SBK: ecco come Bulega è diventato grande

SBK: ecco come Bulega è diventato grande© GPAgency

L'INTERVISTA - Parla Alberto Martinelli, manager di Nico: "L'uscita dalla VR lo ha segnato, in quel paddock aveva un'immagine distorta. Passare dalla SSP è stato utile, ora ha trovato una famiglia e l'occasione della vita"

27.03.2024 ( Aggiornata il 27.03.2024 15:09 )

Dietro al successo di un pilota vi sono sempre delle figure chiave, e questo vale anche per l’attuale leader della classifica generale della Superbike ossia Nicolò Bulega, che giorno dopo giorno si sta prendendo una rivincita dietro l’altra, tornando a mostrare quel talento che troppo presto aveva iniziato ad opacizzarsi per mille ragioni. Nicolò lo sa bene e lo stesso vale per Alberto Martinelli, che da 5 anni lo segue nei panni di manager.

Martinelli di talento se ne intende, dato che oltre a Nicolò segue ad oggi gli interessi – tra gli altri – di Sofia Goggia, Tony Cairoli e Dani Holgado, che proprio domenica scorsa a Portimao ha centrato il suo primo successo in stagione. Anche per un lupo di mare come Alberto però la prima piazza di Bulega nel mondiale dopo due round è una sorpresa.
 
“Non me lo sarei mai aspettato – apre Martinelli - e lo stesso vale per Nicolò. Se questo inverno ci avessero detto che Nico sarebbe anche solo stato in grado di vincere o salire sul podio non ci avremmo creduto. Ha stupito tutti: mi pare sia molto sereno e tranquillo nell’approccio alla gara, nonostante la preoccupazione comune fosse relativa alla pressione che può esserci quando si fa parte di un team ufficiale, oltretutto sulla sella forse più calda dello scorso anno”.
 
Durante l’inverno lo hai visto cambiare in qualche modo? 
 
“L’inverno è stato splendido. Il primo obiettivo era prepararsi bene fisicamente, e non c’è stato quasi bisogno di ricordarglielo, dato che Nicolò ha capito di avere tra le mani l’occasione della vita, e si è impegnato al massimo. Ad esempio ha iniziato ad andare in piscina, cosa mai fatta prima, ed in generale non ha la minima distrazione. Nicolò è maturato tanto, anche a livello umano, e la cosa più bella è vedere l’armonia che vi è all’interno del team”.
 
Se ripensi invece al Nicolò di 5 anni fa, quanto ed in cosa è cambiato?
 
“E’ un’altra persona. Innanzitutto è cresciuto e maturato, in tutti i sensi. Il passo in avanti più grande credo lo abbia fatto non come pilota quanto come persona. L’uscita dalla VR46 lo ha segnato molto, e pur cercando di ritrovare rapidamente un equilibrio ha sofferto tanto anche in Moto2. Come ho sempre detto credo che nell’altro paddock Nicolò avesse un’immagine distorta, che non lo rispecchiava: sembrava un ragazzo montato che si dava delle arie. A mio parere l’errore commesso da chi lo gestiva al tempo è stato caricarlo di troppe aspettative, esponendolo eccessivamente, e non era pronto. C’è un tempo per tutto, e questo vale per ogni singolo pilota, anche piccolo. In questo paddock Nico ha trovato una famiglia, cosa per lui fondamentale. Ha trovato le certezze di cui aveva bisogno, ed il talento c’è sempre stato. Inoltre un’altra cosa”.

La scelta di passare per la Superport, il capotecnico e gli obiettivi

Prego.
 
Gli sarò sempre grato per essersi fidato della scelta di passare in Supersport. Poteva dire di no invece, pur restando all’inizio un po’ disorientato, la scelta ha pagato e, con il senno di poi, se avessi forzato la mano per portarlo subito in SBK forse Nicolò non sarebbe quello di oggi. All’inizio mi ero fatto un’idea del campionato, invece il percorso compiuto è stato davvero utile, sia sotto il profilo tecnico che umano”.
 
Possiamo dire che il vero Nicolò, soprattutto dal punto di vista umano, è quello di oggi?
 
“Assolutamente. Ha sofferto tanto in passato, e sono convinto che questa sofferenza lo sta aiutando ora a capire tante cose, anche come distinguere le persone vere e quelle non. Tutti salgono sul carro del vincitore, e vale per tutti i piloti”.
 
Ha portato con sé Tommaso Raponi, il suo capotecnico in Supersport.
 
“Portare con sé Raponi è stata una grande scelta, dato che lo tiene sempre calmo. E’ stata una decisione in primis di Serafino, e senza dubbio si è rivelata corretta. Onestamente l’ho visto guidare la V4R per la prima volta a Barcellona, e mi ha impressionato”.
 
Ora qual è il primo obiettivo?
 
“Prima dell’inizio della stagione avrei detto fare il massimo, poi è diventato stare nei primi 5. Non dobbiamo dimenticarci che è un debuttante, quindi occorre tenere i piedi per terra. Pensare al titolo oggi è prematuro, meglio imparare tutti i segreti della categoria. A metà campionato capiremo meglio la situazione”.

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