Quella (S)Volta Che: Andrea Balestrieri, lo scopritore della Dakar

Quella (S)Volta Che: Andrea Balestrieri, lo scopritore della Dakar

Quarant’anni fa, Balestrieri fu il primo motociclista italiano a tagliare il traguardo del Rally

03.02.2023 ( Aggiornata il 03.02.2023 14:31 )

La prima volta non si scorda mai, specialmente se rappresenta anche la prima assoluta per un Paese. Quarant’anni fa Andrea Balestrieri divenne il primo motociclista italiano a concludere la Parigi-Dakar.

Nelle prime due edizioni del Rally Raid più celebre al Mondo, infatti, nessun nostro connazionale si era presentato al via tra le moto.

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L'Italia e la Dakar


Nel 1980 ci aveva provato Dante Favaro con una Yamaha XT 500 ma era stato costretto al ritiro, così come Elia Andrioletti l’anno dopo su KTM 495. Nel 1983 l’Italia schierò addirittura sette piloti: Leandro Ceccarelli, Gianni Gagliotti, Massimiliano Valentini e Marco Folignati con le Morini, Alessandro Zanichelli, Paolo Bergamaschi e Balestrieri con le Yamaha XT 550.

Su 119 motociclisti soltanto 28 giunsero a Dakar, complici 15 tappe più due prologhi senza alcun giorno di riposo: 12.000 km in tutto, dall’1 gennaio – partenza in Place de la Concorde – al 20 gennaio dopo aver attraversato Algeria, Niger, Burkina Faso (che ai tempi si chiamava Alto Volta), Costa d’Avorio, Mali, Mauritania e Senegal.

Balestrieri, parmense classe 1959 che ha fondato due società (Endu e MySDAM) operative nello sport amatoriale, oggi ci racconta la genesi di quella partecipazione: “Nel 1981 avevo smesso di gareggiare nella Regolarità per frequentare l’università, Economia. Ma, stando fermo, mi venne la strana idea di partecipare alla Dakar. Con Bergamaschi e Zanichelli facemmo una gestione collegiale: due moto le comprammo e la terza ce la diede il concessionario di Parma. Per l’assistenza, affittammo a caro prezzo un po’ di spazio sulla Mercedes di Cesare Pezzoni e Gianfranco Bonera, che erano in gara tra le auto. Avrebbero dovuto portarci una ruota o due, un ammortizzatore di ricambio e altro ancora, oltre a una borsa a testa con i nostri effetti personali. Però le borse le lasciarono a Place de la Concorde. Anche al bivacco non li vedemmo mai tranne a Bamako, quando avevo rotto l’ammortizzatore. Andai a dormire e la mattina mi ritrovai quello nuovo sulla moto: me l’aveva montato Bonera di notte”.

L'avventura di Balestrieri


Non fu la sua unica disavventura: “In una tappa lunghissima, dopo 100 km si svitò il tappo e persi tutto l’olio del motore, per cui grippai. Qualcuno mi diede dell’olio e io realizzai un tappo artigianale. La moto faceva un rumore stranissimo, ma arrivò ugualmente fino a Dakar, era una specie di trattore, andava con qualsiasi carburante!”.

Ma non soltanto: “Durante la tappa da Nara a Kaedi, a causa della polvere, non vidi una pietra e anche se non andavo forte ruppi la ruota anteriore. Salii sul camion-scopa con cui feci 100 chilometri, lasciando la moto incustodita. Raggiunto un villaggio al confine tra Mali e Mauritania, notai un’auto ferma con due ruote da moto, e mi feci vendere la ruota di una KTM con freno a disco mentre la mia aveva il tamburo. Firmai un documento per attestare che non volevo più stare sul camion-scopa. Nel villaggio trovai il Prefetto che con una Land Rover mi riportò indietro alla moto. Per fortuna riuscii a montare la ruota, anche se un po’ ballava. Arrivai a fine tappa al mattino e dopo mezz’ora ripartii per la successiva...”.

Balestrieri concluse al 24° posto e fu l’unico italiano al traguardo, inclusi i partecipanti tra auto e camion: “Fu una Dakar durissima, la classifica era l’ultimo dei miei problemi ma l’obiettivo comunque lo centrai, anche se mi è dispiaciuto aver perso gli amici per strada”.

L’anno dopo, con il settimo posto, Balestrieri fu il primo azzurro nella Top 10: “Già, ma ero terzo a tre tappe dalla fine e poi finii in un canale”. Nel 1985 venne squalificato per essere arrivato a spinta, dopo aver rotto tre motori. Si riscattò con il terzo posto del 1986 mentre 12 mesi dopo conquistò l’unico successo di tappa ma poi cadde, così come nel 1988 e 1989.

“Ho smesso a 30 anni, tutto sommato ero ancora giovane – conclude Balestrieri – ricordo ancora l’edizione di 40 anni fa, è stata bellissima perché, pur avendo vissuto un sacco di vicissitudini, ho superato tutte le difficoltà. Stavo bene, sebbene dormissi sotto le stelle nel sacco a pelo che mi portavo dietro la sella...”.

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