La genesi dei mezzi a tre ruote | Polvere di Stelle

La genesi dei mezzi a tre ruote | Polvere di Stelle

Il “fardier a vapeur” inventato da Nicolas Cugnot oltre 250 anni fa avviò una storia che conobbe una svolta a inizio ‘900 grazie a Laurin e Klement

02.08.2023 ( Aggiornata il 02.08.2023 12:51 )

È nato prima il motocarro o il sidecar? Per gli amanti delle motocarrozzette, questo accostamento è senz’altro un’eresia, ma è innegabile che i due veicoli abbiano avuto, almeno all’origine, parecchio in comune: dalle tre ruote, alla funzione di carico. L’idea delle tre ruote è addirittura più antica delle motociclette, furono infatti i tricicli De Dion a benzina, con due ruote posteriori e una anteriore, a decretare il primo successo commerciale della motorizzazione leggera privata.

La dinastia Parrilla | Polvere di Stelle

Alle origini dei mezzi a tre ruote


Nello stesso periodo furono costruiti anche tricicli con due ruote anteriori e una posteriore, come la “Vetturetta” di Leon Bollee e il Petrol Cycle di Edward Butler, ma il loro successo non fu lontanamente paragonabile a quello dei De Dion-Bouton, imitati o costruiti su licenza in tutta Europa fino alla fine del diciannovesimo secolo. In realtà il primissimo triciclo a motore da carico – perché è di questo particolare veicolo di cui vorrei raccontare la storia – fu il fardier a vapeur inventato, costruito e sperimentato da Nicolas Cugnot ingegnere militare francese, tra il 1765 e il 1770. Niente a che vedere, naturalmente, con il “motocarro”, basti pensare che il veicolo di Cugnot era lungo 7,25 metri, largo 2,19 metri e spinto da un colossale motore a vapore a due cilindri con 325 mm di alesaggio e 387 mm di corsa.

Ma l’obiettivo dell’ingegnere francese era lo stesso che avrebbe animato le idee dei progettisti del ‘900: trasportare carichi importanti su un mezzo non trainato da cavalli, bensì da un motore sufficientemente potente. Il fardier a vapeur, che aveva due ruote posteriori e una anteriore sterzante e motrice, era stato concepito per il movimento di cannoni fino a 4500 kg di peso.

L’effettiva data di nascita del motocarro come lo intendiamo oggi guardando soprattutto il più celebre degli esempi rimasti, ossia l’Ape Piaggio, non è precisabile. Nei primi anni del ‘900, quando i veicoli con motore a scoppio diedero inizio alla loro ininterrotta evoluzione, l’ipotesi di un mezzo motorizzato da carico si fece strada in due direzioni: il camion, derivato dall’automobile, e il sidecar, sviluppato dall’applicazione di un “abitacolo” o di un cassone a fianco di una motocicletta e sostenuto da una terza ruota. Il sidecar fu senz’altro detentore del primato, in quanto semplice fissaggio di un accessorio (il carrozzino o il cassone, entrambi con ruota propria) a una moto a cui si richiedeva soltanto – per poterlo ospitare – la disponibilità di un banale sistema di attacchi al telaio originale.

Ma se il carrozzino laterale si prestava bene ad accogliere un passeggero, un cassone – chiuso o aperto – era decisamente insufficiente a trasportare un carico per il quale valesse la pena la trasformazione. Le dimensioni del cassone erano infatti limitate non soltanto dalla necessità di permettere alla ruota anteriore della moto di sterzare senza entrare incontrare ostacoli, ma anche da un ingombro trasversale che si sommava a quello del veicolo al quale era congiunto. Nacque così l’idea di un nuovo veicolo leggero ed economico, capace di trasportare carichi significativi pur legandosi concettualmente, e in parte anche concretamente, alla motocicletta. La soluzione del problema, si vide subito, stava nell’applicazione del cassone, coperto o scoperto, a un telaio appositamente progettato, dotato di tre ruote e prolungato oltre il davanti della motocicletta classica, o dietro, dopo la sella del pilota.

La disposizione dell’elemento di carico centrale rispetto all’asse longitudinale della moto ampliava notevolmente la larghezza potenziale del cassone, che non doveva più tener conto dell’ingombro trasversale del veicolo d’appoggio, ma soltanto della presenza delle due ruote laterali e creava soltanto un accettabile limite (nel caso del cassone anteriore) alla sterzata.

Tre ruote, gli esempi più antichi


Il più antico esempio di motocarro da me rintracciato è il Laurin & Klement LW del 1905. La Laurin & Klement (oggi industria automobilistica Skoda) fu una delle prime industrie motociclistiche del Mondo; era situata a Mlada Boleslav, in Boemia (allora facente parte dell’Impero Austro-ungarico) ed era sorta per iniziativa del libraio Vaclav Klement, che si era associato al meccanico Vaclav Laurin. Dapprima la L&K aveva prodotto biciclette, poi motociclette monocilindriche, bicilindriche e a quattro cilindri, infine passò alle automobili.

Le moto boeme erano molto affidabili e capaci di elevate prestazioni e ben lo constatarono i francesi nel 1905, quando una Laurin & Klement, guidata dal pilota Wondrick, si impose di forza nel secondo Trofeo Internazionale sul circuito di Dourdan, vicino Parigi, umiliando i migliori prodotti francesi e inglesi.

Fu appunto nel 1905 che la L&K decise di ampliare la gamma inserendo in catalogo il motocarro LW, un tre ruote con la coppia sterzante sull’assale anteriore e la trazione a catena sulla ruota singola posteriore. Il motore era un monocilindrico di 800 cm³ della potenza di 5 CV dotato di raffreddamento ad acqua. Il veicolo, pesante 160 kg, poteva essere equipaggiato con un ampio sedile a due posti trasversali davanti al perno di sterzo, oppure con un cassone furgonato con capacità di carico massima di 200 kg. Il Laurin & Klement LW (“W” stava per “Water”, cioè “acqua”) inizialmente stentò a farsi apprezzare a causa della scarsa esposizione all’aria del radiatore, montato alle spalle del cassone, e della difficoltà di avviamento (a spinta).

I difetti furono subito rimossi, soprattutto adottando un cambio a due velocità con frizione, che permetteva la messa in moto da fermo, e da quel momento il modello LW divenne un best seller. I tricicli da carico della Laurin & Klement si diffusero a macchia d’olio nell’Impero Austro-ungarico dopo che le Poste Imperiali, che li avevano adottati, ne dimostrarono la grande efficienza con un record: a Praga, il 20 giugno 1906, il postino Kundert, che a piedi normalmente riusciva a svuotare 37 cassette postali di Praga in due ore e mezzo, con il motofurgone LW compì la stessa operazione in appena 58 minuti.

I tricicli motorizzati, che avevano conosciuto un discreto successo negli ultimi anni del 1800 come veicoli leggeri ed economici anche per il trasporto di persone, contrapposti alle prime carrozze a motore, già agli albori del ‘900 sembravano destinati a sopravvivere soltanto come veicoli commerciali da carico.

Soltanto un costruttore tentò, nel 1907, di opporsi a questa decadenza tentando di vincere, contro le automobili, potenti e pesanti, un’impresa di risonanza internazionale: la Pechino–Parigi, una corsa, ma anche una sfida tecnica. Lo comprese immediatamente anche il giornale francese “Matin”, promotore del raid, che, annunciando l’adesione del principe Borghese con la Itala da 40 HP, largamente la macchina più potente in gara, evidenziò la lotta fra la vettura grande contro la piccola: “L’una capace di andar presto, l’altra di passare per tutto”.

La storia di Libanori | Polvere di Stelle

Il triciclo Contal


La piccola era il triciclo francese di marca Contal (in foto), con motore da appena 6 HP, guidato da Auguste Pons, un pilota esperto coadiuvato dal meccanico Octave Foucault, ospitato sul sedile anteriore. Il veicolo era denominato “Mototri” e la struttura era a due ruote anteriori sterzanti e una posteriore motrice. Ma “piccolo” non fu “bello”. Impossibilitato a trasportare rifornimenti a bordo a causa dei limiti strutturali, il Mototri rimase senza benzina nel deserto dei Gobi e i due francesi, allucinati dal caldo e dalla sete, furono salvati dopo tre giorni da un drappello di cavalieri mongoli.

Il passeggero dunque uscì dalla scena dei tricicli a motore, ma comparvero al suo posto applicazioni di ogni genere: dai cassoni, ai furgoni, alle pompe antincendio, al supporto per cannoncini e mitragliatrici… Particolarmente interessante in quel periodo pionieristico fu il triciclo della fabbrica inglese Singer, uno dei primi modelli, se non proprio il primo, ad aver proposto una coppia di ruote posteriori con il vano di carico sistemato fra loro, la soluzione che avrebbe dettato il futuro dei motocarri. L’unico handicap del triciclo Singer risiedeva nella trazione anteriore tramite la “Perks & Birch Motorwheel”, l’esclusiva ruota che conteneva il motore monocilindrico a quattro tempi di 208 cm³ da 2,25 CV raffreddato ad aria.

È intuibile come un carico rilevante nel cassone posteriore riducesse sensibilmente l’aderenza della ruota motrice anteriore.

Continua

  • Link copiato

Commenti

Leggi motosprint su tutti i tuoi dispositivi