Intervista a Nava: “Sacrificio e impegno dietro al successo di Bautista”

Intervista a Nava: “Sacrificio e impegno dietro al successo di Bautista”© GP Agency

Come elettronico prima e capotecnico dopo, l’italiano ha lavorato con i piloti più forti del motociclismo e ci ha raccontato un po’ di curiosità...

04.09.2023 ( Aggiornata il 04.09.2023 17:06 )

Dalla MotoGP alla SBK, Giulio Nava ha lavorato con tanti fuoriclasse del motociclismo e attualmente è il braccio destro (da oltre dieci anni peraltro) di Alvaro Bautista nell'Aruba.it Racing - Ducati Superbike team. Oggi svolge il ruolo di capotecnico, ovvero si destreggia tra dati numerici e sensazioni del pilota in un lavoro che richiede un lato umano più sviluppato di quanto si possa pensare: «Mi provo a mettere sempre nei suoi panni. Il pilota viene giudicato prima di me. Il computer lo si usa per oggettivare una sensazione, ma non si trovano lì tutte le risposte. È un mestiere per metà tecnico e per metà psicologico. È un dare-avere».

Classifica piloti SBK

Da Bautista a Marc Marquez, passando per Casey Stoner


A livello umano chi è il pilota che ti ha lasciato di più?
«Mi sono sentito in sintonia con tutti, ma se devo rispondere alla tua domanda, non posso non dirti Alvaro, per tanti motivi. In un progetto come quello di Aprilia in MotoGP mi ha dato fiducia: in momenti in cui potevo essere un po’ difficoltà, mi ha trasmesso tranquillità e ho cercato di ripagare questa sua fiducia. Dopo dieci anni insieme il rapporto va oltre. Le persone che ci guardano da fuori dicono che facciamo paura perché ci capiamo con uno sguardo. Lui sa che se gli propongo una cosa è perché ho già valutato tutti i pro e i contro. Mi viene da pensare e sperare che gli tolgo un po’ di pressione».

Con lui hai vinto il tuo quarto titolo iridato.
«Vedere Alvaro a Mandalika così contento, per me ha voluto dire tanto. Avendo la fortuna di conoscerlo così bene so tutto quello che c’è dietro: il sacrificio e l’impegno, fisico e mentale».

Com’è stato lavorare con Marc Marquez invece?
«Ho un bel ricordo. Era come una spugna, aveva una voglia di arrivare incredibile. Dopo ogni turno passava un’ora a studiare i dati, anche quelli di Stoner e Dani Pedrosa. Aveva abnegazione, impegno. Gli spiegavo una cosa e dopo tre giri la faceva uguale o meglio degli altri presi di riferimento. Ha un grande talento accompagnato ad una, altrettanto grande, etica del lavoro».

In MotoGP chi è il pilota con cui hai lavorato che più ti ha stupito?
«Casey Stoner: per guidare l’800 ci voleva più talento che con la 1000. Alla 800 mancava un po’ di motore, lui aveva un controllo del freno posteriore, del cambio, del freno anteriore impressionante».

L’intervista integrale la trovate prossimamente su Motosprint, in edicola.

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