Norton, dalle corse alla strada | Tecnica

Norton, dalle corse alla strada | Tecnica

La Casa di Birmingham ha ottenuto numerosi successi nelle competizioni e ha prodotto moto di serie simili a quelle usate nelle gare

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03.08.2023 ( Aggiornata il 03.08.2023 07:56 )

Norton è dei nomi più gloriosi nella storia delle moto da competizione. La Casa di Birmingham, che non era di grandi dimensioni, è divenuta famosa per il suo impegno in campo agonistico, protrattosi per circa trent’anni ai massimi livelli, con monocilindrici dalla tecnica raffinata e dalle eccellenti prestazioni.

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La gloriosa Norton


Basti pensare che tra il 1931 e il 1939 la Norton vinse nella classe 500 tutti i Tourist Trophy ai quali partecipò meno due (nei quali si imposero la Guzzi e la BMW, entrambe bicilindriche). Nel dopoguerra conquistò un titolo mondiale nella classe 500 (1951) e due nella 350 (1951 e 1952).

Poi, contro le Gilera e le MV Agusta quattro cilindri nella classe 500 e contro le Moto Guzzi nella 350 non ci fu più nulla da fare. Una scelta importante fu quella di realizzare modelli in vendita praticamente uguali alle moto ufficiali di qualche anno prima. Questo rese le Norton popolarissime tra i piloti privati. Le moto destinate a loro si chiamavano International negli anni Trenta, e Manx, un nome diventato ben presto leggendario, dal 1946 in poi.

Le 500 ufficiali subirono una continua evoluzione fin dalla loro comparsa. Il motore restò sempre fedele allo schema tracciato da Walter Moore nel 1927 e ripreso tre anni dopo da Arthur Carroll e Joe Craig, che continuò a lavorare sulle Norton da competizione fino alla cessazione dell’attività ufficiale da parte della azienda. Parallelamente alla versione 500 ne venne sempre realizzata anche una di 350 cm3 .

Inizialmente il motore monocilindrico aveva la distribuzione monoalbero. Per le moto ufficiali il passaggio a quella bialbero, sempre con comando ad alberello e coppie coniche, avvenne nel 1937; per le Manx il passaggio si verificò nel 1949. Un’innovazione fondamentale fu l’abbandono del telaio Gardengate (cancello da giardino, denominazione particolarmente azzeccata) al cui posto venne adottato il leggendario Featherbed (letto di piume) che migliorò enormemente il comportamento su strada della moto e mostrò a tutti la giusta strada da seguire; ciò avvenne nel 1950 per le moto ufficiali e l’anno seguente per le Manx. Le misure caratteristiche del motore furono inizialmente quelle tipiche delle mezzo litro della Casa inglese, ossia 79 x 100 mm.

Nelle moto ufficiali divennero 82 x 94,3 mm alla fine degli anni Trenta per poi passare a 84 x 90 mm nel 1951 (anno in cui venne adottata una nuova testa con angolo tra le valvole ridotto da 75° a 64°). Le misure diventarono poi “quadre” (86 x 86 mm) per passare quindi a 88 x 82 mm e infine a 90 x 78,4 nell’ultima versione che gareggiò, dotata di volano esterno. Questa progressiva diminuzione del rapporto corsa/alesaggio consentì di impiegare valvole via via più grandi e di raggiungere regimi di rotazione più alti senza aumentare le sollecitazioni meccaniche. Nel motore del 1954, la valvola di aspirazione aveva un diametro di ben 50,8 mm e quella di scarico di 44,4 mm.

Le prestazioni migliorarono di anno in anno: dai circa 49 cavalli a 7500 giri/min del 1952 si passò a quasi 55 CV a un regime dell’ordine di 8000 giri/min nell’ultima versione. Corre voce che nel contratto di Joe Craig, il ritorno economico fosse legato proprio all’incremento della potenza…

Per il Mondiale del 1955, al quale però la Norton non partecipò perché ritiratasi all’inizio della stagione (nella quale il famoso tecnico lasciò l’azienda), era stata prevista una moto completamente nuova, con un telaio a trave superiore di grande diametro e con motore a cilindro orizzontale, con cambio in blocco e trasmissione primaria a ingranaggi. Questa moto è oggi visibile, perfettamente restaurata, nel museo di Sammy Miller, ove è anche esposto il “Kneeler”, nel quale il pilota era in posizione a ranocchio e il carburante era contenuto in due serbatoi ricavati nelle fiancate della carenatura.

Realizzato nel 1953 con l’obiettivo di diminuire la sezione frontale, in modo da migliorare la penetrazione aerodinamica, e quindi la velocità massima (e forse anche di abbassare il baricentro), aveva un comportamento in pista sensibilmente diverso da quello usuale e non venne ritenuto opportuno insistere nel suo sviluppo.

Le Norton Manx


Nel tentativo di ottenere più cavalli senza modificare l’architettura del motore monocilindrico (e quindi senza dover ricorrere al frazionamento della cilindrata), tra il 1952 e il 1954 Craig realizzò e provò lungamente una testa con distributore rotante cilindrico tipo Cross, sempre comandato da alberello e coppie coniche. Nella parete superiore della camera di combustione vi era una sola luce rettangolare, che serviva tanto per l’aspirazione quanto per lo scarico. All’interno del distributore, il flusso gassoso avveniva in senso assiale. A una sua estremità era collegato il carburatore mentre all’altra si trovava il tubo di scarico.

I risultati furono interessanti in termini di prestazioni ma i problemi riscontrati si rivelarono insormontabili. Il raffreddamento ad aria non era certamente d’aiuto; risultava particolarmente difficile evitare che si verificassero distorsioni, grippaggi o problemi di tenuta. Le Norton Manx, il cui motore venne dotato di misure caratteristiche “quadre” nel 1954, furono prodotte in lotti di 80-100 moto l’anno fino al 1961. Diversi esemplari, però, furono ancora assemblati l’anno successivo e la vendita cessò definitivamente nel 1963. Via via migliorate anche dopo che la Casa aveva abbandonato l’attività agonistica diretta, alla fine le loro prestazioni non avevano niente da invidiare a quelle delle ultime 500 ufficiali.

Le monocilindriche Norton non vennero impiegate soltanto nelle competizioni in pista o su circuiti stradali. Fornirono eccellenti risultati anche quando si correva su fondi sabbiosi o in terra battuta, come nelle gare che avevano luogo a Daytona (prima della costruzione della pista asfaltata) dove le Manx dominarono la scena tra il 1948 e il 1953, prima che l’Harley-Davidson passasse alla riscossa con la KR 750.

Pure nel Cross la Casa di Birmingham ottenne ottimi risultati grazie al grande Les Archer, che negli anni Cinquanta vinse un gran numero di gare nazionali e internazionali, arrivando a conquistare il titolo europeo nel 1956 con la sua special dotata di motore monoalbero.

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