Il pilota britannico ha spiegato il perchè del cambiamento generazionale nel Campionato Superbike dove lui, a 29 anni, si ritrova ad essere uno tra i veterani
Insieme al Campionato del Mondo MotoGP, anche quello Superbike sta subendo grandi cambiamenti in griglia di partenza. Se nella master class ci sono soltanto 6 piloti sopra i 28 anni, ovvero Marc Marquez, Takaaki Nakagami, i fratelli Espargarò, Johann Zarco e Andrea Dovizioso, anche in Superbike, in questo 2022, si sta registrando un trend simile. E tra i veterani si è ritrovato Scott Redding: il britannico, con i suoi 29 anni compiuti il 4 gennaio, ha parlato dei tanti giovani che arrivano in Superbike e molto spesso da altri Campionati.
L'età è un dato di fatto e non si può nascondere, soprattutto se sei un pilota e a 30 anni già vieni considerato “anziano”. E sull'argomento, Scott Redding, intervistato da Speedweek.com, ha un chiaro punto di vista: “Il problema è uno – ha detto - La MotoGP prende giovani piloti senza pagarli e distrugge le loro carriere. Dopo di che devono correre in un altro campionato come il Mondiale Superbike per riuscire a tornare in pista. Ci sono tanti giovani piloti in MotoGP oggi e so che non vengono pagati come hanno fatto con Rossi, Dovizioso o Lorenzo quando sono saliti dalle categorie più basse. Neanche minimamente”.
Scott, che non ha mai peli sulla lingua, spiega quindi anche il perchè dell'abbassamento dell'età in Superbike, avvenuto negli ultimi anni: “Questi piloti - ha aggiunto - fanno la MotoGP per un anno o due anni, e se non riescono a “sbocciare”, e ce la fanno in pochissimi, vengono tagliati fuori. Così, la loro opzione è quella di fare un passo indietro e approdare al Campionato del Mondo Moto2 o correre i Campionati del Mondo Superbike con gli stessi soldi. Questo, gli permette di fare meno gare e anche di divertirsi un po'. Ecco perché nel nostro Campionato ci sono così tanti giovani piloti”.
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