Tourist Trophy, McGuinness: “Un onore essere stato l'ultimo compagno di Joey Dunlop”

Tourist Trophy, McGuinness: “Un onore essere stato l'ultimo compagno di Joey Dunlop”© Honda Racing UK
Il 23 volte vincitore ci ha raccontato cosa rende speciale l'Isola di Man: “Non c'è nulla in grado di prepararti a questa gara. Nel 1982 ero uno spettatore: fu amore a prima vista”

09.06.2025 ( Aggiornata il 09.06.2025 12:18 )

Se si pensa al Tourist Trophy, uno dei primi nomi che vengono in mente è senza ombra di dubbio quello di John McGuinness, vera e propria leggenda delle corse su strada e 23 volte vincitore dell'iconico evento sull'Isola di Man. Grazie a Honda Racing UK abbiamo avuto l'onore di parlare con lui proprio nei giorni del TT, che abbiamo vissuto in prima persona sia a bordo strada che nel paddock. Dalla prima volta sul Mountain Course come spettatore al primo successo, passando per i propri compagni di squadra e le peculiarità del tracciato: ecco cosa ci ha raccontato “McPint”, senza alcuna intenzione di appendere il casco al chiodo.

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McGuinness: "Mi sono innamorato del TT vedendolo da spettatore a Bray Hill"


John, hai festeggiato i 100 TT in carriera pochi anni fa: com'è iniziato tutto?

Con quelli di quest'anno sono arrivato a disputare 114 Tourist Trophy e continuo ad avere la stessa passione di quando ho cominciato. E' partito tutto nel 1982 quando, a dieci anni, mio padre mi ha portato qui per la prima volta e me ne sono innamorato vedendo i piloti sfrecciare a Bray Hill. Io poi ho cominciato a correre nel 1990 e ho corso alla North West 200 per due anni prima di gareggiare al mio primo TT nel 1996 con una Honda 250. Quell'anno trovai di tutto, dalla pioggia al sole passando per la nebbia (all'epoca si correva anche sul bagnato, ndr), ma ero preparato e adesso continuo ad amare sia questo posto che le sensazioni che si provano quando si corre”.

A proposito di Honda, che rapporto hai con loro?

E' un rapporto davvero speciale, intanto perché anche se sono vecchio continuano a darmi delle moto con cui andare veloce ed essere competitivo, ma anche e soprattutto perché con loro ho vinto il mio primo TT nel 1999. Quella Honda 250 fa parte della mia collezione privata, ce l'ho tuttora a casa e la vedo ogni giorno quando salgo le scale ripensando a quel momento magico. Purtroppo non c'è più, ma ricordo ancora quando Paul Bird mi disse che avrei vinto con la sua moto e così fu. E' un ricordo indelebile”.

Nel 2000 sei stato anche il compagno di squadra di Joey Dunlop...

Esatto, sono stato il suo ultimo compagno di squadra ed è stato un vero onore condividere quell'edizione con lui che era ed è ancora oggi il mio eroe. In quell'anno vinse sia in Superbike con la Honda VTR, sia con le piccole 125 e 250. Era un pilota straordinario, anche se purtroppo se ne andò poche settimane più tardi”.

Oltre a lui, hai avuto tanti altri compagni importanti: c'è qualcuno a cui sei più legato?

Direi Michael Dunlop, altra grande leggenda con cui ho condiviso proprio questo team. Il 2013 fu un anno pazzesco in cui vincemmo entrambi e condividemmo diversi podi (con tanto di livrea speciale in ricordo del già citato Joey Dunlop, ndr), ma anche con Dean Harrison adesso c'è un ottimo rapporto e sono felice che tanti piloti mi dicano di essere un punto di riferimento per loro”.

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"Bisogna saper gestire il rischio. Partire con l'1 è sia la migliore che la peggiore sensazione del mondo"


Tornando al TT in sé, cosa rende così unica questa gara?

Il tracciato è qualcosa di unico al mondo ed è questo il bello. E' una strada pubblica per quasi tutto l'anno, è lungo più di 60 chilometri e ci sono 264 curve in un singolo giro. Ci si può allenare, ma nulla ti prepara a ciò che affronti durante le due settimane del TT ed è anche per questo che l'edizione di quest'anno è stata complicata, visto che tra ritardi e cancellazioni causate dal meteo abbiamo potuto girare poco in prova”.

Quanto è diverso mentalmente correre su strada rispetto a farlo in pista?

Spesso si sente dire che gareggiando su strada bisogna tenersi del margine mentre in pista si può andare al 100% ma non è sempre vero. Ovviamente su strada bisogna avere una miglior gestione del rischio, ma vedendo ad esempio ciò che ha fatto Dean vincendo la Stock, penso che abbia dato il 99% pur di vincere. Ma è normale che sia così, quando si corre a pochi centimetri dal pubblico che ti incita su un tracciato così bello, non si può far altro che dare il massimo con un grande sorriso dentro al casco”.

In più, sei sempre il primo a partire avendo il numero 1: cosa si prova in quel momento?

E' sia la migliore che la peggiore delle sensazioni, perché sei il primo sulla strada e sai che dovrai prestare molta attenzione provando a non farti raggiungere dagli altri. In più, hai l'elicottero che ti segue ed è qualcosa che ti mette ulteriore pressione, ma è comunque qualcosa che mi rende orgoglioso. E' anche per questo che ho ancora voglia di correre qui, visto che se mi danno una sella nel team ufficiale Honda ed il numero 1, vuol dire che sono ancora un pilota veloce”.

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