L'intervista per "Storie Sprint": "Vi racconto tutto. Honda, Suzuki, Schwantz, la Elf con il forcellone anteriore, le partenze a spinta"
Voi due avete corso sia con la NS 500 a tre cilindri che con la NSR, che montava un V4.
“Già, ma la prima versione della quadricilindrica non era nata nel modo giusto. Nel tentativo di abbassare il baricentro, il serbatoio era stato collocato sotto al motore, mentre le marmitte passavano sopra. Era più potente della V3, ma in termini di maneggevolezza, velocità in curva e guidabilità, era peggiore”.
Nel 1985, al Mugello, uno dei tuoi soliti start: scattasti come una scheggia dalla seconda fila passando in mezzo ai due ufficiali Yamaha, pochi centimetri fra le estremità dei vostri semimanubri, da una parte e dall’altra. Eri così bravo e costante che dopo un po’ iniziò ad apparire come un copione già visto: scattavi in testa, ma poi perdevi terreno.
“Credo che le ragioni vadano ricercate nei miei inizi. Quando avevo cominciato a correre, all’età di 15 anni, guidavo una Norton Commando 750. Era una bicilindrica a quattro tempi molto pesante. Probabilmente mi ero abituato al peggio e con le 500 due tempi avevo vita facile”.
Ti scoraggiavi, quando dopo qualche giro gli avversari ti riprendevano?
“Partire bene è positivo, ma ti mette anche in una situazione di svantaggio. Sulla tua schiena spunta un bersaglio gigante. Sei nel mirino di tutti. Inoltre, offri agli altri un riferimento: inseguendoti e studiandoti possono capire qualcosa di utile per essere più veloci”.
Il 29 marzo 1987 ci fu la prima partenza con il motore acceso, dopo lo stop alla soluzione precedente. In molti si domandarono se Haslam sarebbe partito davanti anche così.
“Risposta affermativa. Scattai dalla seconda fila e andai in testa». In quella gara, a Suzuka, correvi con i colori della Elf, che di prassi schierava un suo prototipo, ma eri in sella a un’altra moto. «Era il mio secondo anno, nell’ambito di quel progetto. La nuova 500 non era pronta e per contratto, nel frattempo, potevo gareggiare con una Honda. Nelle prime otto gare non feci mai peggio di quinto, con due podi. Ma poi quelli della Elf decisero di chiudere l’anno con la loro moto e i risultati calarono. Finii l’annata in quarta piazza”.
La Elf era una moto decisamente strana da vedere: le forme pulite e filanti, ma soprattutto la presenza di un forcellone all’anteriore, anche monobraccio, e un generale rifiuto di ciò che era convenzionale.
“Era un mezzo radicalmente diverso da tutto il resto. Fra Honda e Yamaha c’erano differenze, ma il concetto di base era lo stesso. Nella Elf, invece, era tutto stravolto. Di bello c’era che le possibilità di regolazione, nella messa a punto, erano veramente ampie. E ciò era molto stimolante per chi come me collaudava, perché era più facile capire dove c’era del potenziale”.
Cosa funzionava meglio?
“Penso che il forcellone monobraccio posteriore sia stata la soluzione più azzeccata. Nonostante fosse un concetto nuovo, funzionò come quello tradizionale in poco tempo. Forse non era meglio, ma nemmeno peggio. E aveva potenziale”.
La principale pecca?
“Il forcellone all’anteriore: era troppo pesante”.
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