L'attimo fuggente di Pep Segales | Manubri Larghi

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Quando una singola scelta rivoluziona una vita: nel caso di Pep Segales fu il viaggio per il GP Germania di Trial

Christian Valeri

10.08.2023 ( Aggiornata il 10.08.2023 11:55 )

Ogni giorno prendiamo decisioni, da quando ci svegliamo a quando spegniamo la luce alla sera. Nella maggior parte dei casi si tratta di scelte di poco conto, ma nella vita, prima o poi, a tutti capita di dover scegliere tra varie opzioni che, in determinati casi, possono cambiarci l’esistenza.

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La scelta di Pep Segales


Anche Pep Segales (nella foto di copertina), da oltre trent’anni presenza fissa nel mondo mediatico del Trial, un giorno si trovò davanti a un bivio che gli rivoluzionò la vita. Catalano di San Feliu de Codines, fin da piccolo è cresciuto in una località che è stata, ed è, un luogo simbolo del Trial iberico. Un borgo di circa 5000 anime nel quale sono state organizzate numerose gare, come la “Tres Dies de Cingles”. Inoltre, è il paese natale di Andreu Codina, ex pilota, inventore del Bike Trial, nonché uno dei fondatori del marchio Sherco. Ed è proprio tra le vie di San Feliu che è nata la passione per il Trial di Pep.

“Quando ero un bambino veniva organizzata una manifestazione di due giorni dedicata al Trial in bicicletta” racconta. “Quell’evento richiamava i migliori ciclisti e tanta gente, anche perché si svolgeva tutto all’interno delle vie del paese. Era il 1980, avevo tredici anni e quelle gare mi fecero appassionare al Trial. Una volta presi parte a una competizione senza il consenso dei miei genitori, ma devo ammettere che non ero portato...”.

Pep Segales e il Trial


E non hai mai provato il Trial in moto?

“No, ed è un peccato! Quando lavoravo per Solo Moto, a volte, capitava nei test delle comparative di guidare le moto dal furgone al punto dove facevamo le fotografie, ma nulla di più”.

Com’è nata la tua attività fotografica e giornalistica?

“Era il 1990 e un giornale locale voleva parlare di sport. Così iniziai a seguire le gare di Trial e proprio quell’anno andai al GP Spagna dove vinse Diego Bosis. In quell’occasione feci la prima intervista, ma non parlavo italiano e per questo chiesi in sala stampa se ci fosse qualcuno in grado di aiutarmi. Intervenne in mio aiuto Giulio Mauri (icona del Trial italiano, è stato anche responsabile della specialità all’interno della Federazione, nde) che mi fece da traduttore. Dopo questa esperienza iniziai a collaborare anche con la rivista Solo Moto e l’anno successivo andai a seguire il GP Germania. Successivamente ho lavorato per Solo Moto per molti anni, prima di diventare un freelance”.

Hai avuto anche collaborazioni lunghe.

“Negli anni ho fotografato per la Federazione internazionale e per nove anni ho seguito Honda-Repsol per il Trial. Sempre per la Casa giapponese ho svolto il ruolo di capo ufficio stampa del Team Monster HRC alla Dakar, sia in Sud America che nei Paesi arabi. Ora lavoro come freelance per alcune aziende nel mondo del Trial”.

Per te il Trial è una passione che si è trasformata in un lavoro, e se ciò è avvenuto è perché un giorno arrivò quell’occasione che diede la svolta alla tua vita.

“Quando mi chiesero di andare in Germania da inviato... Ricordo che mi confrontai con mio fratello maggiore: fu lui a consigliarmi di partire”.

E fu in quel momento che Pep Segales prese la decisione che gli avrebbe cambiato la vita.

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