oltre 30 CV in più del suo motore aveva raggiunto una netta superiorità sui monocilindrici inglesi, pur essendo più pesante e meno maneggevole e stabile.

La terza fu la scelta – negligentemente o presuntuosamente ignorata dalla maggior parte dei tecnici del Regno Unito – della sovralimentazione che, abbinata ai motori plurifrazionati, permise di ottenere potenze per allora stratosferiche. In Inghilterra soltanto la AJS tentò, fin dal 1935, la strada del quattro cilindri. Per la precisione un V4 bialbero sovralimentato e raffreddato a liquido, realizzato in diverse versioni fino al 1939 e portato anche in corsa al TT e al GP Ulster prima di essere pensionato per lo scoppio della guerra.

1 di 3

Avanti
  • Link copiato

Commenti

Leggi motosprint su tutti i tuoi dispositivi