Quello che sta per chiudersi è stato un anno importante per la MotoGP (intesa come Motomondiale) perché sono state spente le 75 candeline, ovvero 75 anni di Motomondiale. Ma non solo, il 2024 marca anche il ventennale del primo titolo di Valentino Rossi con Yamaha, il sesto della sua carriera.
E proprio di quel titolo ha parlato Davide Brivio, allora team manager Yamaha ed oggi team manager di Aprilia Trackhouse, in una intervista con Crash.net ricordando come all’epoca dei fatti qualcuno in Yamaha fosse contrario all’ingaggio di Rossi, allora 5 volte iridato e reduce dal biennio stellare con la Honda RC211V.
La mentalità Yamaha cambiata con l’ingaggio di Rossi
“Quando parlavamo con Valentino – racconta Brivio – c’era un modo di pensare diverso in Yamaha, alcuni erano restii all’idea di firmarlo perché dicevano: “E un pluri campione del mondo: se viene in Yamaha e non vince, è un errore di Yamaha. Se vinciamo è merito di Valentino, quindi non ci guadagniamo nulla a livello di brand”. Questo era uno dei modi di pensare, e la cultura era che era importante la moto. Qualcuno in Yamaha diceva: “Non abbiamo bisogno di Valentino perché produciamo una moto così buona e forte con la quale ci può vincere qualsiasi pilota.”
Va ricordato che la Yamaha di quel periodo 2002-2003 era tutt’altro che competitiva: nel 2002 Biaggi mette a referto due vittorie mentre nel 2003 arriva solo un podio, al GP di Francia cortesia di Alex Barros, con Checa migliore Yamaha in classifica generale. E Yamaha era a corto di titoli iridati dal lontano 1992 con Wayne Rainey…Il resto, come si dice, è storia, con l’ingaggio di Rossi a metà 2003 per il 2004 e Valentino che sposta in blocco il suo team, capitanato da Jeremy Burgess, per rendere la moto quantomeno competitiva e giocarsela contro le Honda.
Brivio aggiunge una cosa molto interessante, che è anche il motivo scatenante dell’addio di Rossi ad Honda, ovvero la maggiore importanza della moto sul pilota. “La cultura del biennio 2002-2003 era che la moto era la cosa più importante, qualunque pilota la guidasse. E portando Valentino in Yamaha abbiamo dimostrato che erano importanti entrambe le cose. Sono piuttosto orgoglioso perché abbiamo ridato un certo valore all’uomo ed allo sport. Lavorando per un costruttore non dovrei dirlo ma penso di aver contribuito a bilanciare un po’ di più l’importanza del mezzo sul pilota. Ci siamo divertiti tanto, è come se oggi un Pecco Bagnaia lasciasse Ducati non contento della situazione e decidesse di andare in un costruttore non vincente e vincere il titolo l’anno successivo. Era la situazione all’epoca, una cosa grande e molto bella. Ho imparato tanto. Devo dire che Valentino ha cambiato la mentalità e la cultura, quella delle gare, di Yamaha.”