Johnny Cecotto, bello e dannato | Storie Sprint

Johnny Cecotto, bello e dannato | Storie Sprint© Archivio Motosprint

L'esclusiva: "Sconfissi Giacomo Agostini al Paul Ricard, nel giorno in cui debuttai nel Mondiale con due successi. E quanti scherzi nel paddock"

Jeffrey Zani

05.01.2024 ( Aggiornata il 05.01.2024 16:59 )

La disperazione in un calcio. Ultima curva del GP Belgio del 1975, la gara della 250 ormai agli sgoccioli e tre piloti aperti a ventaglio, con la vittoria in bilico. Walter Villa sull’Aermacchi Harley-Davidson ufficiale, il compagno di squadra Michel Rougerie, e Johnny Cecotto (qui il nostro podcast) su una Yamaha.

Il giorno prima, al termine delle qualifiche, uno scenario del genere sembrava impensabile per il venezuelano in sella alla bicilindrica dei tre diapason: era di diversi secondi più lento dei due avversari, da quanto ricorda, e per giustificarsi puntava il dito verso la maggiore velocità della concorrenza sul dritto.

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Storie Sprint: Johnny Cecotto


La domenica, dunque, si sarebbe dovuto inventare qualcosa di speciale, per sperare di giocarsela. E così fece: dopo 150 chilometri di gara sul tracciato di Spa-Francorchamps era ancora attaccato alle Aermacchi Harley-Davidson. E all’ultima staccata piazzò la zampata: una frenata decisa, la leva spremuta come un limone per mettersi in testa. Villa, che proprio non se l’aspettava, si difese in qualche modo. Quale? Tirando un calcio verso Cecotto, appunto, nel tentativo di arginare una mossa dalle conseguenze inevitabili: la gara, per lui, era ormai persa.

A vincere sarebbe stato il diciannovenne sudamericano, che aveva già la fama del fenomeno. Merito di un esordio con il botto, sul circuito francese del Paul Ricard, qualche mese prima: nella classe 350 aveva lasciato tutti di stucco vincendo la sua prima gara nel Motomondiale davanti al pilota più quotato del lotto, Giacomo Agostini, 14 titoli già in bacheca e un altro in arrivo. Il distacco rifilato al Campionissimo, di 25 secondi, fu un abisso di cui il venezuelano va ancora fiero, e fece decollare una carriera intensa ma breve, terminata all’inizio del decennio successivo quando passò alle quattro ruote, diventando compagno di squadra di un’altra Leggenda, l’allora debuttante Ayrton Senna sulla Toleman, in Formula 1.

Campione del Mondo della 350 nell’anno dell’esordio e della Formula 750 tre stagioni più tardi (nel 1978), Cecotto non si fece notare soltanto in pista, ma anche nel colorato paddock degli anni ’70, un arcobaleno di esperienze ed emozioni, gli sponsor scarsi e la velocità come catarsi, e poi avventura, emancipazione, adrenalina, spontaneità. Ray-Ban a goccia e camicia aperta sul petto, jeans a campana e sorriso maledetto, il sudamericano si affermò in un periodo in cui il talento era tutto: se ce l’avevi bene, altrimenti ciao. Lui faceva parte del primo club, e beato lui che se l’è goduta, correndo in moto e sprintando dietro alle gonne. Facendo storcere il naso, anche in questo caso, al solito Ago. Vittima del novellino, leggenda nel mirino.

La gara di Spa-Francorchamps nel 1975, lottando con le Aermacchi-Harley Davidson: quanta grinta servì per vincere?

“Il tracciato era lungo 14 chilometri e le moto di Villa e Rougerie volavano sui rettilinei. In qualifica mi mancavano 4-5 secondi al giro. La domenica però scattai bene, nel primo tratto ricordo di essere stato in testa, poi giù in discesa, fra le case, prima che i due mi sorpassassero di motore. A un certo punto c’era una doppia curva che fino alle qualifiche avevo affrontato in quarta marcia. Preso dalla foga di restare con le Aermacchi Harley-Davidson, domenica mi buttavo dentro in quinta: il posteriore che si muoveva di brutto sembrava volermi mollare da un momento all’altro. Con quello slancio arrivavo forte alla staccata dell’ultimo tornantino e spesso li superavo entrambi. Avanti così per tutta la gara, fino al momento decisivo: Villa, che pensava di aver vinto, quando mi vide entrare in staccata scalciò, provando a buttarmi giù. Ma non mi prese: vinsi io”.

Era il settimo appuntamento di una stagione iniziata al Paul Ricard, dove avevi lasciato tutti a bocca aperta vincendo all’esordio assoluto in due diverse classi, 250 e 350: cosa ricordi di quel fine settimana francese?

“Ero arrivato dal Venezuela, senza conoscere la pista, con una moto clienti in vendita a chiunque, gomme Dunlop acquistate in circuito e con la prospettiva di correre al massimo tre GP. Poi me ne sarei tornato in Sud America, perché il budget non permetteva di più. In Francia partecipavo sia alle 250 che alla 350. Nella quarto di litro mi qualificai con il secondo tempo dietro a Ikujiro Takai, sulla Yamaha ufficiale. E vinsi. Nella categoria superiore scattai dalla pole e viaggiai circa un secondo al giro più veloce di Agostini: veramente una cosa incredibile! A quel punto di sponsor ne spuntarono parecchi. Fui in grado di completare la stagione, conquistando il Mondiale 350”.

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