Epic Ride in Turchia | Aspettando Giri e Gare

Epic Ride in Turchia | Aspettando Giri e Gare

Un affascinante itinerario dalla Cappadocia al Mar Nero, guidando su due delle strade più suggestive: la Stone Road di Kemaliye e la D915 Bayburt di Yolu

28.02.2024 ( Aggiornata il 28.02.2024 19:54 )

Qual è il valore di un’emozione? L’impronta di un pneumatico che sfiora l’orlo di un burrone? Lo scorrere impetuoso di un fiume dalla storia millenaria? Lo sguardo di un pastore dell’Anatolia a cavallo, limpido e rarefatto come la luce che lo circonda in una vastità sconfinata? La risposta a queste domande si trova lungo un affascinante itinerario in Turchia.

Un "duello" ad alta quota | Aspettando Giri e Gare

Il fascino della Turchia


Un’avventura vissuta qualche anno fa lungo strade asfaltate e non, toccando due dei tracciati più scenografici al Mondo: la Stone Road di Kemaliye sui monti Munzur e la famigerata D915, che da un’altitudine di oltre 2000 metri scende in picchiata disegnando spirali vertiginose fino a Trebisonda. Il principale porto della Turchia sul Mar Nero e, fin dall’antichità, importantissimo crocevia per le imbarcazioni lungo le rotte tra Europa e Medio Oriente: le sue coste, rifugio sicuro durante le tempeste, indicavano la strada ai naviganti, da qui il detto “perdere la Trebisonda”, inteso come smarrire la rotta o la calma. Si parte da Ürgüp, in Cappadocia, nella Turchia nord-orientale.

Un universo di rocce e caverne che danno vita ai comignoli delle fate, caratteristiche formazioni coniche di origine lavica in cui popolazioni eremite scavarono le loro abitazioni. L’iniziale trasferimento su asfalto è utile per prendere confidenza con un territorio per certi versi alieno rispetto al proprio quotidiano, per abituarsi ai mille posti di blocco di Polizia ed esercito, in una terra che si porta ancora dietro gli strascichi del colpo di Stato del 2016, il fallito golpe militare che ha lasciato ferite aperte nelle regioni più decentrate del Paese, come l’Anatolia. Si avanza veloci su nastri d’asfalto che infilzano lande sterminate, intervallate da improvvisi centri urbani sorti di recente nel nulla: alti palazzi tutti uguali, moderni, colorati, uno dietro l’altro, dal sapore occidentale; e in mezzo, l’immancabile minareto da cui, cinque volte al giorno, si alza il canto dei muezzin.

I monti Munzur si avvicinano ed è il momento di rimanere concentrati: la Stone Road è un percorso sterrato lungo 8,7 km tra pareti verticali alte centinaia di metri e profondi tunnel scavati nella roccia (per l’esattezza sono 38).

Nel punto più stretto, la strada che attraversa il Dark Kenyon – nome suggestivo che allude alla difficoltà, nei punti più impervi, a scorgere il fondo – è larga meno di due metri. Un percorso reso ancora più emozionante dalle acque del fiume Eufrate, che attraversano la gola regalando scorci di una bellezza imponente, aspra e selvaggia. Ritrovato l’asfalto, protagoniste sono le infinite curve verso Elazig con momenti di guida inaspettatamente coinvolgenti.

Turchia: l'Anatolia, poi il Monte Soganli


Attraversato in traghetto il bacino di Keban Dam, formato da una diga che sbarra il corso dell’Eufrate, si percorrono i vasti spazi dell’Anatolia, tra villaggi persi nel tempo e isolate valli fertili che puntellano un territorio unico al Mondo. Finché, a sbarrare l’orizzonte, ecco la cresta del Monte Soganli con il celebre valico posto a oltre 2000 metri: inizia la scalata! Sui tornanti in salita, complice l’asfalto in buone condizioni, ci si ritrova facilmente a guidare in modalità “Sport”. Una volta superato il passo (sorprendenti i panorami in cima) lo scenario cambia e arriva il momento di switchare in modalità “off-road”. In competizione con la North Yungas Road della Bolivia – la famigerata Carretera de la Muerte – per il titolo di “strada più pericolosa al Mondo”, la turca D915 Bayburt di Yolu, in questo tratto, non è un’esperienza da consigliare a chi soffre di vertigini.

Niente asfalto (ma è comunque uno sterrato facile), zero guard-rail, e una carreggiata stretta all’inverosimile con la nuda roccia da un lato, e il vuoto dall’altro che ridiscende la vallata con una pendenza massima, in alcuni punti, del 17%. Trebisonda e l’aria salmastra del Mar Nero segnano la fine di questa incredibile avventura. E ora… un po’ di meritatissimo relax.

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