Daniel Pedrosa: “Il rivale più tosto? La guida di Stoner mi aprì gli occhi”

Daniel Pedrosa: “Il rivale più tosto? La guida di Stoner mi aprì gli occhi”© Lamborghini Squadra Corse

L'intervista esclusiva all'ex MotoGP: "Marquez era l'avversario più forte mentalmente, ma Casey mi stupì. E sulla Lamborghini dico che..."

27.04.2022 ( Aggiornata il 27.04.2022 13:49 )

Mettete Dani Pedrosa in un luogo poco affollato, meglio se all’interno di un ambiente racing, e otterrete una sorpresa. Perché l’immagine del ragazzo timido, introverso, a tratti diffidente che ha accompagnato per tanti anni il 31 volte vincitore di GP nella classe regina, nonché tre volte iridato tra 125 e 250, lascia il posto a un altro atteggiamento.

Merito forse dell’età - mostrata da un ciuffo di capelli bianchi - che ha arrotondato alcuni spigoli, o del fatto che nel paddock di Imola fosse circondato più dalla curiosità che dalle aspettative, ma il Pedrosa che ha debuttato nel Lamborghini Super Trofeo con il Team FFF si è mostrato sorridente e pronto alla battuta. Senza perdere la naturale velocità, perché assieme ad Antonin Borga ha sfiorato il podio di classe con la Huracán Super Trofeo Evo II nella domenica passata alla storia per il debutto di Valentino Rossi nel GT World Challenge Europe.

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L'esperienza tra le auto


“Per il mio esordio in una gara di auto, non volevano farmi sentire disorientato, e allora mi hanno fatto trovare Valentino nel paddock. Giusto per non perdere l’abitudine”, ha scherzato Dani, che ripeterà l’esperienza a Misano e Portimao. Ben sapendo, però, che la MotoGP, da tester della KTM, resta la priorità. “Ho svolto dei test anche sulla Lamborghini per preparare questa gara. Ma più che in pista a Vallelunga, l’esperienza è stata la guida nel traffico di Roma... In Spagna non abbiamo nulla del genere!”.

 Com’è stata la prima esperienza in gara con le quattro ruote?

“Divertente. È un mondo distante rispetto alla MotoGP: per esempio, si parla una “lingua” differente, sovrasterzo, sottosterzo... Poi per la prima volta ho comunicato con il box durante una corsa: sei concentrato su cosa fare in pista, ad alta velocità in mezzo agli avversari, e devi fare attenzione anche a premere il pulsante giusto per parlare via radio. Mi ha colpito anche il modo in cui i piloti ‘maltrattano’ l’auto: prendono cordoli e buche quasi senza rispetto. Io con la moto sono abituato a guidare trattandola con i guanti”.

E poi c’era la novità della gara Endurance: il compagno di team non è più un rivale ma è il primo da aiutare se è troppo lento.

“Io non ho quel problema (ride), visto che il mio ritmo non è come quello del mio compagno. Ma era inevitabile, per esempio certe volte il mio cervello diceva di frenare, ma in realtà avrei dovuto farlo 50 metri dopo. Devo anche dire che a Imola non avevo mai corso, nemmeno in moto. Mi sono trovato bene nelle curve lente: rispetto a quelle più ampie controllo meglio l’auto”.

Hai deciso cosa farai da grande?

“Ho 36 anni, sono già grande! Diciamo che sono in cerca di adrenalina. Le auto sono una bella opzione anche perché non richiedono un allenamento fisico specifico, e alla guida non ho raggiunto i 180 battiti come quando correvo in MotoGP. Un’alternativa è il windsurf sui laghi in Svizzera, dove vivo. E ovviamente c’è la MotoGP: aiutare la KTM nello sviluppo è la priorità”.

Pedrosa, KTM e la MotoGP


Il 2022 è iniziato con il trionfo di Miguel Oliveira a Mandalika, il settimo della RC16. Quanto c’è di Pedrosa in questa evoluzione?

“È una domanda soprattutto per la KTM. Ovviamente abbiamo lavorato al meglio in questi tre anni, i risultati ci hanno premiato, in questo avvio di stagione Brad Binder in Qatar e Oliveira in Indonesia hanno fatto gare favolose. In generale in questo arco di tempo si è visto un grande miglioramento, se pensiamo da dove eravamo partiti”.

Te lo aspettavi?

“Non mi ero posto obiettivi, credevo che saremmo migliorati, ma non sapevo quanto. Ricordo il mio primo feeling, al primo giro... (fa una faccia stranita) mi dissi ‘OK, me l’aspettavo diversa’. Il primo anno è stato utile per capire la moto, cosa faceva, cosa mancava”.

Poi sono arrivati i cambiamenti. E i risultati.

“Il bello è che quando tocchi qualcosa di importante, e il cambiamento funziona, cresce anche la fiducia del pilota. La modifica ha un doppio effetto: migliora la moto ma anche la con fermare l’evoluzione”.

I piloti di oggi e di ieri


Chi apprezzi tra i piloti della nuova generazione?

“Alcuni devo conoscerli meglio, per giudicarli devi studiarli nel tempo, vedendo anche come reagiscono in certe situazioni. Mi piace lo stile di guida di Joan Mir, apprezzo molto Enea Bastianini per come finisce forte le gare, gestendo bene le gomme, lo stesso Pecco Bagnaia l’anno scorso faceva paura. Ci sono buoni piloti tra i ‘nuovi’, ma Marc Marquez è ancora un riferimento”.

Tu hai corso per sei stagioni con Marquez e, purtroppo, hai dovuto superare numerosi infortuni: cosa hai pensato dopo l’incidente di Marc a Mandalika?

“Ho sperato subito il meglio per Marc. Ci siamo anche sentiti, ma non siamo andati molto in profondità, perché oggi lavoriamo per due Case rivali. Quello che posso dire è che la vista è una cosa delicata, per la carriera ma anche per il futuro”.

Tu sei diventato campione del Mondo a 18 anni: oggi il baby prodigio è Pedro Acosta.

“Mi rivedo un po’ in lui, mi è piaciuto il modo in cui si è adattato al Motomondiale. Quando sali dal CEV, cambia tutto, ci sono molte interviste, tanti impegni, il ritmo è differente, poi devi concentrarti sulla guida. Lui è andato subito molto forte, in Moto3 ha gestito la pressione in modo molto naturale”.

Ti dispiace che la tua immagine pubblica sia diversa da ciò che sei veramente? Appari timido, ma sei più espansivo.

“Non amo l’agglomerazione, è noto. Quando c’è tanta gente attorno sono meno a mio agio. Quando Valentino è diventato il riferimento della MotoGP, attorno al 2004, 2005, se non eri come lui, forse non eri ben visto oppure la gente non era nemmeno interessata a conoscerti. Valeva per me e per lo stesso Casey Stoner, che era molto introverso. Ora è cambiato tanto, ci sono piloti con caratteri diversi, ma vengono accolti bene tutti”.

Un nome soltanto: a parità di moto chi avrebbe vinto tra te, Jorge Lorenzo, Rossi, Marquez e Stoner?

“Tutti e cinque avevamo qualcosa di speciale. A livello di guida, risponderei Stoner, a livello di testa Marc, che è stato bravo anche a sviluppare lo stile di guida estremo, con il gomito a terra. Io ho avuto la fortuna, anzi la sfortuna (ride), di conoscerli bene tutti. E posso dire che Stoner mi ha aperto gli occhi con la sua guida”.

Calendario MotoGP 2022

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