Niente più rivalità "di una volta"? Ecco la nuova MotoGP

Niente più rivalità "di una volta"? Ecco la nuova MotoGP© Getty Images

Le ultime stagioni sono state caratterizzate dall'assenza di una forte rivalità tra piloti, sempre più tendenti ad andare d'accordo e al "politically correct"

06.07.2022 21:22

La rivalità è uno tra i fattori più importanti che incidono nella visione e nella realtà sportiva, il fuoco che accende una prestazione o un evento, e che, soprattutto, tiene fan, tifosi, spettatori e addetti ai lavori, incollati con occhi e orecchie a tutto ciò che succede. Tant'è che la crescita esponenziale che la MotoGP ha avuto dall'inizio del millennio ad oggi deve la sua fortuna anche alle rivalità createsi. Talmente ostiche, aspre, e delle volte malsane, da produrre l'effetto positivo di far avvicinare il cuore e la testa delle persone.

Come detto, già all'interno della parola e del significato di "sport" è presente il concetto di rivalità, che etimologicamente fa riferimento all’atteggiamento reciproco dei due rivali, competitivo e quasi ostile. In tal senso non fa eccezione il Motomondiale, che sin dagli albori ha visto generare sfide e duelli passati alla storia. Le rivalità generano le storie dietro gli atleti, e le storie generano interesse e appeal, un qualcosa che nella MotoGP di oggi, forse, sta venendo meno.

Le storiche rivalità del Motomondiale


La storia del Motomondiale, come ben sappiamo, è ricca di sfide avvincenti e rivalità epiche, da quella tra Giacomo Agostini e Mike Hailwood, contrassegnata da una nobiltà d'animo che finì per avvicinare i due piloti tanto da farli diventare amici; a quella meno "amichevole" bensì dura e cruda come quella tra lo stesso 15 volte iridato e l'inglese Phil Read, che dimostrandosi veloce sulla stessa moto dell'italiano, si dichiarava più competitivo del rivale, innescando di conseguenza una feroce rivalità.

Si sa, gli atleti più vincenti sono sempre i più bersagliati e perciò nella carriera di Ago troviamo anche altri piloti con i quali diede vita a storie e rivalità avvincenti, come ad esempio Kenny Roberts o ancora la sfida tutta italiana con Renzo Pasolini, pilota istintivo e caratterialmente opposto ad Agostini. Il tutto generò un seguito mai visto prima in Italia, scatenando opinioni a mezzo stampa e non solo. Il successivo avvento dei piloti americani ha poi portato con sè una nuova spinta in tema di rivalità, principalmente con la sfida tra Wayne Rainey e Kevin Schwantz, due piloti opposti per mentalità e stile di guida. Con l'arrivo di Valentino Rossi questo fattore ha raggiunto l'apice, soprattutto sotto il profilo mediatico; nella sua lunga carriera il "dottore" è stato protagonista di innumerevoli scontri che hanno coinvolto non solo la pista ma anche la comunicazione al di fuori delle gare.

Gibernau, Biaggi, Lorenzo, Stoner e Marquez sono stati i principali avversari di Rossi in tal senso. La rivalità con Biaggi è forse la più iconica, capace di dare nuova linfa all'intero campionato, smuovendo tifosi e soprattutto attrazione mediatica. Cronologicamente parlando, l'ultima rivalità degna di nota è stata invece quella con Marc Marquez, per certi versi la più "malsana", passateci il termine, tra tutte, come dimostra il controverso epilogo della stagione 2015.

Meno polemiche, più politically correct


Negli ultimi anni, però, la MotoGP ha assistito ad un'inversione di questa tendenza. Le nuove generazioni di piloti, improntate e cresciute in un sistema più puritano e per certi versi "professionale" davanti alle telecamere e non solo, non hanno (ancora) dato vita ad alcuna rivalità degna di nota, anzi. I tre protagonisti della stagione in corso: Bagnaia, Quartararo ed Aleix Espargarò si sono più volte dichiarati amici ed in buoni rapporti. Una dinamica sportiva che all'epoca dei "fantastici 4" era inusuale da vedere.

Il tutto, come detto, potrebbe essere figlio di una nuova generazione di piloti (e di una società) che vive lo sport in un modo più "politically correct", prestando molta attenzione alle parole usate davanti ai media e delle volte anche alle azioni compiute in pista, con il fine di non aizzare polemiche e polveroni sostanzialmente inutili. Dal punto di vista umano questa gestione della propria immagine si adatta meglio all'etica sportiva, ma l'altro lato della medaglia evidenzia una perdita d'appeal notevole, soprattutto per uno sport che ha sempre vissuto di istinto ed emozioni.

Piloti in "balia degli eventi"


Ma questa inversione di tendenza è dovuta solo al cambiamento di mentalità di cui abbiamo parlato o è anche figlia di una inusuale dinamica di gara che sta caratterizzando la "nuova" MotoGP? Come dichiarato da Casey Stoner, la classe regina manca del canonico assetto delle ultime "ere", ovvero è vacante della dinamica dominatore/inseguitore, trovandoci anzi di fronte ad un continuo cambio di protagonisti, quasi in ogni weekend di gara. Ci ritroviamo perciò con dei piloti "in balia degli eventi", che si trovano a rivaleggiare a turno un po' con tutti e questo fa sì che non si accenda la miccia capace di provocare quelle antipatie e rivalità, che davano pepe alle gare di un tempo.

Un contesco nel quale non è possibile creare uno stabile terreno fertile per le rivalità, di pista o mediatiche che siano, dando un senso di smarrimento a chi si ricorda di una MotoGP ormai passata. Beninteso, quanto descritto non è necessariamente un male: il livellamento tecnico porta ad un maggiore equilibrio e pertanto ad uno spettacolo potenzialmente maggiore. È pur vero, però, che così facendo vengono a mancare "i personaggi", coloro che incendiano le folle, non solo, con manovre mozzafiato, ma anche con le parole. In una nostra intervista esclusiva, Andrea Scanzi approfondì il concetto di "Sindrome del presepe" relativamente al mondo del tennis, ovvero la tendenza dei maggiori campioni di andare tutti d'accordo reciprocamente, che porta a un appiattimento a livello mediatico. Ecco, non si può negare che sia presente una forte avvisaglia di "Sindrome del presepe" nella MotoGP d'oggi, figlia di un'era ben diversa da quella passata.

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