Esclusiva Max Biaggi: "Il mio team in Moto2? Magari nel 2024"

Esclusiva Max Biaggi: "Il mio team in Moto2? Magari nel 2024"© Luca Gorini/GPAgency

Il sei volte campione del mondo ci ha raccontato il suo punto di vista sul Motomondiale 2022: "La mia squadra si è consolidata e forse, in futuro..."

19.10.2022 ( Aggiornata il 19.10.2022 11:34 )

Immagine e sostanza. Lo Sterilgarda Husqvarna Max Racing è un team capace di contraddistinguersi per unicità delle grafiche, colori e stile, in più vanta un uomo al vertice – Max Biaggi – attento e concreto in ogni scelta utile al raggiungimento dei risultati.

La Moto3 ha una formazione pronta al salto di qualità, comunicativo e prestazionale. I neoacquisti John McPhee (che salterà l'Indonesia) e Ayumu Sasaki possono contare sull’esperienza del cinquantenne romano, quattro volte titolato in 250, doppiamente campione in SBK e protagonista in 500 e MotoGP. Per questo il nuovo capitolo, dopo le annate al vertice con Aron Canet e Romano Fenati, parte con i migliori auspici del caso: “Sono molto ottimista – dice Biaggi alla vigilia del quarto anno nella entry class – ormai siamo consolidati, gli stessi colori della squadra sono riconoscibili in tipiche tinte Husqvarna: le ruote gialle, il blu... la nostra moto è assolutamente identificabile e bella. Facciamo parte dei team riconoscibili di primo acchito, e la cosa mi piace. Come mi piace la strada intrapresa finora in questo bellissimo progetto”.

Come sei arrivato a McPhee e Sasaki?

“Sono andato sul sicuro: John è esperto e già conoscitore della categoria. Volevamo un pilota forte, lo scozzese cercava un top team, ci siamo incontrati nell’accordo di un anno da disputare assieme. Idem con Ayumu, è giovane ma con stagioni completate alle spalle: il giapponese entra nel periodo in cui può sicuramente maturare. Perché è poi al terzo anno iridato che un pilota matura, a meno che non si chiami Pedro Acosta”.

Ti ha impressionato parecchio lo spagnolo?

“Bè, è un talento furioso. Mi ricorda un po’ Joan Mir, che in Moto3 nel 2017 fece un campionato strepitoso. Soltanto che l’attuale pilota Suzuki MotoGP non si trovava all’esordio come Pedro, capace di un debutto iridato strepitoso. Io penso che Acosta andrà subito forte anche in Moto2. Davvero forte”.

A proposito di Moto2: tu e il tuo team ci state pensando?

“Ci ho già pensato, ma prima mi impegnerò al massimo in questa situazione, partecipando alla Moto3 del 2022 e pure alla stagione ventura. Quando io mi lego a un progetto, voglio mandarlo avanti fino a fine accordo, al massimo della dedizione. Più avanti, si vedrà. Nel 2024, chissà, magari la squadra sarà sulla griglia della Moto2, una categoria bellissima da vedere, spettacolare e interessante. Se cinque anni fa era noiosa, oggi invece è avvincente”.

Il parere di Max sulla MotoGP


La stessa MotoGP si preannuncia avvincente: cosa ti ha colpito dei test effettuati a Sepang e Mandalika?

“Mi ha colpito la tre giorni indonesiana, per vari motivi. La location è fantastica, la pista super veloce, da pelo sullo stomaco, e il caldo richiede la capacità di fare la differenza. Sono quelle situazioni estreme e torride che mi sono sempre piaciute: mi vengono in mente le mie gare a Shah Alam, op pure, sempre in Malesia, a Sepang... quando le difficoltà aumentavano, io tiravo fuori il quid decisivo. Occorreva essere allenati e preparati all’epoca, figuriamoci oggi. Detto ciò, penso che a Mandalika i piloti non abbiano espresso il pieno potenziale. I ducatisti si sono nascosti, gli stessi piloti Honda non hanno scoperto le carte”.

Fabio Quartararo si lamenta: la sua è reale difficoltà o mera strategia?

“Quando un campione in carica avverte il suo trono vacillare, muove tutte le persone che lo circondano. Il francese sa quanto la concorrenza sia cresciuta, perciò è preoccupato: il divario della M1 è da colmare e lui lancia allarmi evidenti. Forse la Yamaha non è migliorata come avrebbe dovuto, però non escluderei un’altra cosa. E cioè che Ducati e Honda siano andate ancora più avanti”.

La Ducati ha Pecco Bagnaia, l’italiano più quotato della Rossa. Può laurearsi campione?

“Sì, ritengo che Pecco sia papabile di titolo, ha tutto ciò che serve per riuscirci. Vedo bene pure Jorge Martin, a dire il vero. Attenzione anche a Enea Bastianini. Chi di loro metterà in campo doti di costanza, realizzerà il sogno iridato”.

Marc Marquez sarà costantemente competitivo?

“Marc soffre ancora. Immagino che un trauma importante come il suo richieda davvero un periodo di recupero importante. Se pensiamo che, a seguito dell’infezione, Marquez aveva assunto antibiotici per mesi... pazzesco. In più, la diplopia, per la seconda volta. Bè, quella è sfortuna, eh”.

Biaggi: "Aprilia matura per la vittoria in MotoGP"


È l’anno fortunato per l’Aprilia?  

“L’Aprilia è andata bene a Sepang e a Mandalika. Penso sia arrivato il momento di cogliere la prima vittoria. Bisognerà vedere se la RS-GP potrà reggere il ritmo infernale sulla lunga distanza e nella gestione delle gomme. Anche soltanto due decimi al giro possono fare la differenza. Nei test Aleix Espargaró e Maverick Viñales non hanno cercato il tempo assoluto; la cosa non sarebbe stata costruttiva. Però, dopo questi anni, il momento è maturo: potrebbe arrivare il primo successo firmato Aprilia”.

Sei staro il primo a portare in auge il motociclismo capitolino. Come vedi i concittadini Dennis Foggia, che vuole legittimamente il titolo Moto3, e Fabio Di Giannantonio, che riporta Roma in MotoGP?

“Tutto è possibile per loro, malgrado un pilota scriva pagine proprie quando va sempre forte e colleziona vittorie su vittorie. Se non si è tipi come Acosta o Martin, difficilmente il pubblico si affeziona. Per conquistare il cuore dei tifosi, serve vincere subito, cioè nelle piccole categorie. Poi, però, per rimanere nel cuore degli appassionati, bisogna consolidarsi e abituarsi a eventuali cambiamenti come potrebbero esserlo la MotoGP e la Superbike”.

Quale fu il tuo cambiamento più difficile? Da Aprilia a Honda in 250, o passare in SBK dopo un anno sabbatico?

“Nel 1997, dopo il tris di titoli con l’Aprilia, affrontai un momento inaspettatamente difficile. Dovetti reinventarmi con una squadra messa in piedi all’ultimo istante, con l’aiuto di Erv Kanemoto. Nell’inverno avevamo una sola NSR... andò alla grande: quarto titolo della quarto di litro. Dopo lo stop, invece, trovai una SBK che mi accolse bene. L’ambiente mi piacque subito, mi divertivo, andavo forte, lavoravo con uno stress inferiore a quello a cui ero abituato”.

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