Non si può avere tutto, dal motore | Officina

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Le scelte degli ingegneri sono compromessi, che mirano a raggiungere risultati equilibrati

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26.11.2023 ( Aggiornata il 26.11.2023 16:21 )

Per ottenere qualcosa spesso bisogna rinunciare a qualcos’altro. Come detto più volte in queste pagine, spesso le scelte dei tecnici sono di compromesso. Mirano cioè a conseguire i migliori risultati che si possono raggiungere in una direzione senza causare un peggioramento sensibile in un’altra. A qualcosa insomma si può anche rinunciare, ma non deve essere troppo. E in ogni caso il gioco deve valere la candela. Ovvero il compromesso deve essere complessivamente conveniente, in quanto a risultati.

Per le moto da competizione questo si traduce in minori tempi sul giro, cosa che può essere ottenuta ad esempio migliorando la velocità di percorrenza in curva anche se ciò può comportare un leggero peggioramento della velocità massima.

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Motori e compromessi


A livello di motori di alte prestazioni gli aumenti di potenza sono di norma accompagnati da un restringimento del campo di utilizzazione. Questo significa che se si vuole una “schiena” vigorosa si deve rinunciare a qualcosa in fatto di potenza. E viceversa, ovviamente. Per lungo tempo l’erogazione, ovvero l’andamento delle curve di coppia e di potenza, è dipesa esclusivamente dal diagramma di distribuzione, dalla legge del moto delle valvole e dai sistemi di aspirazione e di scarico (sezioni, lunghezza dei condotti, etc…). Le cose stanno così anche oggi ma grazie all’elettronica è diventato possibile intervenire sulla erogazione stessa agendo sulla fasatura di accensione e sulla dosatura della miscela aria-carburante. E, per quanto riguarda la legge del moto delle valvole, come può constatare chiunque segua la MotoGP, ci si è potuti giovare delle molle pneumatiche, oltre che del sistema desmodromico, sempre più evoluto grazie alla Ducati.

Per erogare la potenza più elevata il motore deve girare molto in alto. In linea di principio, se la PME non cala vistosamente, è valida l’equazione più giri=più cavalli. Il problema è che al disopra di un certo regime le molle non “tengono più il passo”. Le valvole “sfarfallano” e non seguono più il percorso corretto perché le molle non riescono più a mantenere il cedente (punteria o bilanciere) a contatto con l’eccentrico. Ricordo che la camma determina il “percorso” (cioè l’entità del sollevamento della valvola in funzione dell’angolo di rotazione dell’albero) ma la molla controlla il movimento della valvola nelle fasi nelle quali l’accelerazione è negativa. Ovvero nella fase di apertura dal punto di massima velocità alla massima alzata e in quella di chiusura da quest’ultima alla massima velocità negativa.

Come detto qualche tempo fa in questa stessa rubrica, per poter girare molto in alto, se le molle che si hanno a disposizione non ce la fanno, si possono fare soltanto due cose, ovvero diminuire l’alzata o aumentare la durata delle fasi (cioè il periodo di sollevamento delle valvole). In questo secondo caso però si riduce il campo di impiego “utile” ovvero si ha una perdita di coppia ai medi regimi. Ricordo qui che in linea di massima fasature strette determinano campi di utilizzazione di notevole estensione, con vigoroso tiro ai medi regimi. Al contrario, fasature “ampie” danno luogo a effetti contrari: perdita di coppia ai medi regimi e restringimento del campo di utilizzo.

Nell’ultimo periodo di impiego delle molle tradizionali in MotoGP, ossia nel 2006 - 2007, esse venivano sostituite ogni giorno (in genere l’operazione si effettuava nelle ore notturne) onde evitare il rischio che il filo, estremamente sollecitato, si rompesse a fatica. Per poter girare più in alto, la Yamaha ha ridotto drasticamente l’alzata massima delle valvole. In tal modo il motore non respirava bene come avrebbe potuto ma girava più forte. Era una scelta di compromesso largamente forzata, che comunque consentiva di avere qualche cavallo in più. Poi sono entrate in scena le molle pneumatiche e la situazione è drasticamente cambiata. Grazie ad esse è stato possibile raggiungere regimi di rotazione più alti senza rischio di sfarfallamenti e al tempo stesso adottare leggi del moto delle valvole più vantaggiose, con grandi alzate raggiunte più rapidamente. Questo ha consentito di adottare fasature meno ampie, allargando il campo di impiego pratico e aumentando il tiro ai medi senza rinunciare a nulla Le molle hanno la funzione di mantenere i cedenti a contatto con gli eccentrici in modo da far muovere le valvole secondo la legge prevista dal progettista. Quando i regimi sono molto alti e le leggi molto radicali non possono farcela. Per vari motori ci sono alberi a camme con gli eccentrici dotati di differenti profili, commercializzati da aziende che producono parti speciali. Quelli più “spinti” consentono potenze più elevate ma riducono il tiro ai medi regimi.

Compromessi anche nei due tempi


Anche nella progettazione dei motori a due tempi, spesso occorre fare scelte di compromesso. Pure in questo caso, se si cerca la massima potenza si restringe il campo di utilizzo in fatto di potenza massima, anzi migliorandola.

Non molto tempo fa abbiamo visto come dalla curva delle alzate (che indica graficamente il movimento della valvola in funzione dell’angolo di rotazione dell’albero) si possa ricavare la curva della velocità e da quest’ultima quella dell’accelerazione della valvola. In questo modo si dovrebbe avere tutto quanto ci serve, in termini di informazioni che permettono, con due semplici operazioni di derivazione, di calcolare le forze in gioco, le pressioni di contatto e il time-area (note la geometria di camma e cedente e il diametro della valvola), ovvero la sezione a disposizione dei gas moltiplicata per il tempo di apertura. E invece non è proprio così. Da tempo infatti i tecnici che progettano le camme considerano anche il “jerk”, ovvero la derivata della accelerazione, che indica la rapidità con la quale varia quest’ultima. Per fortuna anche in questo caso c’è il computer… Anche nella progettazione dei motori a due tempi spesso occorre fare scelte di compromesso. Pure in questo caso se si cerca la massima potenza si restringe il campo di utilizzo. Il regime ove si ha il picco di coppia si avvicina a quello di potenza massima, al punto nei motori da competizione quasi coincide con esso!

Per aumentare le prestazioni anche in questo caso si lavora sulla fasatura, che è determinata dalla altezza delle luci e che più di tanto non è possibile aumentare. Va qui osservato che l’altezza di quella di scarico influenza la temperatura dei gas che escono dal cilindro e quindi la velocità del suono nel sistema di scarico, che nei 2T è importante almeno quanto le dimensioni complessive delle luci (cioè le sezioni di passaggio) e la loro disposizione.

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