Storie di trapianti motoristici, più o meno riusciti | Officina

Storie di trapianti motoristici, più o meno riusciti | Officina

Andiamo alla scoperta di queste operazioni nelle quali, in genere, ingegneri e appassionati utilizzano spesso dei monocilindrici

23.08.2023 ( Aggiornata il 23.08.2023 07:31 )

Sono molti gli appassionati che almeno una volta, magari in gioventù, quando si pasticciava con i monocilindrici di piccola cilindrata, hanno pensato di montare parti di un motore in un altro. Insomma, di effettuare un trapianto, che vedeva in genere protagonisti teste e cilindri.

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Trapianti sui motori a due tempi


La cosa poteva non presentare particolari difficoltà quando si trattava di motori a due tempi. Negli anni Settanta lo hanno fatto diversi appassionati per i loro cinquantini da competizione impiegando il cilindro Kreidler, che forniva eccellenti prestazioni ed era reperibile come ricambio. Pure i cilindri Rotax sono stati utilizzati con ottimi risultati da alcuni tecnici nostrani per i loro 125 nel corso degli anni Novanta.

Dotati di cinque travasi, avevano un alesaggio di 54 mm ed erano acquistabili senza difficoltà. C’è stato anche chi ha però montato un cilindro Yamaha su un basamento di propria realizzazione. È qui interessante segnalare che anni dopo, quando le Moto3 hanno sostituito le 125, qualcuno ha fatto il contrario, “trapiantando” un gruppo testa/cilindro fatto da lui su un basamento Honda.

Dopo il termine della seconda guerra mondiale e fino alla metà degli anni Cinquanta, hanno avuto una buona diffusione le teste e i gruppi termici completi realizzati dalla Mototecnica Velox di Torino, per mezzo dei quali si potevano trasformare delle tranquille monocilindriche a valvole laterali (si trattava in genere di modelli ex-militari, assai numerosi e acquistabili a costo molto contenuto) in ben più brillanti aste e bilancieri.

Si trattava di parti ben progettate e costruite, fuse in lega di alluminio e con canna del cilindro riportata in ghisa e c’erano anche delle versioni per competizione o trasformazione Supersport (ad esempio per le Benelli monoalbero veniva offerta una versione bialbero).

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I trapianti Morini e Cagiva


L’idea di installare sul cilindro di un certo modello della sua gamma la testa di un’altra moto, sempre di propria produzione, è venuta anche a una casa come la Morini, che all’inizio degli anni Sessanta ha trapiantato sul motore Corsaro la testa di un Settebello, dotata di valvole inclinate (e non parallele) e di dimensioni maggiori. Pare che le moto interessate da questa trasformazione siano state un paio, rimaste entrambe allo stadio di prototipo.

Negli anni Ottanta la Ducati è entrata a far parte del gruppo Cagiva e alcune moto prodotte sul lago di Varese sono state dotate di motori bolognesi. Molti ricordano le Elefant, che hanno avuto una importante diffusione tra gli appassionati e sono state anche grandi protagoniste delle maratone africane. Poco dopo l’inizio della collaborazione tra le due Case, alla Cagiva hanno deciso di provare una testa desmodromica monoalbero Ducati a due valvole installandola su un monocilindrico 350 della serie T4, che di valvole ne aveva quattro.

Si trattava di poco più di un esperimento (del resto, chi non ne ha fatti “così per provare”?). Non male ma non ha avuto seguito.

Trapianti Ducati-BMW


Gli anni dei Supermono sono stati il periodo d’oro dei trapianti ma spesso i gruppi termici che venivano impiegati al posto degli originali (in genere erano interessati da questa modifica i motori Yamaha) erano realizzati ex-novo, dal pieno o, meno frequentemente, di fusione. Un’interessante proposta è stata avanzata dal tecnico Mattioli, che lavorava alla Ducati e che ha trapiantato su di un basamento (completo ovviamente degli organi meccanici!) un cilindro ottenuto dal pieno e la testa di un 851. Questo motore è stato provato al banco e ha fornito risultati più che buoni.

Due teste Ducati ma in questo caso a due valvole e con distribuzione desmo monoalbero, sono state montate da un abile e intraprendente sidecarista su di un bicilindrico boxer BMW. Il comando degli alberi a camme è rimasto a cinghia dentata.

La trasformazione non deve essere stata semplice. Le teste sono state disposte con l’aspirazione verso l’alto e lo scarico verso il basso e per comandare le cinghie dentate è stato impiegato un albero ausiliario collocato nella parte superiore del basamento.

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Trapianti inglesi


L’Inghilterra è una terra nella quale in campo motociclistico i trapianti non sono mai mancati. Occorre però dire che nella maggior parte dei casi si è trattato di motori completi installati in ciclistiche di altri modelli di differente marca.

Nomi come Norvin (telaio Norton e motore Vincent) e Triton (telaio Norton e motore Triumph) sono ormai da tempo entrati nella leggenda. In effetti il telaio Featherbed ha davvero mostrato la strada ed è stato a lungo un riferimento fondamentale per tutti. Nel 1971 una sua evoluzione, di disegno più avanzato, è stata realizzata da Rob North; ha equipaggiato le BSA/ Triumph tricilindriche che hanno corso a Daytona e in altre gare per le 750 e ha influenzato tanto la Yamaha quanto la Kawasaki, che hanno equipaggiato diverse loro moto da competizione di telai aventi una struttura analoga.

I fratelli Rickman hanno iniziato l’attività in campo Crossistico e in seguito l’hanno estesa al settore stradale. Le loro moto, dotate di motori Triumph bicilindrici o Matchless e BSA monocilindrici, sono passate alla storia come Metisse.

La loro piccola azienda (è arrivata a occupare al massimo una trentina di persone) oltre alle moto complete, assai apprezzate negli USA oltre che in patria, vendeva anche kit di ciclistica, nei quali l’acquirente poteva installare il motore che preferiva. Colin Seeley era un apprezzato telaista che svolgeva la sua attività principalmente nel campo delle moto da competizione. È importante anche non dimenticare le teste Weslake, in alcuni casi a quattro valvole, che potevano essere installate direttamente su motori di serie come i BSA monocilindrici.

Grande specialista di fluidodinamica, Harry Weslake ha collaborato a lungo con importanti costruttori di motori da competizione, tanto per moto quanto per auto. Non per nulla il motore a 12 cilindri di 3000 cm³ della Eagle di Formula 1, disegnato da Aubrey Woods e apparso alla fine del 1966, era noto come Gurney-Weslake 58.

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