Ciclistica, quote e sospensioni | Officina

Ciclistica, quote e sospensioni | Officina

La situazione è molto complessa e anche particolari apparentemente trascurabili hanno una loro importanza

08.11.2023 ( Aggiornata il 08.11.2023 07:01 )

Quando si parla di comportamento dinamico della moto e dei parametri che lo influenzano vengono subito in mente le quote della ciclistica e le caratteristiche funzionali delle sospensioni. La situazione però è molto complessa e anche particolari apparentemente trascurabili hanno una loro importanza. Entrano in gioco in particolare nei modelli da competizione, o comunque destinati a impiego sportivo, nei quali anche i dettagli contano.

I limiti da non superare | Officina

Le forze in gioco


Ai lettori più attenti non sarà sfuggito il fatto che in alcune moto la posizione del fulcro del forcellone oscillante può essere regolata. Lo spostamento è di soli pochi millimetri ma l’influenza sul comportamento della moto non è affatto trascurabile. Occorre qui sottolineare che i piloti impegnati ai massimi livelli (o almeno la maggior parte di loro) hanno una particolare sensibilità e nell’impiego al limite sono in grado di avvertire anche piccole variazioni che sfuggirebbero ad altri e che in gara possono comunque fare la differenza. In questa sede concentriamo le nostre attenzioni sulla sospensione posteriore e sulle variazioni del suo comportamento determinate da fattori geometrici (lunghezza del forcellone e posizione del suo fulcro di oscillazione, oltre che del pignone) e dal “tiro” della catena, con specifico riferimento alla fase di accelerazione.

Cominciamo col dire che le forze in gioco, agenti a livello del perno della ruota posteriore, sono fondamentalmente tre. Si tratta innanzitutto del carico gravante sulla ruota, che varia nelle diverse condizioni di impiego della moto. In frenata il trasferimento di carico (determinato dalla altezza del baricentro e dall’interasse del veicolo) fa sì che la forcella si comprima, in misura tanto maggiore quanto più elevata è la decelerazione. In accelerazione avviene esattamente il contrario; il carico, che agisce verticalmente, comprime la sospensione posteriore, sulla quale grava in misura crescente all’aumentare della accelerazione stessa. Chiunque può notare agevolmente come in uscita di curva, quando il pilota apre il gas con decisione, la moto tenda a schiacciarsi posteriormente ad alleggerirsi anteriormente.

La cosa può essere vantaggiosa se la compressione della sospensione posteriore, che determina una maggiore possibilità di trasmettere forze al suolo (ossia un miglior grip), non avviene a scapito di una perdita di direzionalità causata da un eccessivo alleggerimento della ruota anteriore, che può addirittura arrivare a sollevarsi dal suolo. La situazione non è piacevole neanche nella marcia rettilinea, figuriamoci se la moto è ancora piegata.

La seconda forza in gioco è quella di trazione, che agisce a livello del perno della ruota e che “spinge” la moto in avanti. Poiché il forcellone non è parallelo al suolo mentre questa spinta agisce orizzontalmente, parte di questa forza tende a variare l’inclinazione del forcellone stesso. In particolare, se il fulcro si trova più in alto rispetto al perno ruota si ha una tendenza al sollevamento della parte posteriore della moto ossia alla estensione della sospensione. I tecnici dicono che si ha un effetto anti-squat.

La terza forza è quella dovuta all’azione della catena, che trascina in rotazione la corona e quindi la ruota posteriore. Si tratta di quello che è noto come il “tiro” della catena. Qui entrano in scena i diametri delle due ruote dentate (pignone e corona) e quello della ruota motrice. Anche l’effetto del tiro della catena è quello di estendere la sospensione posteriore, ma dopo un certo punto della escursione molleggiante la sua azione tende a diventare pro-squat. Dunque, occorre trovare una situazione di compromesso tra esigenze differenti, cosa molto difficile dato che durante l’impiego della moto cambiano di continuo i parametri in gioco dato che la sospensione lavora pressoché senza interruzioni. In linea di massima per aumentare l’effetto anti-squat si può disporre il fulcro del forcellone in posizione più alta (in tal modo cambia l’inclinazione del forcellone).

Bastano pochi millimetri per sentire l’effetto di questo intervento. Sempre per aumentare l’anti-squat, si possono installare una corona più grande o un pignone più piccolo. Ciò fa variare l’inclinazione del ramo superiore (cioè quello che è in tiro in fase di accelerazione) della catena. Gli effetti sono meno sensibili ma comunque tutt’altro che trascurabili.

Ciclistica, sospensioni e forcelloni


Un forcellone più lungo si inclina meno e riduce le variazioni dell’effetto anti-squat, cosa che ha reso meno importante il ricorso ai leveraggi che forniscono un intervento progressivo della sospensione posteriore (talvolta utilizzato perché dopo una certa escursione la sospensione diventa pro-squat). Un forcellone di notevole lunghezza è vantaggioso anche perché può agevolare l’ottenimento di una miglior centralizzazione delle masse e/o può consentire il montaggio del motore in una posizione più avanzata. Poiché la corona della trasmissione finale deve per forza di cose trovarsi a una certa distanza dal piano di mezzeria della ruota posteriore, il tiro della catena fa sì che il forcellone venga sottoposto a una notevole sollecitazione a flessione trasversale.

Se però si osserva il forcellone di una moderna moto di alte prestazioni, si può subito osservare che la sua struttura è studiata prevalentemente per offrire una grande rigidità a torsione (i due bracci devono rimanere paralleli) e a flessione in senso verticale. Se opportunamente “modulata”, la flessione trasversale può infatti migliorare il comportamento della moto in curva nell’impiego al limite. Per consentire il passaggio degli scarichi sono stati realizzati anche forcelloni con il braccio meno sollecitato, ossia quello opposto al lato catena, conformato “a banana”.

Le sospensioni posteriori “monobraccio” grazie al fatto che la ruota è montata a sbalzo consentono una sua agevole e rapida sostituzione e offrono ampio spazio per i tubi di scarico. Il singolo braccio oscillante deve avere una elevata sezione in quanto fortemente sollecitato a torsione e a flessione; per quanto riguarda il peso, non offre vantaggi rispetto ai forcelloni tradizionali.

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