Quando le moto diventano pezzi da museo | Polvere di Stelle

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Parliamo di grandi stilisti, come Starck, autore dell’Aprilia Motò 6.5 esposta al Guggenheim. Anche la Pack 2 di Tartarini fu protagonista a New York

13.03.2024 ( Aggiornata il 13.03.2024 10:04 )

Ultima puntata della rassegna storica degli stilisti italiani che hanno dato il loro contributo al progresso tecnico ed estetico della motocicletta. Questa volta il primo ad apparire sulla nostra scena è Paolo Martin, figura meno nota al pubblico dei motociclisti rispetto ad altri suoi colleghi, ma di grande rilevanza per il lavoro svolto in tanti anni tra il 1960 e il 1990 in favore delle quattro e delle due ruote, motorizzate e non, e anche della nautica. Tra le numerose automobili speciali da lui firmate cito la Ferrari Dino 206 Competizione e la Rolls-Royce Camargue.

L'estetica secondo Bimota | Polvere di Stelle

Paolo Martin


Nato a Torino il 7 maggio 1943, cominciò nel 1960 a disegnare automobili e a produrre stampi presso la carrozzeria Michelotti, uno dei più celebri atelier torinesi dove, in quel periodo, si disegnavano auto speciali per conto di altre famose firme come Bertone e Pininfarina. E proprio in queste due primarie aziende a livello mondiale Martin si trasferì negli anni successivi, apprezzato per le due doti naturali di stilista e per l’esperienza maturata, che lo portò dapprima a diventare responsabile del design Pininfarina, poi, nel 1973, a ricoprire lo stesso ruolo presso la Ghia, che faceva parte del Gruppo De Tomaso. Qui si avvicinò professionalmente anche al mondo della motocicletta e, a differenza di colleghi come Bertone e Giugiaro, ne fu massicciamente coinvolto, tanto che la sua attività per Benelli, Moto Guzzi e Piaggio-Gilera si tradusse in almeno una quarantina di modelli prodotti in serie.

Non potendo citare l’intera lista, mi limito a segnalare i più noti. Per la Benelli disegnò la serie 125- 250 delle bicilindriche due tempi, e la gamma delle quattro cilindri quattro tempi (250-350-500), condivise con la Moto Guzzi, nonché la 750 sei cilindri. Per la Moto Guzzi vestì moto di successo come la 850 Le Mans, le V35-50, la California, la 850 T3 e soprattutto 750 S e S3, la cui linea elegante e sportiva venne giustamente considerata un capolavoro.

Alla Gilera dettò lo stile di numerosi ciclomotori, tra cui i 50 CBA, GSA ed Eco, di altrettanti 125, dal TG1, all’RX e RV, allargandosi al Fuoristrada con l’Elmeca 125 e con le 350-500 monocilindriche da Enduro, e alle sportive stradali. Molto più ridotta fu la sua presenza sugli scooter Piaggio, anzi, disegnando la carrozzeria della catastrofica “Cosa” probabilmente incorse, assieme alla Casa di Pontedera, nel suo più pesante insuccesso. Paolo Martin fu dunque l’artefice dell’estetica di moltissime motociclette di quel periodo, sia da dirigente della Ghia che, dopo il 1976, da libero professionista.

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